by redazione | 29 Gennaio 2015 14:09
“Per essere liberi bisogna avere tempo: tempo da spendere nelle cose che ci piacciono, poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose che ci motivano”. È racchiuso in questa frase il senso profondo dell’incontro tra il presidente uruguayano José “Pepe” Mujica e Cristina Guarnieri, direttrice editoriale di EIR, casa editrice indipendente italiana gestita da un gruppo di giovani tra i 27 e i 35 anni. Un incontro inaspettato e fruttuoso, da cui è nato La felicità al potere, il primo e finora unico libro firmato dal presidente Mujica[1], una delle figure politiche più amate degli ultimi tempi, in Sudamerica e nel mondo.
Nel libro, pubblicato nei giorni scorsi da EIR e curato da Guarnieri insieme a Massimo Sgroi, c’è un’intervista esclusiva a “Pepe” Mujica, assieme ai discorsi più importanti e famosi del presidente, tra cui spiccano il discorso sulla felicità – che dà il titolo al volume – proferito al G20 in Brasile nel giugno 2012, e altri discorsi che affrontano i temi della legalizzazione della marijuana, dei matrimoni gay, della lotta contro la mafia, il tema dell’autogestione delle imprese, il rapporto tra Mercosur e i paesi del Brics, l’Europa, il mondo globalizzato, la decrescita e la cura dell’ambiente.
Può stupire che un leader di statura mondiale scelga di affidare il suo primo libro a una piccola casa editrice italiana, eppure la decisione si basa su almeno due motivazioni significative. Innanzitutto, il legame di Pepe con l’Italia: sua madre, infatti, era discendente di una colonia di italiani che emigrarono a Carmelo, in Uruguay. In secondo luogo, la EIR è una realtà di giovani che hanno scelto di mettersi in gioco malgrado l’apatia, la crisi e i monopoli del mondo editoriale. Dedicando il loro tempo – e dunque la loro “libertà” – a fare cose che “motivano”, al di là del ritorno economico.
Nell’intervista Pepe racconta a Cristina cosa pensa dell’Italia – “un Paese divertente” – e degli italiani – “un popolo meraviglioso! […] aperto, solare, pieno di umorismo”. Non si sottrae a un commento sul premier italiano Matteo Renzi – attivo e concreto perché “più giovane” – e accetta il paragone con Papa Francesco: il “Mujica del Vaticano”, come l’ha definito la BBC. Di seguito pubblichiamo alcuni estratti dell’intervista, assieme al racconto di come è nato questo libro.
“Papa Francesco? È come parlare a un amico del quartiere”
“È un personaggio. Un personaggio che fa bene alla cristianità, e a questa America ancora di più […]. Bergoglio continua a essere un uomo austero come lo è stato per tutta la sua vita. E sta vivendo in modo completamente diverso da come hanno vissuto tradizionalmente i papi. Porterà un cambiamento importante nella vita della Chiesa […]. Ovviamente è un Papa singolare, ha tutte le chiavi della comunicazione, è come parlare a un amico del quartiere, e questo ha un certo vantaggio, apre le porte a una intimità. È un Papa che, se lo lasceranno fare, compirà una rivoluzione nella Chiesa in direzione dell’umiltà, della semplicità”.
L’insegnamento della prigionia
“Noi [Mujica e la moglie, ndr] abbiamo dovuto vivere per molti anni prigionieri, e non avevamo quasi nulla. Poi, quando siamo usciti dal carcere, ci siamo resi conto che per vivere non avevamo bisogno di tante cose, ma di poco. Quindi non ci serviva una casa grande, non ci servivano i domestici, vivevamo come vive una persona comune in una famiglia comune del popolo uruguayano. E quando sono diventato presidente, ho continuato a vivere come prima; e quando non sarò più presidente, continuerò a vivere come prima. Perché lottiamo per essere liberi e non mi stancherò mai di spiegare che per essere liberi bisogna avere tempo: tempo da spendere nelle cose che ci piacciono, poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose che ci motivano. Mentre sei obbligata a lavorare per sopperire alle tue necessità materiali, non sei libera, sei schiava della vecchia legge della necessità. Ora, se non poni un limite alle tue necessità, questo tempo diventa infinito. Detto più chiaramente: se non ti abitui a vivere con poco, con il giusto, dovrai vivere cercando di avere molte cose e vivrai solo in funzione di questo. Ma la vita se ne sarà andata via… Oggi la gente si preoccupa di comprare, in una corsa infinita […].E allora non ha più tempo per le cose elementari, che sono molto poche e sono quelle di sempre, le uniche: le relazioni fra genitori e figli, l’amore, gli amici… Per tutto questo c’è bisogno di tempo!”
“Perché regalo il mio stipendio? Ho settantotto anni, dovrei forse mettermi ad accumulare soldi?”
“Ho settantotto anni: dovrei forse mettermi adesso ad accumulare soldi? Un giorno o l’altro potrei morire per un attacco di forfora e… [Mujica ride] Non avrebbe senso! Te ne rendi conto? E non riesco a capire tutta quella gente che si affanna e fa qualunque cosa per accumulare denaro. L’unico motivo che mi spingerebbe ad accumulare soldi sarebbe l’esistenza di un mercato dove poter comprare la vita. Se ci fosse questo tipo di commercio, direi: «Ehi, dammi cinque anni in più di vita». Eh! Allora sì! La cosa cambia, cambierebbe tutto! Ma questo commercio ancora non esiste, purtroppo… Dico purtroppo, perché la vita è bella… Malgrado tutto, è meravigliosa”.
La vita è un paesaggio straordinario
“A volte può capitare che uno passi davanti a un paesaggio e non lo veda. La vita è un paesaggio straordinario, ma bisogna vederlo. E per questo bisogna avere tempo. Beh, quando uno è prigioniero, immerso in una grande solitudine, deve inventarsi delle cose per continuare a campare. E pensa molto. Si abitua a parlare con ciò che serba dentro di sé. E c’è una vera e propria personalità dentro, sai? Però bisogna scoprirla. Oggi ci si rivolge al fuori, con twitter, con Facebook; ma così uno non parla con quello che ha dentro di sé. Mandi messaggi alla gente di fuori, ma a quello che hai dentro?”
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“Io credo molto nella natura, adoro la natura. Se è Dio, allora questo è il mio Dio: l’amore che ho per la natura, l’ammirazione, direi persino la devozione. La natura è il mio altare: le anatre parlano, le foglie parlano, la natura biologica è un permanente canto alla vita… e alla morte, tutto insieme. Ci sono persone che credono che vivendo nel campo ci sia solitudine; ma la solitudine è dentro di loro! Lì non esiste solitudine, il campo è l’emporio della vita, che va e viene, un luogo in cui tutto fa segno, ogni cosa manda segnali. Il problema è poterlo vedere, permettere che ti raggiunga: ogni fogliolina, i trifogli, tutto si sta accomodando per trovare il miglior angolo d’incidenza. Questa è magia, una magia permanente. Esiste il mondo dell’idrogeno, il mondo minerale, ed esiste il mondo biologico, fatto di mondo minerale. L’universo è prevalentemente minerale, fisico e silenzioso, pieno di energia. La vita è un miracolo. Non ci rendiamo conto che nella magnificenza dell’universo a noi è toccato vivere in una macchietta di terra”.Il coraggio di donarsi all’amore… e quella malinconia per i figli che la prigionia gli ha impedito di avere
“L’amore con la moglie nacque in “un momento di clandestinità, eravamo perseguitati, tanta gente moriva, e quando ci siamo trovati eravamo soli, in fuga dalla morte. Erano morti molti compagni, una cosa curiosa… quando si è vicini alla morte gli uomini e le donne si donano di più all’amore […] Non ho avuto figli, perché per me e per mia moglie non c’è stato il tempo di vita necessario, eravamo in carcere quando era possibile averli; ma ci sono molti ragazzi da poter aiutare…”.
“Progetti per il futuro: creare a casa mia una scuola di agricoltura per i giovani”
“Adoro la terra, ho il trattore e varie altre cose che servono a lavorarla. Voglio insegnare questi lavori ai ragazzi poveri e soprattutto insegnar loro a vendere, perché se ti insegno a produrre ma non sai vendere, te ne puoi pure andare! Viviamo in un mondo molto crudele”.
La mia eredità, il mio messaggio per i giovani
“Se dovessi consigliare un giovane che abbia voglia oggi di fare politica, gli direi che è meraviglioso lottare per ciò che uno pensa, per quello che sente. È necessario imparare a vivere coerentemente con quel che si pensa. Non dimenticartelo! Vivi come pensi, altrimenti finirai per pensare come vivi. Se ti portano a vivere in un altro modo, al tavolo del gran buffet, perché ti sorridono, ti fanno un contratto da segretaria, ti valorizzano come braccio destro e ti riconoscono un prestigio, non dimenticare però che quel tavolo non è il tuo. Se devi lavorare lavora, ma mantieni i tuoi valori, le tue decisioni. Non farti trasportare dal mondo! Questo è molto difficile nell’epoca contemporanea”.
Una lezione per la sinistra
“Bisogna imparare a tollerarsi, a negoziare e a unirsi. La disgrazia della sinistra è che non riesce a unirsi. Noi abbiamo imparato a farlo quaranta anni fa, e così siamo divenuti un centro d’attrazione e siamo riusciti ad arrivare al governo. Ci sono anime molto diverse, ma nonostante questo alziamo la mano tutti insieme, anche se dissentiamo, perché negoziamo. Governiamo con disciplina nel partito come se fossimo uno, ma non siamo uno: perché l’esperienza ci ha insegnato che chi se ne va perde. Chi lo richiede è la massa; ci siamo trasformati in una alternativa reale perché la gente accompagna solo quel che ha creduto essere forte, che le dà l’impressione di poter fare veramente qualcosa. Per essere forti, i deboli devono unire molti pezzi, ma per farlo devi essere aperto, tollerante, negoziatore, e avere programmi minimi, medi. Non bisogna cercare di mettersi d’accordo in una utopia o in un modello ideale, questo è impossibile. Ci si deve accordare in misure più piccole, di volta in volta. Bisogna abituarsi a camminare insieme, poi questa abitudine si trasforma in tradizione. Il problema della sinistra è sempre stato la questione dell’unità. Hitler ha instaurato il suo potere in Germania perché il partito socialista e il partito comunista si dedicavano a farsi la guerrra fra loro. Se avessero fatto un fronte comune, Hitler non sarebbe mai arrivato dove è arrivato. La fine della Rivoluzione Francese è stata quando la sinistra si è unita con l’estrema destra contro il centro: in quel momento la rivoluzione è stata liquidata. La sinistra non può mai unirsi con la destra e ancor meno contro il centro! Deve sempre dialogare con il centro”.
Cristina Guarnieri: “Vi racconto com’è nata La felicità al potere“
“Questo libro nasce dal discorso di Mujica al G20 in Brasile: ascolto quelle parole e rimango estasiata”, racconta all’HuffPost Cristina Guarnieri. “Attraverso l’ambasciata in Italia, cerco di contattare il presidente. Assieme all’altro curatore, Massimo Sgroi, proponiamo le prime domande. Mentre mi trovo in Argentina per lavoro, decido di provarci: mando una lettera alla presidenza. Poco dopo arriva la risposta: ‘Ci vediamo dopodomani a Montevideo’. A questo punto inizia il mio viaggio della speranza, tra navi, scioperi e carri bestiame. Fortunatamente faccio in tempo. Con il suo misto di ironia e malinconia, Pepe rimane colpito dalla storia della nostra casa editrice, una realtà ‘corsara’ in un tempo di crisi, che si ispira alla storica Editori Riuniti e alla cultura della sinistra negli ’60 e ’70”. Così prende forma “La felicità al potere”.
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