Gli errori nella previsioni possono essere originati da pregiudizi ideologici o dal fatto di essere parte in causa, come sembra essere nel caso dell’infortunio capitato al Fmi sulla crisi greca. Tali errori sono brevemente analizzati, ad esempio, da Suzanne Daley sul New York Times del 29 dicembre scorso in un articolo più generale sulla situazione greca dopo il fallimento del tentativo del parlamento di nominare il nuovo presidente della repubblica.
Lo stesso Fondo ora riconosce di aver fallito molte altre delle sue previsioni nel caso greco. Il debito pubblico si è rivelato molto più alto delle primitive stime, le esportazioni non sono aumentate quasi per niente, al contrario delle valutazioni iniziali, il sistema bancario si è rivelato molto più debole di quanto precedentemente analizzato (esso, tra l’altro, presenta oggi crediti inesigibili pari al 40 per cento del totale), mentre le entrate dalla vendita di asset pubblici sono risultate molto inferiori alle previsioni. E si potrebbe continuare. Ma basta così per dare un’idea di quanto è avvenuto.
Oltre a confessare gli errori di previsione, il Fmi ha rivelato, nel suo rapporto sulla Grecia del giugno 2013, come esso sia stato nella sostanza, al momento del confezionamento dei vari pacchetti di intervento nel paese ellenico, complice di Parigi e di Berlino; le capitali citate hanno in effetti approfittato dei rapporti di forza in loro favore per far pagare ai greci e, per altro verso, a tutti i contribuenti europei, un intervento volto nella sostanza a permettere alle banche francesi e tedesche di rientrare dei loro precedenti incauti prestiti al paese. Certamente un bel ruolo per un organismo tecnico di alto livello.
Più in generale, il Fondo ha riconosciuto in diversi casi di aver compiuto errori nelle valutazioni e nelle decisioni prese. Questo non significa, ahimè, che esso non continuerà a farlo. E adesso, per paura della democrazia greca, saranno in molti a spargere paure scientifiche sui disastri che accadrebbero al mondo se alle prossime elezioni vincesse Syriza. Lo farà anche il Fondo monetario internazionale?