Benyamin Netanyahu era in testa al corteo, a pochi centimetri dal capo di stato francese François Hollande. Anche il presidente palestinese Abu Mazen è lì davanti, ad appena un paio di metri di distanza dal premier israeliano. La marcia di Parigi, con una quarantina di capi di governo, leader e presidenti di tutto il mondo, passerà alla storia anche per la presenza, fin troppo visibile, di Netanyahu e di Abu Mazen.
E pensare che Hollande non li voleva nella sua capitale, soprattutto Netanyahu, non nuovo a ruoli da protagonista in queste circostanze, durante le campagne elettorali.
Almeno questo è quanto ha riferito ieri Haaretz[1], alla vigilia del ritorno in Israele del primo ministro e dell’arrivo delle salme dei quattro francesi ebrei uccisi nel supermercato kosher di Parigi e che saranno sepolte a Gerusalemme.
Secondo Haaretz, Hollande aveva chiesto a Netanyahu di non partecipare alla marcia. Gli aveva mandato un messaggio in tal senso, spiegandogli di voler tenere il conflitto israelo-palestinese fuori dall’iniziativa. In un primo tempo Netanyahu aveva accolto la richiesta e rinunciato a partire con il pretesto delle misure di sicurezza. Quindi ha cambiato idea, subito dopo avere appreso che a Parigi sarebbero andati i suoi colleghi della destra estrema e rivali nelle elezioni del 17 marzo, il ministro degli esteri Lieberman e quello dell’economia Bennett. A quel punto la Francia ha messo in chiaro che l’invito sarebbe stato esteso anche al leader palestinese Abu Mazen. Un retroscena smentito dal ministero degli esteri e invece confermato dalla tv israeliana Canale 2.
I due non si sono neppure scambiati uno sguardo. Netanyahu è nell’elenco dei leader politici e comandanti militari israeliani che i palestinesi vorrebbero vedere incriminati dalla Corte Penale Internazionale per l’uccisione di centinaia di civili di Gaza, tra i quali tanti bambini, durante l’offensiva “Margine Protettivo” della scorsa estate.
A sua volta il premier israeliano è convinto che sul banco degli imputati, davanti ai giudici internazionali, ci finirà Abu Mazen, perché ha formato un governo con Hamas che ha lanciato razzi verso le città israeliane. Il presidente palestinese ieri è stato aspramente criticato proprio dal movimento islamico. Hamas (che ha condannato la strage a Charlie Hebdo) lo accusa di essere «un giocoliere politico, un ipocrita»; che spera di guadagnarsi la simpatia delle Nazioni mentre dovrebbe dedicare l’attenzione al suo popolo.
E non possono passare inosservate anche le critiche di chi, giustamente, ha definito quella di Parigi la “Marcia degli Ipocriti”.
Reporter senza Frontiere, ricorda che le politiche di un buon numero dei leader presenti domenica in Francia, a casa sono tutt’altro che compatibili con la solidarietà mostrata per la libertà di parola. «Dobbiamo dimostrare la nostra solidarietà a Charlie Hébdo – ha dichiarato ieri il segretario generale di Reporter senza Frontiere Christophe Deloire – senza dimenticare tutti gli altri Charlie del mondo. Sarebbe inaccettabile se i rappresentanti dei paesi che impongono il silenzio ai propri giornalisti dovessero sfruttare l’attuale effusione di emozione per cercare di migliorare la propria immagine internazionale e poi continuare le loro politiche repressive quando tornano a casa».
Hollande aveva visto giusto.
Netanyahu ha catturato l’attenzione dei media[2] quando ha esortato i francesi ebrei a lasciare il loro Paese e a trasferirsi in Israele, suscitando l’approvazione di molti ebrei ma anche il disappunto di Hollande e del primo ministro Manuel Valls che ha garantito che la comunità ebraica francese è al sicuro e sarà protetta da migliaia di agenti delle forze di sicurezza.