E’ stata fatta «una scelta quantitativa, che concilia la necessità di dare una scossa forte preservando però in alcuni casi una forma di governance che ha servito bene il paese», ha spiegato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Ed ha aggiunto: «Andranno valutati in futuro altri suggerimenti di modifica della governance ». Insomma: «Gradualità, ma indirizzo chiaro». Il provvedimento attuale riguarda – come ha detto Renzi – dieci banche: dunque le sette popolari quotate, più Veneto banca e Popolare di Vicenza (entrambe grandi abbastanza da essere passate sotto il controllo della Bce) e la Popolare di Bari. Secondo Padoan la riforma favorirà «un processo di consolidamento di mercato dopo la crisi e il passaggio al regime regolatorio di supervisione europeo» (la Bce sembra aver caldeggiato la riforma delle popolari).
Ma il percorso di riforma non è stato semplice e non lo sarà in Parlamento: non solo si sono scagliati contro i rappresentanti di Forza Italia e Movimento 5 stelle, ma all’interno dello stesso governo il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha assunto una posizione decisamente critica. Lupi ha contestato la scelta del provvedimento d’urgenza del decreto, ha sottolineato la necessità di non distruggere i rapporti con il territorio e le Pmi, e infine ha chiesto perché non discuterne in Parlamento. E proprio in Parlamento, dove ragionevolmente ci sarà battaglia sulla conversione del decreto legge, il Nuovo Centro Destra a quanto pare si vuole tenere le mani libere.
Di sicuro è una riforma che va nella direzione di quanto auspicato più volte dall’Fmi e da anni chiesta da Bankitalia, per quanto ieri mattina il governatore Ignazio Visco all’uscita dell’incontro all’Abi ha detto «Non ho nessuna idea, non lo so», rispondendo alle domande (la riforma è stata varata nel pomeriggio). Padoan dal canto suo ha spiegato che «sicuramente, come sempre in passato quando il ministero » si occupa di questioni bancarie «ascolta i consigli che vengono anche dalla Banca d’Italia e anche in questo caso c’è stata condivisione ».
Negli obiettivi del governo questa riforma dovrebbe avvicinare il credito soprattutto alle Pmi: quelle che, secondo i dati di Confcommercio- Cer avrebbero potuto sfruttare 97,2 miliardi di euro di credito che però non è stato erogato peggiorando le condizioni del tessuto imprenditoriale.