La strategia islamista degli ostaggi: riscatti e propaganda

by redazione | 2 Gennaio 2015 9:41

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Ven­ti­tré secondi per chie­dere al governo ita­liano di inter­ve­nire al più pre­sto per avere salva la vita: il 2015 si apre con una svolta nel caso delle due gio­vani coo­pe­ranti ita­liane rapite in Siria lo scorso 31 luglio. In un video pub­bli­cato dai miliziani-carcerieri, Greta Ramelli e Vanessa Mar­zullo – vestite di nero e con il capo coperto – fanno appello a Roma: «Sup­pli­chiamo il nostro governo e i loro media­tori di ripor­tarci a casa prima di Natale. Siamo in grave peri­colo, pos­siamo essere uccise. Governo e media­tori sono respon­sa­bili delle nostre vite».

Nelle ore suc­ces­sive all’apparizione del video (che sarebbe stato girato il 17 dicem­bre, come indica il car­tello tenuto in mano da una delle due coo­pe­ranti), le auto­rità ita­liane hanno cer­cato di pren­dere tempo in attesa di veri­fi­carne la veri­di­cità. Ieri pome­rig­gio ad inter­ve­nire però sono stati i ser­vizi segreti che hanno chie­sto mas­simo riserbo per poter «lavo­rare in silen­zio in una fase delicatissima».

Vanessa e Greta sono scom­parse ad Abi­zmu, vicino Aleppo, tre giorni dopo aver attra­ver­sato il con­fine con la Tur­chia. Sareb­bero state rapite dal gruppo qae­di­sta Fronte al-Nusra, attivo in Siria e da poco lega­tosi all’Isis da un patto di non aggres­sione. Uno dei lea­der di al-Nusra, Abu Fadel, ieri ha con­fer­mato all’agenzia tede­sca Dpa che i suoi mili­ziani hanno in mano due donne ita­liane per­ché il paese «sostiene tutti gli attac­chi con­tro di noi in Siria».

La stra­te­gia dei rapi­menti di occi­den­tali, ma anche di siriani e ira­cheni, è tra le più usate dai gruppi isla­mi­sti nell’area. Con un obiet­tivo che è solo par­zial­mente volto alla pres­sione poli­tica sui governi impe­gnati nella cam­pa­gna anti-Isis. Ad inte­res­sare i gruppi qae­di­sti sono da una parte la forza del mes­sag­gio di pro­pa­ganda che arriva a nuovi poten­ziali adepti; e dall’altra i con­si­stenti riscatti che molte capi­tali euro­pee pagano sot­to­banco e lon­tano dai riflet­tori per avere indie­tro pro­pri cit­ta­dini. Un’entrata dif­fi­cile da quan­ti­fi­care, ma nell’ordine di milioni di dol­lari. E chi non paga – Gran Bre­ta­gna e Stati uniti in testa – si ritrova con ostaggi bar­ba­ra­mente uccisi.

In alcuni casi i rapi­menti diven­tano merce di scam­bio. È il caso dei 25 sol­dati e poli­ziotti liba­nesi cat­tu­rati da al-Nusra ad ago­sto dopo una dura offen­siva con­tro Arsal, città liba­nese al con­fine con la Siria. I 25 mili­tari potreb­bero essere ora nelle mani del califfo al-Baghdadi: ieri il sala­fita Sheikh al-Masri, media­tore tra Bei­rut e al-Nusra e Isis, ha por­tato alle auto­rità del Paese dei Cedri il mes­sag­gio degli isla­mi­sti: gli ostaggi saranno giu­sti­ziati se Bei­rut non rila­scia subito l’ex moglie di al-Baghdadi, Saja al-Dulaimi, e la moglie del coman­dante di al-Nusra Anas Sharkas.

Ma l’Isis punta a ben altro: libertà di movi­mento al con­fine. Attra­verso al-Masri, il califfo ha chie­sto la crea­zione di una zona demi­li­ta­riz­zata per i rifu­giati siriani, nella regione di fron­tiera Wadi Hmeid, dalla città di Tfeil a quella di Arsal; l’apertura di ospe­dali civili per feriti durante com­bat­ti­menti con­tro Hez­bol­lah; e il rila­scio delle donne nelle pri­gioni liba­nesi. E se Bei­rut per ora non rea­gi­sce, a par­lare sono le fami­glie dei 25 mili­tari cat­tu­rati, da tempo furiose con il pro­prio governo per l’incapacità di venire a capo della que­stione: «Riget­tiamo la richie­sta di una zona libera per i rifu­giati siriani – ha detto il por­ta­voce delle fami­glie, Omar Hai­dar – Ciò signi­fica che nem­meno l’esercito potrebbe entrare nell’area».

A monte sta l’enorme potere che l’Isis – insieme ai suoi alleati qae­di­sti – si è rita­gliato nella regione. In soli sei mesi, il con­trollo assunto su un terzo dell’Iraq e il nord-est della Siria e la capa­cità di poter libe­ra­mente minac­ciare governi e regimi arabi – dal Libano alla Gior­da­nia fino all’Arabia Sau­dita, “madre” ripu­diata – raf­forza il mes­sag­gio pro­pa­gan­di­stico dello Stato Isla­mico, anche a causa delle estreme dif­fi­coltà che la coa­li­zione ha nel fre­narne l’avanzata. Una vio­lenza espressa dai numeri: nel 2014 in Iraq e Siria il numero di civili uccisi nel 2014 è rad­dop­piato rispetto all’anno pre­ce­dente. Furono 9.743 gli ira­cheni morti due anni fa, 15.532 mila nel 2014; oltre 76mila in Siria quest’anno, 34mila nel 2013.

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