Il Pd spinge per Mattarella

Il Pd spinge per Mattarella

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ROMA Oggi potrebbe essere il giorno decisivo, nel Pd «decideremo una proposta definitiva». Matteo Renzi al termine di una giornata «splendida» di consultazioni con gli alleati, con il suo partito, con Berlusconi, ricevuto a Palazzo Chigi, dà in sostanza a tutti l’arrivederci a oggi pomeriggio, quando inizieranno le votazioni per eleggere il nuovo capo dello Stato. L’intesa su un nome ancora non c’è. Renzi ha detto ai suoi parlamentari che è in gioco «anche la leadership del Pd, la mia credibilità», ha aggiunto che non si può andare «oltre il weekend», perché «significherebbe dare l’idea di un Paese che non sa uscire dalla palude».
La giornata di ieri è apparsa anche un braccio di ferro: Renzi avrebbe proposto a Berlusconi il nome di Sergio Mattarella, in grado compattare il suo partito e incassare anche i voti della sinistra non governativa, Berlusconi avrebbe detto di no, o comunque avrebbe insistito su Giuliano Amato, che nel Pd però incontra molte più resistenze. Renzi ha usato diverse metafore, in pubblico e in privato: il borsino del totonomi «è più oscillante dell’indice Nasdaq», la corsa al Quirinale «è come il Tour de France, dove il vincitore si vede male…». Gli incontri sono stati molteplici: il premier ha visto prima i deputati e i senatori del suo partito, a Palazzo Chigi ha incontrato Angelino Alfano, poi l’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, per 30 minuti Pier Luigi Bersani, infine ha ricevuto Silvio Berlusconi, arrivato con Gianni Letta e Denis Verdini.
L’incontro è durato due ore. Al termine l’ex Cavaliere ha fatto sapere che i suoi no «sono stati accettati», Renzi ha fatto sapere che su Mattarella ci sono «resistenze», forse non definitive, da parte dell’ex premier. In serata dal vicesegretario pd Lorenzo Guerini è arrivata una dichiarazione («si parte da Mattarella e si arriva a Mattarella») che dopo un’ora è stata smentita dallo stesso Guerini chiarendo che «la partita è ancora lunga e aperta». Linea confermata dall’altro vicesegretario Debora Serracchiani: «Non ci sono candidati del Pd, la partita per il Quirinale è apertissima».
Smentite che hanno confermato l’alto livello di tattica, forse frutto della ricerca di una terza figura. Nel fornire altri dettagli di un possibile identikit ieri il premier ha aggiunto, rispetto ai giorni scorsi, «le competenze economiche» (che gli sarebbero state chieste un po’ da tutti gli interlocutori) e ha paragonato il futuro inquilino del Colle a Ciampi. Clima complessivo degli incontri: «Alto, buono, maturo e pienamente responsabile del momento».
Al termine di tutti gli incontri Renzi ha riunito lo stato maggiore del Pd. Filtra anche l’ipotesi, accarezzata dallo stesso Renzi, di cambiare schema rispetto a quanto finora annunciato: non più scheda bianca per le prime tre votazioni, «anche se per me resta l’ipotesi migliore». Altra ipotesi: che oggi si tenga una votazione, e altre tre venerdì, come chiede il Pd, in questo modo la fatidica quarta votazione con il quorum ridotto sarebbe già domani pomeriggio.
Se Renzi ha fatto intravedere a Berlusconi l’ipotesi che possa fare a meno di lui, ed eleggere il capo dello Stato con i voti del Pd, di Sel, di un pezzo di maggioranza e con l’aiuto dei fuoriusciti M5S, al tempo stesso ha anche detto ai suoi: «Sono contraente del patto del Nazareno e lo rivendico. Il capo dello Stato lo abbiamo fatto sempre con Forza Italia, ma questo non significa che prendiamo il loro nome».
Ha fornito ulteriori dettagli della trattativa con il Cavaliere: «Con FI abbiamo avuto un incontro civile, non vogliono qualcuno con una storia militante nel nostro partito, ma non accettiamo veti». All’insistenza di Berlusconi sulla figura di Amato, il premier avrebbe opposto anche questo ragionamento: «Il presidente della Repubblica deve essere una storia raccontabile prima di tutto al nostro interno». Cioè dentro il Pd, cosa che nel caso di Amato non è.
Marco Galluzzo


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