La mossa anti-Nazareno dei Cinquestelle: l’ex leader pd e Prodi in corsa, scompare Rodotà
by redazione | 29 Gennaio 2015 11:25
ROMA Il più lucido è Maurizio Buccarella: «Signori, pragmatismo. Non abbiamo altri modi di spezzare il sistema: se la rete ci dice Prodi, è Prodi». Il più eversivo, Simone Valente: «Dobbiamo circondare il Parlamento, incutergli timore». Il più dadaista, Paolo Bernini: «C’è un solo candidato che li può mettere in crisi: è conosciuto, onesto, sorridente, è stato volontario dei vigili urbani ed è commendatore emerito: Giancarlo Magalli». Benvenuti alle Quirinarie parte prima. L’agorà via streaming dei parlamentari a 5 Stelle. L’arena nella quale ogni parlamentare (alla fine saranno 68) ha diritto ai suoi tre minuti di celebrità e dove tutto può accadere, tra sofismi e invettive, discese ardite e risalite. Psicodramma collettivo che spariglia il gioco, con i 5 Stelle spaccati tra gli irriducibili che vogliono far prevalere «le ragioni del cuore» e i disillusi o pragmatici, che il cuore lo gettano oltre l’ostacolo e, magari con il magone, inseriscono nel mazzo dei candidati Prodi e Bersani, già Mortadella e Gargamella (irridente, l’ex ideologo Paolo Becchi: «Manca solo Di Maio che propone la Bindi»). Candidati usati per rompere il patto del Nazareno. Alla fine, il voto sforna dieci nomi che stamattina saranno votati dalla rete. Fuori Rodotà. Dentro Bersani, Cantone, Di Matteo, Imposimato, Lannutti, Maddalena, Prodi, Settis, Zagrebelsky. La decima, Lorenza Carlassare, si tira fuori e rifiuta.
Se i dieci fuoriusciti M5S contestavano la mancanza di democrazia, ecco che il duo Grillo-Casaleggio dà una spettacolare dimostrazione di democrazia, con molta riflessione, qualche autocritica e diversi momenti farseschi. La faglia che attraversa i parlamentari è la stessa che li segue dal loro sbarco in Parlamento: trattare, sporcarsi le mani o arroccarsi in un olimpo sterile di autoproclamata purezza? Alessandro Di Battista, uno dei quinqueviri del direttorio, varca il Rubicone e, un po’ imbarazzato, pronuncia l’impronunciabile: «C’è uno che potrebbe tenere, un minimo, la schiena dritta. Insomma, Bersani. Ma non ho detto che lo voterò, eh». Silenzio, sgomento. Pochi gli danno ragione: Massimo Fraccaro, Sara Paglini («Mi fa senso dirlo, ragà, lo stomaco, ma lui può dare uno schiaffone a Mr Bean»). Massimo De Rosa non ce la fa: «La sofferenza è troppa». Andrea Colletti si indigna: «Assurdo proporlo». Alessio Villarosa: «Il mio volto si sta autodistruggendo». Prodi entusiasma ancor meno. Il suo nome è stato imposto da Casaleggio, grazie alle ben quattro mail di risposta dei democratici alla lettera aperta. Claudio Cominardi va giù di clava: «È da dissociati mentali votarlo». Federico D’Incà si autodenuncia: «Faccio parte dei dissociati».
Escono nomi come se piovesse: Settis, Scarpinato, Ainis, Rodotà, Borsellino, Strada, Fo, Benigni, Erri de Luca. Resta fuori Mattarella, su cui farà un sondaggio online a parte Giuseppe Brescia e che (secondo Mara Mucci) potrebbe essere appoggiato da 25 fuoriusciti. Poi ci sono gli outsider. Gerolamo Pisano: «Propongo Paolo Savona: leggete Wikipedia per sapere chi è». Mirko Busto vuole «uscire dall’era dei fossili» e propone il «premio Mimosa» Fabrizia Pratesi De Ferraris. Claudio Cominardi lancia il regista Silvano Agosti. Gianluca Vacca la butta là: «La senatrice a vita Elena Cattaneo…». Insurrezione dell’assemblea e rapido dietrofront: «Viste le reazioni, ritiro la candidatura». Gianluca Vacca: «Avevo pensato a Umberto Eco, ma è anzianotto». Enza Blundo: «Mi viene in mente Enzo Alloggia, che ci ha scritto». Quell’Alloggia che, con la sua autocandidatura via mail, aveva già suscitato ilarità e fastidio. Il turbine di nomi fa girare la testa a Mannino: «Quando sono arrivato avevo le idee pseudo chiare, ma ora…». Il piemontese Salvatore Scibona lancia il No Tav Alberto Perino (e pazienza le accuse, «del resto anche il mio barbiere ha avuto 3 anni e due mesi»). Barbara Lezzi si indigna su Massimo Bray: «Come vi è venuto in mente, quello ha dato 5 milioni alla Melandri…». Tiziana Ciprini lancia l’allarme: «Il Nazareno è insolubile. Stiamo perdendo la coerenza di una rivoluzione, ci stiamo incravattando. Dobbiamo derenzizzarci e deberlusconizzarci». Poi la conclusione, che lascia tutti silenti: «Dobbiamo andare oltre l’ultra oltre».
Alessandro Trocino