Uno scempio costituzionale

by redazione | 22 Gennaio 2015 16:43

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Stiamo uscendo dalla demo­cra­zia par­la­men­tare, ma la cosa sem­bra non inte­res­sare a nes­suno. Anche le oppo­si­zioni, interne ed esterne al par­tito di mag­gio­ranza rela­tiva, agi­tano emen­da­menti su que­stioni abba­stanza secon­da­rie, come le pre­fe­renze, ma sem­brano accet­tare il prin­ci­pio di fondo, lo stra­vol­gi­mento della rap­pre­sen­tanza, il con­si­de­rare le ele­zioni come pura e sem­plice inve­sti­tura di un potere asso­luto e senza controllo.

Mi pare che l’opposizione all’Italicum, in Par­la­mento come nel discorso pub­blico, guardi all’albero senza vedere la fore­sta, come si usava dire. L’evidenza è quella di una legge-truffa che dà a un solo par­tito, che rap­pre­sen­terà in ogni caso una mino­ranza rela­tiva sem­pre più esi­gua di fronte al crollo della par­te­ci­pa­zione popo­lare, una con­si­stenza par­la­men­tare spro­po­si­tata, che può con­sen­tire di fare il bello e il cat­tivo tempo, di nomi­nare tutte le cari­che isti­tu­zio­nali, di cor­reg­gere e stra­vol­gere la Costi­tu­zione a colpi di maggioranza.

Distrug­gere insomma la divi­sione e l’equilibrio dei poteri che nell’esperienza repub­bli­cana furono comun­que salvaguardati.

La demo­cra­zia par­la­men­tare è stata rico­no­sciuta, da tutte le cul­ture demo­cra­ti­che, come il qua­dro isti­tu­zio­nale in cui le lotte sociali pote­vano svol­gersi libe­ra­mente e pote­vano otte­nere con­qui­ste dura­ture, in un clima che pur nell’asprezza dello scon­tro poteva garan­tire con­di­vi­sione di prin­cìpi e ascolto di istanze. A mag­gior ragione ciò è stato com­preso dopo le espe­rienze del Nove­cento, e la Costi­tu­zione repub­bli­cana rece­piva il lascito di quella consapevolezza.

Ma in Ita­lia sem­bra essersi smar­rita, nell’ultimo quarto di secolo, la nozione di cosa sia e a cosa debba ser­vire il Par­la­mento: rap­pre­sen­tare fedel­mente il paese, dibat­tere libe­ra­mente, ela­bo­rare e scri­vere le leggi, non votare a comando i decreti del governo.

Si sta per abo­lire il Senato, tra­sfor­mato in un “dopo­la­voro” di con­si­glieri regio­nali. Per­ché non abo­lire anche il Par­la­mento, a que­sto punto? Il con­traente più anziano del Patto del Naza­reno pro­po­neva di far votare sol­tanto i capi­gruppo, col loro pac­chetto di voti, e il ducetto di con­tado che domina que­sta fase ter­mi­nale della demo­cra­zia ita­liana non sem­bra avere idee molto diverse quanto ad auto­no­mia e libertà dell’istituzione parlamentare.

Il par­tito di nota­bili che si appre­sta a que­sto scem­pio del prin­ci­pio costi­tu­zio­nale sem­bra aver rin­ne­gato tutta la sua espe­rienza repub­bli­cana, e sem­bra oscu­ra­mente far rie­mer­gere dal suo lon­ta­nis­simo pas­sato solo l’antica pro­pen­sione alle dit­ta­ture di mino­ranza, dove il segre­ta­rio di par­tito coman­dava su tutto (ma almeno si aveva il buon gusto di dif­fe­ren­ziare la carica di primo ministro).

Andiamo verso tempi duris­simi, ancor più oscuri di quelli che abbiamo vis­suto recen­te­mente, nei quali sarebbe fon­da­men­tale avere isti­tu­zioni rap­pre­sen­ta­tive che rispec­chino real­mente e fedel­mente la società, pur nella sua fram­men­ta­zione a volte cao­tica. Si pro­cede invece verso la nega­zione di ogni forma di lim­pida rap­pre­sen­tanza, verso l’instaurazione di un rigi­dis­simo prin­ci­pio oli­gar­chico, che nega alla radice qua­lun­que inter­lo­cu­zione con la società.

Tutto que­sto è dram­ma­ti­ca­mente peri­co­loso, è una china che andrebbe arre­stata in qua­lun­que modo, prima che sia troppo tardi. Biso­gna che qual­cuno, anche tra i “corpi inter­medi” così vili­pesi e umi­liati, cominci a met­tere in dub­bio la stessa legit­ti­mità di un potere mino­ri­ta­rio che vuole spa­dro­neg­giare col sopruso, a con­te­stare il deli­rio di onni­po­tenza di un’accozzaglia di par­la­men­tari eletti con una legge inco­sti­tu­zio­nale e che pre­tende di riscri­vere a suo pia­ci­mento la Costituzione.

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