NON lo sporadico attentato di fanatici kamikaze rassegnati a morire con le loro vittime. Ma un’operazione condotta secondo precisi ritmi militari. Ed eseguita nel cuore di Parigi, quando erano all’incirca le 11 del mattino, con le strade piene di gente e il traffico intenso della metropoli. L’11° arrondissment, dominato dal vecchio centro artigianale di Faubourg Saint-Antoine, è una delle nobili immagini di Parigi, cuore d’Europa.
L’operazione dei due assassini in nero mi ha subito fatto pensare a un 11 settembre francese. Forse meno spettacolare di quella di New York del 2001, ma simile per i simboli colpiti e l’audacia con cui è stata compiuta. E al tempo stesso unica perché i due uomini neri non hanno lasciato la loro vita sul posto. Non hanno agito da kamikaze ma da jihadisti del califfato. Freddi come i tagliatori di teste. E addestrati. Il loro obiettivo era tuttavia l’equivalente europeo delle due torri newyorkesi. Se quest’ultime erano l’espressione dell’opulenta potenza americana, Charlie Hebdo , giornale satirico, libero, laico, irrispettoso, carico di un humor dissacrante, era l’espressione della libertà di stampa ed anche di uno schietto spirito repubblicano francese. I due uomini in nero hanno voluto punire il giornale che aveva pubblicato delle caricature di Maometto, ma hanno colpito il più nobile principio della democrazia europea, la libera opinione.
Charlie Hebdo , giornale senza tabù, la rappresentava. A fondarlo, col nome iniziale di Hara Kiri Hebdo, fu François Cavanna, grande inventore di parole, sfacciato e sentimentale. Aveva avuto una madre dell’Auvergne , terra della Francia profonda, del terroir, e un padre emigrato dalla collina piacentina. Il padre non parlava il francese e la madre non parlava l’italiano. Si capivano esprimendosi con i loro rispettivi dialetti. Cavanna ha scritto Les Ritals ( sinonimo di italiani) che è la sua storia di ragazzo italo-francese. Morto anni fa, parlava e scriveva un francese ricco, colorato, innovatore, geniale, ma quando passava all’italiano finiva in un groviglio di dialetti in cui c’erano tracce dell’emiliano del padre e dell’ auvergnat della madre. Un idioma incomprensibile.
I due armati di kalasnikov, e in tuta nera, hanno ucciso quelli che potevano essere considerati i suoi discepoli. Wolinski, Cabu, Tignous, Charb, i grandi disegnatori umoristi di Charlie Hebdo, e altri, erano tutti là per una riunione di redazione. Gli uomini in nero gli hanno scaricato addosso più di 30 pallottole. E’ difficile contare i colpi delle raffiche. E’ invece semplice contare i morti: 12 finora. Ma il numero potrebbe aumentare alcuni feriti sono gravi.
Di che razza erano gli assassini? Dopo avere vuotato i caricatori sui giornalisti sorpresi e inermi, hanno esclamato : «Abbiamo vendicato il Profeta ». E ancora : «Abbiamo ucciso Charlie Hebdo ». Poi il tradizionale omaggio musulmano a Dio, Allah Alkhbar . Avrebbero anche detto di appartenere ad Al Qaeda. Il loro accento francese è apparso autentico. Lo afferma la disegnatrice Corinne Rey : «Ero andata a cercare mia figlia all’asilo e arrivata davanti alla casa in cui si trova il giornale due uomini mascherati e armati ci hanno minacciato. Volevano entrare, salire e ho dovuto fare il codice che apre la porta. Hanno sparato subito su Wolinski, su Cabu…E’ durato cinque minuti…Mi sono rifugiata sotto una scrivania … parlavano un francese perfetto. Hanno rivendicato la loro appartenenza ad Al Qaeda». Questo spiega la sosta dei due uomini al numero 6, dove hanno atteso che qualcuno componesse il codice per aprire la porta del numero 10. Corinne Rey è servita a questo. La suatestimonianza sul francese “ perfetto” degli assassini accende tante ipotesi: molti immigrati arabi parlano un buon francese. Ma si può escludere che si trattasse di autentici francesi convertiti all’Islam, come quelli che hanno raggiunto il califfato in Siria? Stando alle ultime notizie si tratta di tre uomini, due fratelli di 34 e 32 anni, e un giovanotto di 18, franco-algerini con una lunga esperienza in Siria e Iraq.
Lo stile terrorista, nonostante il richiamo ad Al Qaeda, è più simile a quello di Daesh, il califfato. C’è la sinistra teatralità che vuole ferire i sentimenti occidentali, impaurire la società e suscitare l’adesione dei virtuali jihadisti. Ai gruppi sparsi che si richiamavano un tempo ad Al Qaeda, che non erano diretti ma ispirati dall’organizzazione di Bin Laden, sono succeduti probabilmente gruppi ispirati dal califfato. Il quale con i video delle decapitazioni e i successi militari in Siria e in Iraq colpisce molto più gli islamisti sparsi nel mondo.
Charlie Hebdo era un obiettivo spettacolare. Come sinistramente spettacolari erano le gole tagliate mostrate al mondo intero. Ma quel che stupisce è il rigido comportamento degli assassini, dietro il quale c’è un addestramento che fa immaginare un’adeguata organizzazione. E non il fanatismo dei kamikaze finora protagonisti degli attentati.
Dopo avere compiuto la strage i due uomini in nero hanno dimostrato, appunto, il sangue freddo di militari preparati ad azioni di commando. Non sono saliti sull’automobile con la fretta di chi fugge. Uno di loro ha raggiunto un poliziotto ferito mentre li inseguiva. Era steso sul marciapiede e il terrorista gli ha sparato alla nuca. Il secondo terrorista deve avere perduto una scarpa, perché ne ha raccolta una di tela sull’asfalto. Poi sono saliti in macchina e si sono diretti verso la Porta di Pantin, dove hanno rapinato un’altra macchina e con l’autista ancora a bordo si sono dileguati. Era tutto calcolato. Avevano scelto l’itinerario da seguire per sfuggire alla caccia scatenata dalla polizia. Alle spalle si sono lasciati gli 11 cadaveri, poi diventati 12, e 8 feriti dei quali alcuni gravi.
Nel parlare delle vittime Corinne Rey nomina per primo Wolinski. E’ stato il primo ad essere colpito ? Georges Wolinski aveva 80 anni ed era un disegnatore celebre da tempo. Le sue caricature erano forti. Era un simpatico provocatore. Quando cronista lo trovavo su un avvenimento alla ricerca di un’ispirazione per i suoi disegni mi rimproverava di essere un moderato. Leggeva l’italiano. La madre era un’italo- francese di Tunisia e il padre un ebreo. Se stentava a fare un disegno ed era colto dalla collera gettava il foglio contro il computer e diceva : « Sbrigatela con lui ». Jean Cabut, detto Cabu, aveva 76 anni. Bernard Verlac, detto Tignus, ne aveva 57. Stephan Charbonnet, direttore del giornale, che firmava le caricature con lo pseudonimo Charb, ne aveva 10 di meno. Erano i disegnatori più famosi di Charlie Hebdo . I quali non risparmiavano le caricature di Maometto ai musulmani, ma neppure quelle del Papa ai cattolici, e quelle dei rabbini, o dei dirigenti israeliani, agli ebrei. Erano uomini che praticavano humor e sfacciataggine con l’obiettivo di suscitare risate. Un modo per relativizzare i fatti della vita, e in particolare della politica. Così praticavano la laicità. Non mancavano di coraggio perché le minacce piovevano sul loro giornale da anni. Il loro giornale era una trincea avanzata della libertà d’opinione. I poliziotti di guardia alla redazione non erano una protezione rassicurante. Tra i morti ci sono anche 2 agenti.
Il presidente della Repubblica è accorso in rue Nicolas – Appert, quando i feriti venivano ancora curati sul posto, e ha subito lanciato un appello all’unità nazionale. Poi ripetuto in serata in un discorso televisivo rivolto alla nazione. Hanno imitato François Hollande i rappresentati delle varie religioni a porte chiuse, nel palazzo dell’Eliseo. Quelli musulmani hanno pubblicamente condannato con forza la strage e ribadito la loro fede repubblicana. I musulmani in Francia sono 6 milioni. La cifra non è ufficiale perché non ci sono censimenti sull’ appartenenza religiosa dei cittadini. Sono proibiti. L’islamofobia cresce tuttavia e si traduce spesso in successi elettorali per l’estrema destra. Il Front National di Marine Le Pen, pur avendo sfrondato il linguaggio del vecchio Jean Marie, il padre fondatore che non rinunciava al razzismo, antisemitismo compreso, ha conservato una netta posizione anti-immigrati. Come la Lega italiana di Salvini, sua alleata. La strage nella redazione di Charlie Hebdo non può che favorire la crescita del Front National, al quale viene già aggiudicato un 30 per cento virtuale alle prossime elezioni presidenziali.
La caccia agli assassini si è estesa a tutta la regione parigina. Le periferie popolate di immigrati musulmani non sono state certamente trascurate. Ma la preoccupazione maggiore è di risparmiare un’eccessiva frustrazione dei milioni di magrebini dispersi nel paese. E di evitare soprattutto incidenti tra comunità. Le piazze di molte città, da Lione a Tolosa, si sono riempite per esprimere solidarietà a Charlie Hebdo . La folla agitava cartelli su cui erano scritti, insieme al titolo del settimanale, i nomi dei disegnatori uccisi. Il trauma nazionale è forte. Le misure di sicurezza adottate in molte scuole e istituzioni pubbliche hanno dato la sensazione che la minaccia di altri attentati sia reale. Del resto lo stesso Hollande ha detto che negli ultimi giorni ne sono stati sventati parecchi.
La strage di Charlie Hebdo è avvenuta in un momento in cui il problema della presenza islamica in Francia viene dibattuto con passione. Il libro del giornalista Eric Zemmour , dal titolo Suicidio francese , descrive la presenza dei musulmani una calamità, di cui sarebbe bene liberarsi. Il saggio panfletario ha venduto più di 100mila copie, tallonando le opere del Premio Nobel, Patrick Modiano. Un romanzo di grande successo già dalle prime ore di uscita nelle librerie, Sottomissione di Michel Houellebecq, descrive una Francia governata nel 2022 da un presidente musulmano, che con spirito tollerante sopporta l’opposizione del Front National, solo partito sopravvissuto a quelli tradizionali. La democrazia musulmana non esclude la poligamia, l’emarginazione della donna, ed altri precetti del Corano, adeguati alla società europea, rassegnata al nuovo potere. Il paradossale talento di Houellebecq occupava nelle ore precedenti alla strage di rue Nicolas-Appert radio e televisioni sollevando dibattiti : contestazioni e approvazioni : e attizzando i timori, le paure, di milioni di ascoltatori e telespettatori non tutti esenti dall’angoscia suscitata dalla presenza islamica, presentata come un suicidio della Francia o una Sottomissione europea, come dicono i titoli di Zemmour e di Houellebecq. Le due opere, di diverso valore, appaiono adesso come un commento preventivo alla strage.