La Francia torna plurale

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La colos­sale mar­cia repub­bli­cana che ha attra­ver­sato Parigi e tutte le città di pro­vin­cia, anche pic­co­lis­sime, la più grande mani­fe­sta­zione della sto­ria dopo la Libe­ra­zione, sarà la svolta che farà uscire la Fran­cia dalla depres­sione attuale, dall’idea di declino e di pes­si­mi­smo che sem­brava spin­gere il paese verso la chiu­sura su se stesso, la divi­sione interna e il rigetto dell’altro?

Dome­nica era pos­si­bile cre­derlo. È stata una gior­nata che Michel Winock già defi­ni­sce «sto­rica»: 1,3–1,5 milioni di per­sone a Parigi, i tre cor­tei pre­vi­sti tra­volti dal numero di per­sone pre­senti, impos­si­bile rag­giun­gere place de la Répu­bli­que e arri­vare a Nation, marce al con­tra­rio verso la Bastille, tutte le strade piene. 4 milioni in mar­cia in tutta la Fran­cia, 5 se si aggiun­gono coloro che ave­vano mani­fe­stato già sabato.

Senza reto­rica tra i cit­ta­dini, con un rifiuto gene­rale di venire stru­men­ta­liz­zati, da chiun­que. Il ten­ta­tivo di isti­tu­zio­na­liz­za­zione della mar­cia con la pre­senza — anch’essa ecce­zio­nale, — di oltre 40 tra capi di stato e di governo die­tro Fra­nçois Hol­lande, forse per la prima volta a suo agio nelle vesti di pre­si­dente, è stato pre­sto tra­volto dalla forza della par­te­ci­pa­zione dei cittadini.

Al di là dell’oggettiva incon­gruenza, per essere gen­tili, della pre­senza a favore diChar­lie di gover­nanti che repri­mono in casa la libertà di stampa, dall’europeo Orban, al primo mini­stro turco al mini­stro degli esteri russo, al re di Gior­da­nia o agli emiri del Golfo e vari capi di stato africani.

L’atmosfera di fidu­cia, senza inci­denti né ten­sioni, ha supe­rato per un pome­rig­giotutte que­ste incon­gruenze, per­met­tendo per­sino a Hol­lande di incas­sare un suc­cesso diplo­ma­tico e di ras­si­cu­rare i fran­cesi in crisi di iden­tità: i diri­genti mon­diali sono venuti nume­rosi e si sono pie­gati a difen­dere un’idea che in pochi con­di­vi­dono, gra­zie alla forza della cul­tura fran­cese (Hol­lande non ha apprez­zato la poli­ti­ciz­za­zione fatta da Neta­nyahu, che ha invi­tato gli ebrei fran­cesi a emi­grare il Israele, è stato irri­tato dal Marocco, che non ha inviato nes­suno alla mar­cia, a causa dell’ «offesa al pro­feta» e c’è stato ram­ma­rico per la mode­sta pre­senza degli Usa, rap­pre­sen­tati dall’ambasciatrice).

«Même pas peur», come dicono i bam­bini, «nes­suna paura», dice­vano vari car­telli fatti in casa. «Io sono Char­lie» ha unito, ben al di là di cos’è in realtà il set­ti­ma­nale sati­rico, con i soprav­vis­suti al mas­sa­cro della reda­zione sopraf­fatti anch’essi dalla rea­zione popo­lare. C’erano tutti in piazza a Parigi, un’ampia classe media con per­sone di tutte le età e di tutte le origini.

A tratti, è stata can­tata la Mar­si­gliese: «aux armes, citoyens» sosti­tuito spesso con «aux crayons». «Io sono Char­lie« («io sono ebreo, io sono poli­ziotto, io sono musul­mano, io sono repub­bli­cano») ha unito, per­ché il mas­sa­cro di 17 per­sone per­pe­trato dai due fra­telli Koua­chi e da Cou­li­baly tra mer­co­ledì e venerdì ha toc­cato due pila­stri della cul­tura fran­cese radi­cata nella sua sto­ria: la libertà di espres­sione e il vivere assieme tra per­sone di diverse ori­gini, con il mas­sa­cro nella reda­zione diChar­lie Hebdo e l’attacco anti­se­mita al Hyper­Ca­cher della porte de Vin­cen­nes, oltre all’assassinio di 3 poli­ziotti (alla mar­cia c’è stata molta soli­da­rietà con la poli­zia, anche que­sta una novità assoluta).

Il ten­ta­tivo di recu­pero della mobi­li­ta­zione dei cit­ta­dini ha irri­tato la sini­stra della sini­stra. «Sono i nostri ad essere stati uccisi, dei laici, delle per­sone irre­li­giose» si è infu­riato Jean-Luc Mélen­chon, ma era anche lui alla mar­cia, anche se lon­tano dal posto asse­gnato ai par­titi poli­tici. Pierre Lau­rent del Pcf ha invece invi­tato all’«unione nazio­nale con­tro la barbarie».

In una Fran­cia dove il Fronte nazio­nale è stato il primo par­tito alle euro­pee (anche gra­zie alla forte asten­sione), «Io sono Char­lie» ha iso­lato l’estrema destra: Marine Le Pen era ben sola, con un grup­petto dei suoi mili­tanti, a mani­fe­stare a Beau­caire, nel sud, comune che ha un sin­daco Fn. Le parole di odio non hanno avuto spa­zio. Altrove, la rea­zione avrebbe potuto essere la richie­sta di rein­tro­durre la pena di morte. Non nella Fran­cia del 2015 (men­tre in Ger­ma­nia Pegida stru­men­ta­lizza il mas­sa­cro, così come l’estrema destra in Nor­ve­gia). Ben solo anche l’umorista Dieu­donné, che non ha potuto esi­mersi dal riven­di­care: «io sono Char­lie e Cou­li­baly« (ne è seguita una denun­cia per «apo­lo­gia di ter­ro­ri­smo», l’antisemitismo è punito per legge).

Certo, ieri sono tor­nate le pole­mi­che di par­tito, con alcuni a destra che già chie­dono un Patriot Act alla fran­cese, men­tre il governo frena, pro­mette misure di effi­ca­cia nei ser­vizi e nelle car­ceri, ma non vuole né «pre­ci­pi­ta­zione» né «leggi d’eccezione», ha pre­ci­sato Manuel Valls.

Dall’86, la Francia ha varato ben 15 leggi anti-terrorismo, l’ultima è del novembre 2014

Dall’86, la Fran­cia ha varato ben 15 leggi anti-terrorismo, appro­fon­dendo la repres­sione, l’ultima è del novem­bre 2014 e per­mette mag­giori con­trolli sui jiha­di­sti e sul web (un video di riven­di­ca­zione di Cou­li­baly è stato messo in linea dopo la sua morte, forse un post dalla Siria).

Nico­las Sar­kozy, che alla mar­cia dei Vip — ridi­colo — si è infi­lato in prima fila sfug­gendo al pro­to­collo, attacca sull’immigrazione. Chiede di rive­dere Schen­gen, afferma che «le que­stioni dell’immigrazione e dell’islam sono chia­ra­mente poste». In Par­la­mento, destra e sini­stra hanno deciso di inse­diare una com­mis­sione par­la­men­tare per fare luce sui fatti e met­tere in evi­denza le «falle» sulla sicu­rezza, che ci sono state. 4700 poli­ziotti in più sono ormai addetti alla pro­te­zione dei luo­ghi di culto e delle scuole con­fes­sio­nali, un pre­fetto ad hoc è stato nominato.

L’Ue si riu­nirà per pren­dere deci­sioni. Ger­ma­nia e Gran Bre­ta­gna già annun­ciano nuove misure repres­sive con­tro i can­di­dati alla jihad e a quelli che rien­trano. Poi ci sarà una riu­nione a Washing­ton sulla lotta al ter­ro­ri­smo, prima della fine del mese.

Ma il governo, almeno in que­ste ore, non vuole usare solo l’arma della repres­sione per far fronte alle derive violente.

Hanno col­pito le rea­zioni in alcune scuole, gio­vedì scorso, dove alcuni hanno rifiu­tato di rispet­tare il minuto di silen­zio per ricor­dare le 12 vit­time di Char­lie Hebdo.

Ieri, la mini­stra dell’Educazione nazio­nale, Najat Vallaud-Belkacem, ha riu­nito i rap­pre­sen­tanti di inse­gnanti e geni­tori. Come tra­smet­tere i valori e i saperi in tutte le scuole, anche quelle che accol­gono allievi di con­di­zioni disa­giate, che rea­gi­scono al sen­ti­mento di esclu­sione e di abbandono?

Tor­nano cosi’ in primo piano le grandi que­stioni che creano il vivere assieme.

Rifles­sioni anche sulle car­ceri sovraf­fol­late, dove pic­coli delin­quenti ven­gono fana­tiz­zati. Dopo anni di con­cen­tra­zione sui defi­cit, la società fran­cese sem­bra mani­fe­stare di nuovo la voglia di ripen­sarsi, come se la mar­cia avesse ridato un con­te­nuto alla fra­ter­nité, difen­dendo la liberté. Sull’éga­lité la strada sarà ancora più lunga.



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