Il patto del Nazareno spinge l’Italicum Determinanti 50 voti di Forza Italia

by redazione | 22 Gennaio 2015 10:12

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ROMA L’«Italicum» vola sulle ali bipartisan del patto del Nazareno. Cinquanta voti di Forza Italia fanno la differenza al Senato e offrono al governo di Matteo Renzi la vista sul traguardo (penultima lettura) che la legge elettorale, frutto dell’accordo con Silvio Berlusconi, taglierà la prossima settimana, prima dell’avvio delle votazioni per il capo dello Stato.
La minoranza del Pd con i suoi 27 voti non ha perso grandi posizioni al Senato, come auspicato dai renziani, ma non è stata lo stesso capace di offrire una sponda politica agli emendamenti di Miguel Gotor che puntavano a ridimensionare la percentuale dei candidati nominati previsti dall’Italicum.
Alla Camera oltre 50 deputati del Pd non hanno partecipano al voto ma poi, sulla riforma del bicameralismo, è passato senza affanni un emendamento sollecitato dal governo e firmato dal segretario del gruppo Ettore Rosato che ripristina i 5 senatori a vita cancellati dai bersaniani in commissione. Anche a Montecitorio c’è stato il «soccorso azzurro» («Che tristezza vedere Fi che vota per i senatori a vita», ha detto Daniele Capezzone) ma la maggioranza, pur se ampiamente autosufficiente alla Camera, fatica lo stesso a chiudere il ddl costituzionale Renzi-Boschi (seconda lettura della quattro previste) prima del 29 gennaio. E oggi alla Camera si vota un insidioso emendamento Bindi.
La battaglia del Senato è stata condotta abilmente, pur se con qualche caduta di stile, dalla squadra di Renzi. Il ministro Maria Elena Boschi, il capo gruppo Luigi Zanda e un eccellente staff di tecnici non hanno fatto prigionieri. Con un testo di 33 righe firmato Stefano Esposito (Pd), approvato da 175 senatori della maggioranza e di FI, contrari in 110 tra cui 22 componenti della minoranza Dem — la partita dell’Italicum è stata chiusa: l’«Espositum», infatti, è stato costruito («Da un abile penna che non è quella del senatore Esposito», secondo Mario Ferrara di Gal) come emendamento preclusivo. Un «super canguro», cioè, capace di far sparire nel suo «marsupio» 35.700 dei 44 mila emendamenti presentati.
Vito Crimi (M5S) ha parlato di «truffa», Cinzia Bonfrisco di Fi (vicina a Fitto) ha tentato di far ragionare i colleghi azzurri e lo stesso ha fatto Augusto Minzolini. Tutto inutile perché poi, ha calcolato Maurizio Gasparri, sono stati 50 i voti di FI (compresi quelli di una parte dei Gal) che hanno fatto la differenza: «Se avessimo votato diversamente, la giornata per il governo avrebbe preso una diversa piega».
Il gruppo dei dissidenti del Pd che hanno sposato la battaglia delle preferenze guidata da Gotor, Chiti, Migliavacca, Mucchetti, Fornaro , Mineo e Lo Moro ha sostanzialmente retto: i 29 firmatari del documento presentato a Renzi si sono persi per strada Rosaria Capacchione (non ha votato) e Felice Casson (non ha votato perché in missione al Copasir) e hanno acquisito Roberto Ruta. Sull’emendamento Gotor (governo contrario) si sono astenuti 4 senatori del Pd: Francesco Giacobbe, Josefa Idem, Claudio Micheloni, Renato Turano. Ma al Senato l’astensione «nel voto» equivale a voto contrario. A favore dell’emendamento Gotor (approvato con 170 voti, 116 contrari, 5 astenuti) ha votato il senatore a vita Carlo Rubbia.
Il clima poi si è guastato davvero, nonostante il vano tentativo politico di Ugo Sposetti di proporre un disarmo bilaterale tra fazioni del Pd : «Via l’emendamento Gotor, via quello Esposito, via gli emendamenti Calderoli …E saremmo arrivati allo stesso punto. Ma non mi hanno ascoltato». Esposito, che si era lasciato andare definendo «parassiti» i colleghi di partito dissenzienti, ha dovuto chiedere scusa: «Ha ragione Bersani a richiamare la necessità di non venire meno al rispetto». Aggiunge il renziano Andrea Marcucci: «Bersani ha ragione, nel Pd non c’è nessun parassita, Serve il rispetto di tutti. Anche della maggioranza…». Ora appesi all’Italicum restano qualche migliaio di emendamenti che grazie ai canguri si ridurranno a qualche centinaio. Voto finale: martedì o mercoledì.
Dino Martirano
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