«Studiavano un attacco in grande stile» Scontro polizia-jihadisti, paura in Belgio
by redazione | 16 Gennaio 2015 9:20
BRUXELLES «Operazione vendetta», così si doveva chiamare: un attacco massiccio e coordinato del terrorismo islamico contro 7 Paesi europei più lo Yemen, appunto la «vendetta» contro la strage di Parigi. Un nuovo 11 settembre, riservato a metà dell’Unione Europea. Attentati «gravi, imminenti», teme la magistratura belga.
Ma è stato prevenuto, o meglio fermato a metà dalla polizia federale: due terroristi appena tornati dalla Siria sono stati uccisi, uno arrestato, una decina di altre persone ferite, e il Belgio intrappolato in una sera e in una notte di caos e di paura. Fra le vittime, nessun civile e nessun agente della polizia o delle forze speciali antiterrorismo.
Sparatorie ed esplosioni isolate, posti di blocco, inseguimenti in diversi sobborghi a maggioranza musulmana di Bruxelles e di altre città vicine, perfino non lontano dall’aeroporto intercontinentale di Zaventem. Una serie di intercettazioni negli ultimi giorni ha consentito che il piano venisse sventato ma l’operazione sarebbe ancora in corso. Tanto è vero che a tarda notte giunge la notizia di altre sparatorie in corso in due cittadine vicine a Liegi: ufficialmente non si tratterebbe di episodi collegati a quelli precedenti, ma l’allarme resta alto.
I fatti. A Verviers, cittadina francofona non lontano da Liegi, fin da lunedì una casa è sotto controllo. Dentro vi sono tre uomini appena tornati dalla Siria, forse coloro che hanno fornito a Coulibaly, il killer di Francia, le armi per la strage alla sede di Charlie. Ieri pomeriggio, i tre uomini vengono stanati. Dieci minuti di sparatoria furiosa con i kalashnikov: «Sparavano anche da terra, feriti, con il Kalashnikov sotto la pancia», dirà un testimone. Due esplosioni, le strade che si svuotano, la Stazione Centrale pure sotto assedio. Alla fine, i due tornati dalla Siria sono solo dei corpi inanimati. Alla stessa ora, tensione alle stelle anche nei quartieri musulmani di Bruxelles: a Moleenbek, Schaerbek, Anderlecht (dove sarà trovata una carica esplosiva dentro una pala meccanica). Controlli e perquisizioni ovunque, anche nella periferia fiamminga di Vilvoord si sente sparare.
Tensione altissima a Bruxelles, nel rione ad alta densità di musulmani, a pochi passi dalla Commissione europea: le istituzioni Ue non sono il bersaglio dell’attacco, ma qui abitano pure molti arabi impauriti dalle raffiche di perquisizioni improvvise. E non si può escludere comunque la presenza di un’altra cellula nascosta.
Ed è allarme pieno anche ad Anversa, principale porto del Belgio e sede di un’antica e folta comunità ebraica. Ma anche nelle città francesi di Lille e Strasburgo, intorno al Parlamento europeo, alla grande moschea, alla sinagoga.
La polizia esclude per ora uno stretto collegamento operativo fra i fatti di Parigi e quelli del Belgio. Ma certo non un collegamento ideologico, religioso, comunque ispirato dal fanatismo. Il passato attentato al museo ebraico di Bruxelles, compiuto da un sicario venuto dalla Francia, autorizza a pensare a un’organizzazione internazionale comunque ben ramificata. «Chi ha sparato oggi non erano ragazzini fanatici senza esperienza, ma una cellula dotata anche di armi da guerra, con buona conoscenza dei luoghi, con tempi e ordini precisi», dicono le fonti della magistratura. L’obiettivo erano probabilmente le stesse forze di polizia «complici» di quelle che hanno ucciso gli altri terroristi a Parigi.
Oggi è venerdì, giorno della grande preghiera in tutte le moschee. Le sinagoghe sono presidiate in forze, e così anche le cattedrali del Belgio e della Francia. Perché il Belgio, la Francia, l’Europa trattengono il fiato, e non riescono a dimenticare l’ombra di un nuovo 11 settembre al di là dell’Atlantico.
Luigi Offeddu