No al referendum sulla legge Fornero La rabbia di Salvini

No al referendum sulla legge Fornero La rabbia di Salvini

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ROMA Non è ammissibile, sentenzia la Corte costituzionale, il referendum per l’abrogazione della legge Fornero, la discussa legge pensionistica approvata sotto il governo Monti, che prevede una stretta su età pensionabile e quote contributive. Le donne andranno in pensione a 66 anni nel 2018 (la riforma entra in funzione in modo graduale), nel settore pubblico a 66 anni e 3 mesi. Gli uomini, a 66 anni e 3 mesi. La pensione si potrà ottenere non prima di aver garantito, dal 2012 41 anni e un mese per le donne e 42 anni e un mese per gli uomini; dal 2014 a fine 2015, 41 anni e 6 mesi per le donne, 42 anni e 6 mesi per gli uomini.
In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, la polemica politica esplode. I primi a far scoppiare il putiferio sono proprio i firmatari del quesito, ovvero la Lega Nord. Matteo Salvini ieri era incontenibile, ai giudici della Consulta ha ribattuto che hanno «fottuto un diritto sacrosanto» alla gente. Poi ha continuato: «È una vergogna. Vaffa…. Non finisce qui. Questa Italia mi fa schifo, mi batterò per ribaltarla». E ancora, «se le vie normali non bastano, troveremo vie più fantasiose».
Prima reazione decisa, dice il segretario del Carroccio, l’elezione del capo dello Stato. «Siccome Giuliano Amato è giudice della Corte costituzionale», e avrebbe quindi partecipato alla decisione di bocciare questo referendum, «sappiate che la Lega non appoggerà mai la sua candidatura al Colle». Oggi la Lega manifesterà davanti alla sede della Consulta con un presidio guidato da Gian Marco Centinaio e da Massimiliano Fedriga, la Costituzione in mano e nell’altra una penna.
Resta in molti esponenti politici, che pure non criticano la sentenza della Suprema Corte, il pensiero della necessità di modificare quella legge, che ha prodotto, come effetto collaterale, i cosiddetti «esodati», persone che si erano messe d’accordo con l’azienda per andare in pensione entro la fine del 2012 e che poi sono rimaste senza retribuzione e senza assegno pensionistico per un periodo.
La stessa Elsa Fornero, ministro del Lavoro nel governo Monti, ieri diceva: «Positiva la sentenza della Consulta» ma anche, il «Paese è maturo per rivedere le leggi del passato, una revisione che deve avvenire con animo pacato e senza asperità». Per la Fornero, che pure ribatte al «vergognati» della Lega con uno schietto «non ho mai apprezzato il linguaggio di Salvini, io e lui siamo su due piani diversi», la legge può essere rivista perché non esistono più le condizioni di emergenza di tre anni fa. E anche se uno «sconcertato» Roberto Calderoli, primo firmatario del referendum, parla di «sentenza salva Renzi», e il governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni accusa la Corte di aver preso «una decisione tutta politica», perché «i requisiti per l’ammissibilità c’erano tutti», nella maggioranza si fa presente che «la decisione era inevitabile, non c’è nulla che si poteva fare di diverso per via delle forme in cui il referendum era stato presentato». Infatti, «il decreto era formalmente parte della manovra di bilancio, e in quanto tale non sottoponibile a referendum abrogativo, anche perché conteneva norme tra loro molto eterogenee».
Non ci sarà referendum ma questo non significa che la riforma Fornero vada bene così com’è a tutti, tranne che alla Lega. Il segretario della Cisl Annamaria Furlan dice che «l’inammissibilità del quesito non vanifica la necessità di rivedere le regole del sistema pensionistico», e che «il governo deve avviare quanto prima il confronto con le parti sociali per trovare un nuovo equilibri». Ancora più determinata la Cgil, che aveva sostenuto il referendum promosso dalla Lega, e che adesso chiede di «cambiare radicalmente» le norme decise dal governo Monti.
Mariolina Iossa


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