L’euro non Gre­xit

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Con la gra­zia di un ele­fante in un nego­zio di cri­stal­le­ria, la Ger­ma­nia, minac­ciando Atene di Gre­xit – uscita dall’euro — in caso di vit­to­ria di Syriza alle legi­sla­tive anti­ci­pate del 25 gen­naio, ha squar­ciato un velo che rischia di avere un effetto boo­me­rang in tutta Europa: la demo­cra­zia sarebbe diven­tata sol­tanto un’operazione for­male nella Ue, ingab­biata dal rispetto del Fiscal Com­pact e delle regole di auste­rità? I cit­ta­dini non avreb­bero quindi più nes­suna libertà di scelta, dando cosi’ ragione a tutti gli euro­scet­tici (di estrema destra) che hanno ormai il vento in poppa nella mag­gior parte dei paesi dell’eurozona? Secondo Der Spie­gel, per Angela Mer­kel e il mini­stro delle finanze Wol­fgang Schäu­ble non c’è «nes­suna alter­na­tiva» all’applicazione del Memo­ran­dum, men­tre il Gre­xit sarebbe addi­rit­tura «quasi ine­vi­ta­bile» se Syriza al potere rifiu­terà di con­ti­nuare ad imporre le riforme impo­po­lari – e inef­fi­caci — che hanno ridotto gran parte dei cit­ta­dini greci alla povertà. Se Syriza chie­derà una mora­to­ria sul rim­borso del debito, la Gre­cia potrebbe venire costretta ad abban­do­nare la moneta unica, dice la Ger­ma­nia domi­nante. E que­sto non avrà con­se­guenze per la zona euro secondo Ber­lino, non ci sarà l’effetto domino, visto che a dif­fe­renza del 2011 e del 2012 ormai l’euro è pro­tetto dal para­ful­mine del Mes (il Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità, dotato di 500 miliardi) e le sue ban­che sono a riparo della recente riforma del settore.

I grossi zoc­coli con cui Mer­kel e Schäu­ble sono entrati in cam­pa­gna elet­to­rale ad Atene non hanno nes­sun riscon­tro nei Trat­tati. La can­cel­le­ria ha smen­tito mol­le­mente le rive­la­zioni di Der Spie­gel. In effetti, l’obiettivo era solo di fare paura, di spa­ven­tare l’elettore greco: o sce­glie Sama­ras e l’euro, oppure Tsi­pras e il caos. Già Jean-Claude Junc­ker ci aveva pro­vato, il 12 dicem­bre scorso, spe­rando di influire sul voto par­la­men­tare per il pre­si­dente della repub­blica: in un’intervista alla tv austriaca, il pre­si­dente della Com­mis­sione aveva affer­mato di pre­fe­rire dei «volti fami­liari« (cioè Sta­vros Dimas) per­ché «non mi pia­ce­rebbe che delle forze estre­mi­ste pren­des­sero il potere». Il risul­tato di que­sto inter­vento è stato la non ele­zione del pre­si­dente e la con­se­guente con­vo­ca­zione di ele­zioni anti­ci­pate. Con un comu­ni­cato, è inter­ve­nuto nel fine set­ti­mana anche il com­mis­sa­rio agli Affari eco­no­mici e mone­tari, Pierre Mosco­vici, invi­tando i greci a dare «un ampio soste­gno» al «neces­sa­rio pro­cesso di riforme» in corso (cioè votare per Nuova Demo­cra­zia e Pasok). Ma Ber­lino (e Mosco­vici) hanno esa­ge­rato. Ieri una por­ta­voce della Com­mis­sione, Annika Breid­thardt, ha cer­cato di spe­gnere l’incendio affer­mando che l’appartenenza all’euro è «irre­vo­ca­bile», stando ai Trat­tati. Il Trat­tato di Lisbona pre­vede la pos­si­bi­lità di un’uscita dalla Ue, su deci­sione del paese inte­res­sato (e non su impo­si­zione di altri), ma for­mal­mente un paese non Ue potrebbe con­ti­nuare ad uti­liz­zare l’euro (suc­cede con Kosovo e Mon­te­ne­gro, che usano l’euro senza essere nella Ue). Fra­nçois Hol­lande ha preso ieri mat­tina le distanze da Angela Mer­kel: «I greci sono liberi di deci­dere sovra­na­mente sul loro governo – ha affer­mato il pre­si­dente fran­cese in un’intervista a France Inter – e per quanto riguarda l’appartenenza della Gre­cia alla zona euro, tocca ad essa deci­dere». Però il governo, qua­lun­que esso sia, deve «rispet­tare gli impe­gni presi».

In Ger­ma­nia c’è imba­razzo per le rive­la­zioni dello Spie­gel. Solo gli euro­scet­tici dell’Afd hanno appro­vato l’intervento musco­lare di Ber­lino. Die Linke e i Verdi hanno denun­ciato le pres­sioni inap­pro­priate sugli elet­tori greci, il vice-cancelliere Spd, Sig­mar Gabriel, ha cer­cato di cor­reg­gere il tiro, indi­cando che «l’obiettivo del governo tede­sco, della Ue e anche del governo di Atene è di man­te­nere la Gre­cia nella zona euro». Dall’Europarlamento il gruppo S&D avverte: «La destra tede­sca deve smet­tere di com­por­tarsi come uno sce­riffo in Gre­cia» per­ché «non è solo inac­cet­ta­bile ma anche sba­gliato: atteg­gia­menti del genere pos­sono solo pro­durre rab­bia e rifiuto della Ue», con il rischio di «ero­sione demo­cra­tica» nella Ue.

Syriza vuole rine­go­ziare con la tro­jka i ter­mini del rim­borso del colos­sale debito (177 per cento del Pil). E ha ragione, per­sino stando alle prese di posi­zione di Bru­xel­les. L’Eurogruppo, nel novem­bre 2012, si era impe­gnato con Atene a rive­dere i ter­mini del rim­borso quando la Gre­cia avesse rag­giunto l’equilibrio di bilan­cio pri­ma­rio (esclusi cioè gli inte­ressi sul debito): Atene, al prezzo del rigore asso­luto, lo ha fatto già da fine 2013. Ma Mer­kel non vuole soprat­tutto che ven­gano ridi­scussi i ter­mini del Memo­ran­dum: Syriza pro­pone riforme diverse, con­cen­trate sul fun­zio­na­mento dello Stato, men­tre la troika insi­ste sui tagli ai salari e al numero di dipen­denti pub­blici. In Ger­ma­nia, anche la Cdu ha espresso pre­oc­cu­pa­zione per la mani­fe­sta­zione di arro­ganza tede­sca: in caso di default greco, a pagare sarebbe prima di tutto la banca pub­blica tede­sca Kfw, che ha in cassa una parte con­si­stente dei 260 miliardi di debito greco, assieme ai prin­ci­pali stati mem­bri della zona euro e alla Bce. La Ger­ma­nia si arroga un potere che non ha: solo la Bce, in linea di prin­ci­pio, potrebbe cau­sare il Gre­xit, tagliando i cre­diti alle ban­che gre­che. Ma così Dra­ghi met­te­rebbe fine alla difesa dell’euro «a qua­lun­que costo», aprendo il vaso di Pan­dora di un pos­si­bile effetto domino. A cui nep­pure la Ger­ma­nia potrebbe resi­stere: Ber­lino pensa di soprav­vi­vere senza la Gre­cia, ma l’economia tede­sca non ce la farebbe nel caso di uscita dall’euro dell’Italia e della Francia.



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