IL FANTASMA DEI FRATELLI MURATORI

IL FANTASMA DEI FRATELLI MURATORI

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TUTTI ci pensano, ma pochi osano nominare pubblicamente la muta presenza minacciosa della massoneria nel torneo del Quirinale. Il Convitato di pietra, tuttavia, è tradizionalmente vigile e solerte quando si tratta di scegliere le alte cariche dello Stato, figurarsi quando si seleziona la più alta. Ma se chiedi al nuovo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi, toscano come Matteo Renzi e come il plenipotenziario berlusconiano Denis Verdini, per chi tra i candidati sta lavorando la più grande e importante obbedienza italiana ti senti rispondere che «il GOI non tratta questioni di politica, l’elezione del presidente della Repubblica non rientra tra i compiti del Gran Maestro, che si occupa della gloria del Grande Architetto dell’Universo e in questi giorni di molte installazioni di Maestri Venerabili in ogni parte d’Italia. Ogni parola in più sul Quirinale verrebbe strumentalizzata». Per cui non ce la dice, nonostante il fatto che degli almeno 48 nomi di quirinabili che fin qui si sono fatti (escluso per pudore Giancarlo Magalli), almeno tredici sono considerati in odore di massoneria.
Per la verità, da quando ha contratto il Patto del Nazareno con il piduista Silvio Berlusconi (noto appassionato di simboli esoterici) un certo effluvio insegue lo stesso Matteo Renzi, suo padre Tiziano e alcuni fiduciari del giglio magico fiorentino. Il presidente del Consiglio ha tuttavia garantito: «Non sono massone, la mia è una famiglia di boy scout», ignorando probabilmente che il fondatore britannico dello scoutismo Robert Baden Powell era un autorevole massone. Per carità, non è una prova, come mai furono provati i sospetti di affiliazioni massoniche di precedenti presidenti della Repubblica, come Einaudi, Saragat, Ciampi (che ha smentito con forza il professor Aldo Mola, storico della massoneria) e persino Pertini. Percentuale peraltro eventualmente non solo aleatoria, ma comunque esigua, se è vero quanto andava dicendo Francesco Cossiga: dei 48 presidenti americani solo tre non sono stati massoni e due dei tre sono stati ammazzati.
Già nella sua fase pre-picconatoria, Cossiga rivendicava con fierezza e con chiunque l’appartenenza a una famiglia di massoni e la sua con il grado di “33” a una misteriosa Loggia internazionale. Vedeva massoni dappertutto e si considerava un esperto della materia, come di aggeggi elettronici e spionistici: «Gelli — disse in un’intervista pubblicata nel libro “Fratelli d’Italia” — è stato sostenitore della candidatura di Pertini. Nelle ultime votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica arrivò ai massoni, deputati e senatori, una circolare di Gelli perché votassero Pertini, il quale era circondato di massoni: il suo grande elettore Teardo, socialista, presidente della regione Liguria era piduista».
In effetti, nel discorso di fine d’anno del 1981, il presidente più amato affrontò lo scandalo della P2 rassicurando sulla lealtà delle istituzioni, con queste parole: «Poi si è aggiunta a tutte queste preoccupazioni, italiane e italiani, la questione della P2. Mi si intenda bene, perché non voglio che ancora una volta il mio pensiero sia travisato. Quando io parlo della P2 non intendo coinvolgere la massoneria propriamente detta, con la sua tradizione storica. Per me almeno, una cosa è la massoneria, che non è in discussione, un’altra cosa è la P2, questa P2 che ha turbato, inquinato la nostra vita».
Anche Giorgio Napolitano, figlio dell’avvocato Giovanni che fu un alto grado della massoneria napoletana, ha subìto il venticello. Il 13 giugno 2010 nella trasmissione televisiva “In mezz’ora” Lucia Annunziata chiese se il presidente della Repubblica potesse essere un massone sotto il profilo dei valori all’allora Gran Maestro del Grande Oriente Gustavo Raffi. Il quale rispose appassionatamente: «A mio avviso sì, per umanità, distacco, intelligenza, per avere levigato la pietra, per averla sgrezzata, lo dico in linguaggio muratorio, in questo senso sì». Anche per Ciampi, in un’altra occasione, usò il linguaggio «muratorio»: «Se devo ragionare sotto il profilo del weltanschauung lo considero un fratello», pur smentendo l’appartenenza del presidente al Goi.
Certo, fin dai tempi di re Vittorio Emanuele e di Umberto I, la massoneria, se non al vertice, non è mai mancata nell’alta burocrazia quirinalizia, come in tutte le alte burocrazie più “nobili” dello Stato. Ma è ancora kingmaker presidenziale?
Non vi faremo i nomi degli almeno tredici possibili candidati considerati massoni o amici della massoneria. Sia perché non c’è modo di provarlo, dal momento che, nonostante i numerosi annunci contrari, le liste degli affiliati restano riservate. Sia perché le personalità molto importanti fin dai tempi dello scandalo P2 non sono iscritte a logge nazionali, ma a super-logge sovranazionali assai esclusive dette Ur-Lodges. Almeno così sostiene Gioele Magaldi, scissionista del Grande Oriente che ha fondato il Grande Oriente Democratico e che in un suo monumentale libro ne cita diverse: dalla Three Eyes alla Pan Europe, dalla Edmund Burke alla Leviathan e alla Thomas Paine. Se uno aspira al Quirinale, insomma, non milita nelle rissose loggette italiane, ma naviga nel vasto mondo di potenti planetari, dove le relazioni sono alte e la riservatezza blindata.
La tesi di Rino Formica, ex ministro socialista che di elezioni presidenziali ne ha viste tante, è che in realtà l’unica elezione al Quirinale condizionata effettivamente dalla massoneria italiana fu quella del paglietta napoletano Giovanni Leone, perché fu messo a disposizione della risicata maggioranza un piccolo ed essenziale pacchetto di voti di parlamentari massoni, su richiesta di Ugo La Malfa per sbarrare la strada a Pietro Nenni. Lucidissimo e ironico a 84 anni, Formica sghignazza sul fatto che le massonerie italiane sono ormai fatte di «quattro sfessati». Secondo lui, «di fronte ai nuovi intrecci dei grandi poteri occulti, in Italia c’è stata una proliferazione di pseudo-massonerie dai comportamenti deviati, che hanno trasferito il metodo massonico in consorterie di potere e affari. Ciò che prima era incardinato in un mondo esoterico, politico alto, civile e riservato, ora dà luogo a una totale confusione tra metodo massonico e istituzioni. In fondo, è il metodo di Renzi, che, se lo lasciamo fare metterà al Quirinale un vigile urbano », dopo aver trattato per mesi la prima poltrona della Repubblica con il piduista pregiudicato Berlusconi e il suo attendente pluri-inquisito Verdini.
Niente di nuovo in fondo, se all’inizio del 1900 Ernesto Nathan, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e sindaco di Roma diceva di molti suoi fratelli in massoneria: «Più che del bene altrui troppi ve ne sono preoccupati dei vantaggi che la loro qualità può portare; nella vita politica essi hanno recato un elemento dissolutore: il reciproco appoggio per fini disinteressati ha finito per diventare mutua assistenza per interessi che giova far prevalere».


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