ROMA . La Banca d’Italia torna a stigmatizzare i guasti dell’economia criminale. Il governatore Ignazio Visco, in una audizione, fornisce due dati che fanno riflettere. Il primo: l’economia illegale vale circa 150 miliardi, cioè oltre il 10% del Pil. Il secondo: tra il 2006 e il 2012, proprio per via delle infiltrazioni criminali, si sono persi ben 16 miliardi di investimenti esteri. O meglio: se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell’area euro, nel periodo gli investimenti esteri sarebbero stati il 15% in più (cioè appunto quasi 16 miliardi) rispetto a quelli effettivi.
Visco parla alla Commissione Antimafia.
Cita e rielabora tutte le stime interne e internazionali: la natura del fenomeno, per definizione sommerso, rende complessa una misurazione oggettiva. E soprattutto spiega che «le analisi concordano nell’evidenziare effetti negativi significativi sulle principali variabili che influenzano la crescita di una nazione». Ancora una volta porta all’attenzione dei parlamentari degli esempi concreti. A cominciare da quanto è accaduto in Friuli Venezia Giulia e in Irpinia dopo i terremoti del 1976 e 1980, in seguito all’afflusso di fondi pubblici. Ebbene, nei trent’anni successivi, in Friuli dove non c’era traccia di criminalità, la crescita del Pil pro capite è stata superiore rispetto all’Irpinia, dove invece la criminalità organizzata era fortemente radicata. O anche: l’insediamento del crimine in Puglia e Basilicata negli anni Settanta ha generato nelle due regioni, nei trent’anni successivi, una grossa perdita di Pil. Rispondendo alle domande dei parlamentari Visco svela che in Italia l’uso di banconote da 500 euro è «crollato»: un tempo si usavano soprattutto a Forlì e Como, per la loro vicinanza con San Marino e Chiasso.
Secondo il governatore l’antidoto è nella prevenzione e nella cultura della legalità e della correttezza: sotto questo profilo l’istruzione svolge un ruolo essenziale. Aggiunge anche che una più elevata alfabetizzazione finanziaria (che nel nostro paese è particolarmente bassa) è cruciale per assicurare una più consapevole capacità di accesso al sistema finanziario da parte di tutti i cittadini.
Nell’analisi del governatore della Banca d’Italia un efficace contrasto alla criminalità richiede di agire sulle radici del fenomeno e sugli incentivi dei soggetti coinvolti. Servono un contesto istituzionale avverso alla criminalità e un contrasto efficace, che combini prevenzione e repressione.
L’attività della Banca d’Italia si colloca soprattutto nell’ambito della prevenzione. Un contributo alla creazione di un contesto più orientato alla legalità può venire da incentivi specifici, come potrebbe diventare il cosiddetto rating di legalità. Un decreto del ministero dell’Economia prevede infatti che le banche tengano conto del rating nel concedere prestiti; che la Banca d’Italia vigili sull’osservanza delle disposizioni da parte delle banche; che gli istituti trasmettano a via Nazionale una relazione relativa ai casi in cui il rating non ha influito sulle modalità di concessione del credito.