Sanzioni a Pyongyang Ritorsione di Obama per gli attacchi hacker al film su Kim Jong-un

Sanzioni a Pyongyang Ritorsione di Obama per gli attacchi hacker al film su Kim Jong-un

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NEW YORK Dieci alti funzionari del regime nordcoreano e tre agenzie governative sono i bersagli delle nuove sanzioni annunciate ieri dalla Casa Bianca in risposta all’attacco hacker contro Sony.
La scorsa settimana, alcune ditte private di cyber security avevano sollevato seri dubbi sull’origine dell’attacco che il 24 novembre scorso ha distrutto tre quarti dei computer e dei server del quartier generale della Sony e che ha portato (inizialmente) a cancellare l’uscita del film «The Interview», poco rispettoso del dittatore Kim Jong-un: gli scettici (anche in America) affermano che dietro gli attacchi potrebbero esserci degli ex dipendenti, a parte il fatto che Pyongyang nega ogni coinvolgimento. Ma l’Amministrazione Obama e l’Fbi insistono che la fonte è proprio il regime di Pyongyang. Le sanzioni di ieri sono «il primo passo» — spiegano i portavoce dell’Amministrazione Obama — di una «risposta proporzionale» promessa dal presidente prima di Natale contro un Paese che «minaccia la sicurezza nazionale, la politica estera e l’economia degli Stati Uniti». Le nuove misure sono state approvate con un ordine esecutivo firmato da Obama durante la sua vacanza con la famiglia alle Hawaii. Colpiscono sia il governo di Pyongyang che il Partito dei Lavoratori, che ha completo controllo della politica del Paese. Ma in fin dei conti il loro effetto potrebbe rivelarsi più simbolico che sostanziale: sono le prime misure punitive imposte in risposta a cyberattachi, ma la Corea del Nord è già sotto pesanti sanzioni volute sia da George W. Bush che da Obama per il suo programma nucleare.
Una delle agenzie individuate adesso come responsabile, per esempio il Dipartimento Generale di Ricognizione, ovvero la principale agenzia di intelligence nordcoreana che gestisce anche le operazioni cyberguerra, è già oggetto di una iniziativa lanciata da Bush per intercettare la vendita di missili e di altre armi. Anche la «Corporazione commerciale per lo sviluppo minerario» (Komid), coinvolta nella vendita di armi attraverso una rete di uffici presso diverse ambasciate nordcoreane all’estero, è già sotto sanzioni dell’America e delle Nazioni Unite sin dal 2009. Otto dei dieci individui colpiti adesso (che non potranno entrare negli Stati Uniti né accedere a proprietà e beni e fare affari con cittadini Usa) sono affiliati all’agenzia Komid e alcuni sono anche funzionari del governo di Pyongyang: tre di loro operano in Russia, in Siria e in Iran (quest’ultimo un importante acquirente di armi nordcoreane), altri in Namibia e in altri Paesi africani. La terza organizzazione nella lista, la «Korea Tangun», che si occupa di ricerca militare, infine, è già stata inclusa nella lista nera nel 2009 proprio da Obama, dopo un test nucleare di Pyongyang. L’Fbi insiste che la Corea del Nord è responsabile degli attacchi hacker contro Sony ma rifiuta di rendere note le prove affermando che comprometterebbero le fonti e i metodi dell’intelligence. La stessa Amministrazione riconosce in effetti che non ci sono elementi per dire che i 10 funzionari presi di mira siano stati direttamente coinvolti nell’ordinare o pianificare una missione contro la Sony, ma la Casa Bianca afferma che sono «al centro di azioni provocatorie contro gli Stati Uniti». L’obiettivo dichiarato è di punire i responsabili — spiega il Dipartimento del Tesoro — ma anche di far capire che «nuove azioni simili non verranno tollerate».
Viviana Mazza


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