Grecia. Mercatini e farmacie, la rete sociale

by redazione | 24 Gennaio 2015 9:48

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ATENE «Scusi la penombra, ma non abbiamo pagato le bollette della luce. Manca anche il riscaldamento, quindi tenga pure il cappotto». Sulla credenza dove una volta c’era il servizio di porcellana e le bomboniere dei matrimoni ora sono allineate scatole di medicine. In cucina lo stesso, in bagno anche, farmaci ovunque, fin nel frigorifero rotto. «Per fortuna sono tante» sorride Dimitri Souliotis. «Questa è casa di mia cognata, ma ora lei vive con me e mia moglie e questa è diventata una farmacia per disoccupati, senza tetto e immigrati. Assistiamo anche tre italiani indigenti. È stato il Consolato a mandarceli». Le medicine sono in ordine alfabetico come in una farmacia vera, ma dentro le confezioni ci sono pastiglie e bustine sfuse, blister usati a metà. «Ormai qui in Grecia lo fanno tutti. Quando guarisci e qualche farmaco è avanzato, non lo lasci scadere nel cassetto, ma lo regali. Noi li raccogliamo e li distribuiamo».
Souliotis per trent’anni ha fatto il marconista sulle navi. Erano i tempi d’oro degli armatori greci, Onassis e non solo. Poi, in pensione con 1.250 euro al mese, è finalmente tornato ad Atene, in tempo per scarrocciare sotto la furia della Grande Crisi. «La pensione è affondata a poco più di 800 euro, ma comunque sto a galla. Gente più giovane e senza lavoro invece ha perso tutto: la casa che pagava col mutuo e l’assistenza sanitaria. In mare quando uno sta annegando lo si aiuta. Perché a terra dovevo far finta di non vedere?».
L’impegno sociale è una riscoperta per tutta Europa, ma in Grecia, la disoccupazione ha colpito selvaggiamente, ha cambiato la società e la politica. La Chiesa ortodossa ha attivato le chiese, una rete fittissima che riceve poche critiche e sfama ogni giorno almeno 200 mila persone. Anche la destra neonazi di Alba Dorata ha proposto il suo volontariato con ronde antimmigrati, «aiuti» per sfrattare gli stranieri morosi e mense sociali per soli greci purosangue. Chi ha azzeccato la formula è stata la sinistra di Syriza. «Non abbiamo messo il cappello su nessuna iniziativa e questo ci ha dato grande credibilità» dice Argiris Panagopoulos, una sorta di ambasciatore della sinistra greca in Italia. «La gente ha capito che non ci comportavamo come un partito qualsiasi, che noi eravamo come loro: la risposta della società ai nuovi bisogni».
Farmacie sociali, mense, reti di medici per visite gratuite, Syriza non è solo sfida al debito e all’euro, ma anche una sorta di Stato sociale sostitutivo di quello azzoppato dai tagli della Troika.
«Una delle idee migliori sono i mercatini senza intermediari — spiega Feano Fotiu responsabile della solidarietà di Syriza —. Guadagnano i contadini che non sono strozzati dalle catene dei supermercati e guadagnano i consumatori con prodotti di qualità a basso prezzo». Come nei gruppi d’acquisto a km0, solo che qui non si pensa al bio, ma a sopravvivere. Il 30% delle famiglie è sotto la soglia della povertà, i disoccupati 1,5 milioni, come i lavoratori e i pensionati. «Gli avversari ridevano di noi chiamandoci il “partito delle lenticchie”. Ma erano loro a non capire che contro la fame, un piatto di lenticchie è benvenuto soprattutto se onesto e disinteressato».
Per ordinare le merci, chiedere farmaci, vestiti, aiuto è necessario lasciare un numero di telefono, un indirizzo mail. In due anni di Grande crisi, Syriza ha costruito così un database che è diventato utilissimo per costruire anche una base politica. «Sono 400 i centri di solidarietà in tutto il Paese che in vario modo fanno parte del nostro network — spiega Fotiu — e così siamo riusciti a diffondere una consapevolezza diversa». Syriza è uscita dal «palazzo» per riportare la politica nell’agorà, in piazza. Organizza assemblee di quartiere dove cercare soluzioni ai problemi pratici, un ritorno etimologico alla politica. Così è nata, gramscianamente, l’egemonia di cui godono oggi le tesi del partito in Grecia. «La gente era paralizzata dal senso di colpa che gli era stato indotto dalla narrativa dominante della recessione. Il Nord Europa e la Destra ci descriveva come meridionali lazzaroni e corrotti, inferiori ai virtuosi tedeschi. I greci sentivano la responsabilità morale del fallimento nazionale fino a che Syriza non ha parlato del ruolo dei banchieri, del trucco dei prestiti che rendono schiavi, del neoliberismo rapace. E le teste si sono alzate».
Questo welfare solidale una volta lo si sarebbe chiamato «catena di trasmissione» tra partito e società, ma in Grecia si è dimostrato un antidoto per l’anti politica e la rassegnazione che dominano in tanta parte d’Europa. Futiu è certa: «Con farmaci e lenticchie Syriza ha distribuito anche l’idea che un partito diverso, più pulito e umano, possa meritare fiducia».

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