Il video di Coulibaly con tunica e mitra: sono dell’Isis, voi colpite e noi reagiamo

Il video di Coulibaly con tunica e mitra: sono dell’Isis, voi colpite e noi reagiamo

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PARIGI Sette minuti e diciassette secondi per rivendicare tre giorni di carneficina. L’uomo porta la keffiah avvolta sulla testa, indossa un lungo vestito tradizionale. Bianco come la parete che gli fa da sfondo, appesa c’è solo la bandiera nera dello Stato Islamico.
Gli investigatori stanno cercando di confermarne l’identità. Due spacciatori di droga che lo conoscevano bene — intervistati dall’agenzia Associated Press — non hanno dubbi: è Amedy Coulibaly. Nel video spiega di essersi coordinato con i «fratelli» (Chérif e Said Kouachi che hanno assaltato il settimanale Charlie Hebdo ), di aver sparato alla poliziotta («perché è di impatto»), di aver scelto il supermercato di prodotti ebraici come «bersaglio legittimo: voi ci attaccate, noi vi attacchiamo». Parla in francese e passa all’arabo (poco fluente, sbaglia parole e grammatica) quando deve rivolgersi a quello che considera il suo mandante, Abu Bakr Al Baghdadi: «Ho giurato fedeltà al Califfo dei musulmani». Anche agli ostaggi nel negozio alla periferia di Parigi, dove ha ucciso quattro clienti ebrei, ha detto di far parte dello Stato Islamico.
Le squadre anti-terrorismo non hanno ancora ricostruito i legami con i miliziani in nero che combattono in Siria e Iraq. Eric Holder, ministro della Giustizia americano in visita a Parigi per la manifestazione, ammette di non avere «informazioni credibili» per determinare quale gruppo — se ce n’è uno — sia dietro agli attacchi. Da Washington, rivela il telegiornale della tv di Stato israeliana, i servizi segreti avrebbero avvertito il Vaticano che la Santa Sede è il prossimo bersaglio nella lista di obiettivi dello Stato Islamico. La Cia e il Mossad israeliano — scrive invece l’agenzia Ansa — hanno inviato all’intelligence un dossier che analizza gli scenari terroristici. Il Vaticano «è un possibile bersaglio, al momento non ci sono segnali concreti», commenta una fonte italiana.
Il filmato è stato diffuso sul sito Dailymotion — subito bloccato — ed è circolato nei forum digitali frequentati dai fondamentalisti. Sarebbe stato girato in tempi diversi, in parte durante l’operazione: una testimone ha raccontato al quotidiano Libération che il terrorista portava una piccola videocamera su di sé e aveva un computer per trattare le immagini.
Il video mostra Coulibaly, ucciso venerdì dalle forze speciali, mentre si addestra: fa flessioni, smonta e rimonta le armi del suo arsenale. La polizia ha individuato l’appartamento che avrebbe usato come base per preparare gli attentati, è a Gentilly, periferia sud di Parigi. Dentro sono state trovate quattro pistole Tokarev, un revolver, munizioni, manette, telefoni. Una Tokarev è stata recuperata anche nel market di Porte de Vincennes e i proiettili corrispondo a quelli che hanno ferito un uomo mentre faceva jogging giovedì sera nel parco a Fontenay-aux-Roses.
È la cittadina dove Coulibaly abitava, il cognome sulla cassetta della posta è ancora vicino a quello della moglie, Hayat Boumediene. La ragazza di 26 anni è la sopravvissuta del gruppo che tra mercoledì e venerdì ha terrorizzato la Francia. Sarebbe volata in Turchia il 2 gennaio, cinque giorni prima della strage a Charlie Hebdo , e avrebbe passato il confine per arrivare in Siria nelle province dominate dallo Stato Islamico.
Coulibaly e i due fratelli si conoscono dal 2005, ben prima che Al Baghdadi dichiarasse guerra all’Occidente e a chi in Medio Oriente non accetta il suo dominio, ben prima che Said viaggiasse in Yemen dove è stato addestrato da Al Qaeda (così ha raccontato in una telefonata all’emittente Bfmtv , mentre la polizia lo assediava).
All’inizio del 2000 l’altro Kouachi, Chérif, ascoltava le prediche di quello che si era proclamato l’emiro della Buttes-Chaumont, quartiere della capitale francese: insegnava ai giovani musulmani che «morire da martire è un bene». Condannato per il suo ruolo nel reclutare i ragazzi da mandare a combattere in Iraq, Farid Benyettou è uscito dal carcere nel 2011 e ha studiato per ottenere il diploma da infermiere. Fino a giovedì, quando la direzione sanitaria lo ha sospeso, lavorava come tirocinante all’ospedale Pitié-Salpêtrière. Quello che ha accolto le vittime dell’assalto a Charlie Hebdo pianificato dal vecchio amico.


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