Exar­chia «rossa» aspetta Tsipras

Exar­chia «rossa» aspetta Tsipras

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Risa­lendo Exar­chia, un dedalo di viuzze che dal Poli­tec­nico, che porta ancora i segni della rivolta del 1973, e dal Museo Archeo­lo­gico Nazio­nale di Atene s’inerpicano fino alla piazza, fino ad arri­vare alla parte più antica, fatta di casette della seconda metà dell’Ottocento, tra caffè, bistrot, squat anar­chici, graf­fiti di ogni genere e una enorme stella rossa sui gra­doni di una sca­li­nata che inneg­gia all’Asterias 1928, la squa­dra di cal­cio di zona, si arriva al tra­di­zio­nale mer­cato del sabato. È giorno di silen­zio elet­to­rale, ma al comi­tato di quar­tiere di Syriza si stem­pera la ten­sione per una cam­pa­gna elet­to­rale dura quant’altre mai e si brinda alla vit­to­ria annun­ciata tra i ban­chi di frutta e ver­dura. Pas­sano can­di­dati e sim­pa­tiz­zanti, anziani con le buste della spesa si fer­mano a pren­dere volan­tini e programmi.

La pro­pa­ganda sarebbe vie­tata, “ma qui siamo in un quar­tiere rosso e fac­ciamo come vogliamo”, dice Alk­mi­nia Sta­vrou­laki, spilla di Syriza al petto e sor­riso a 24 carati. Da que­ste parti Ale­xis Tsi­pras gioca in casa, anche se il con­senso biso­gna gua­da­gnar­selo volta per volta.

Al Dik­tio, sto­rico cen­tro sociale, si discute che fare se la sini­stra radi­cale dovesse dav­vero andare al governo, e che rap­porto man­te­nere con essa. Par­te­ci­pano mili­tanti pro-Syriza, anar­chici, “cani sciolti”. C’è pure qual­cuno di Antar­sya, l’altra for­ma­zione dell’ultrasinistra di cui fa parte pure Ale­kos Ala­va­nos, l’ex segre­ta­rio del Syna­spi­smos che fondò Syriza, fece da padrino ad Ale­xis Tsi­pras e poi abban­donò il par­tito dopo essere entrato in con­flitto pro­prio con l’uomo che vuole cam­biare la Gre­cia e l’Europa. Se si vuol com­pren­dere per­ché la sini­stra greca non marci unita nep­pure que­sta volta che l’obiettivo del governo è a por­tata di mano, biso­gna guar­dare alle rot­ture per­so­nali e a quelle poli­ti­che. Antar­sya, come i comu­ni­sti del Kke, è per l’uscita dall’euro, chiede la nazio­na­liz­za­zione delle ban­che (pro­po­sta a cui Syriza non è con­tra­ria), vuole che gli eletti lascino il seg­gio dopo due anni di man­dato e pro­pone un modello di demo­cra­zia diretta basato su refe­ren­dum diffusi.

Molto dif­fi­cil­mente supe­rerà lo sbar­ra­mento del 3 per cento, però tra i movi­menti di Exar­chia potrebbe rac­co­gliere molti con­sensi. Il Par­tito comu­ni­sta, che gio­vedì sera ha riem­pito piazza Syn­tagma in con­tem­po­ra­nea con il comi­zio del lea­der di Syriza, spera invece di trarre van­tag­gio da un fal­li­mento del “rifor­mi­smo” di Tsi­pras, che a sua volta gli manda a dire che “se fal­liamo noi, arri­verà il fasci­smo”, non il sol dell’avvenire. E’ una sto­ria di riva­lità, di tira e molla con­ti­nui, quella tra i due cugini-coltelli: a Patrasso Syriza ha soste­nuto il can­di­dato sin­daco del Kke, che ha preso il 65 per cento dei voti, ma altret­tanto non è avve­nuto a Volos, dove al bal­lot­tag­gio i comu­ni­sti non hanno soste­nuto la sini­stra radicale.

Una pas­seg­giata al Dik­tio, alla vigi­lia di un voto deci­sivo per le sorti della sini­stra euro­pea, è fon­da­men­tale per son­dare gli umori dell’ala più insu­bor­di­nata del movi­mento che ha creato le pre­messe per il suc­cesso della coa­li­zione della sini­stra radi­cale. “Que­sta è una camera di com­pen­sa­zione tra il par­tito, le for­ma­zioni della sini­stra extra­par­la­men­tare e gli anar­chici, che spesso non si par­lano tra loro. Siamo gli unici che pos­sono man­te­nere i rap­porti con tutti, andiamo bene a Syriza per l’attività sociale che svol­giamo e siamo abba­stanza liber­tari per gli anar­chici, che aiu­tiamo ad esem­pio nella cam­pa­gna per la libe­ra­zione dei pri­gio­nieri poli­tici”, spiega Gior­gios Dede­gi­kas, 76 anni, uno dei fon­da­tori del cen­tro sociale nel 1991.

Exar­chia non è un luogo come un altro. E’ stata il cuore di una rivolta che si fece fatica a con­te­nere, nel 2008, quando la poli­zia ammazzò un ragaz­zino di 16 anni, Ale­xis Gri­go­ro­pou­los, sca­te­nando una guer­ri­glia che andò avanti per oltre un mese. “Quando pas­sa­vano gli agenti, dai bal­coni vola­vano fio­riere”, ricor­dano in un’osteria popo­lare molto nota nel quar­tiere, gestita da un gruppo di anar­chici di Salo­nicco. Nikos Roma­nos, l’amico del cuore di Gri­go­ro­pou­los, che gli spirò tra le brac­cia la sera del 10 dicem­bre 2008, ha dovuto rischiare la vita con uno scio­pero della fame in car­cere per otte­nere il via libera a soste­nere un esame uni­ver­si­ta­rio. Il caso ha tenuto banco negli scorsi mesi, e la pol­ve­riera Exar­chia ha rischiato di esplo­dere di nuovo.

A ribel­larsi, all’epoca, fu la cosid­detta “gene­ra­zione 800 euro”, gio­vani pre­cari e stu­denti uni­ver­si­tari che oggi, a sette anni di distanza, stanno se pos­si­bile ancor peg­gio di prima: gli 800 euro dell’epoca sono un mirag­gio, il sala­rio medio di un ragazzo si aggira sui 400 euro al mese, a volte per dodici ore di lavoro, e mi rac­con­tano addi­rit­tura di un con­tratto a ter­mine in un ente pub­blico pagato meno di due­cento euro al mese.

Ma è molto più facile non tro­vare lavoro o rima­nere disoc­cu­pati. Come rischia di acca­dere a Paolo Con­cetti, un mar­chi­giano di Porto San Gior­gio che vive a Exar­chia da 23 anni. Archi­tetto, sof­fre la déba­cle del set­tore edi­li­zio, fermo dal 2011, con i prezzi delle abi­ta­zioni crol­late (ma non le tasse, cal­co­late sui vec­chi valori) e palazzi lasciati all’incuria per man­canza di soldi: “Ormai si lavora pochis­simo e con par­celle ultra­ri­dotte, spesso la gente non ha soldi e non paga, men­tre fino a qual­che anno fa le cose anda­vano bene”. Per que­sto i più gio­vani, disil­lusi, si ribel­lano o emi­grano: desti­na­zione l’odiata Ger­ma­nia, soprat­tutto, ma un po’ tutta Europa.

Ed è per que­sto che Syriza incen­tra tutto il suo mes­sag­gio sulla “spe­ranza”. La Gre­cia è a un bivio: o rie­sce a far cam­biar idea a Bru­xel­les e con­tem­po­ra­nea­mente a rifor­mare se stessa oppure è desti­nata a un tri­ste destino, con un terzo della popo­la­zione sotto la soglia della povertà, senza la pos­si­bi­lità di acce­dere a cure medi­che o a diritti basi­lari come quello alla casa o ad avere la cor­rente elet­trica, e la classe media spaz­zata via dalla cura da cavallo impo­sta dalla troika.

A fine serata, al Dik­tio hanno coniato uno slo­gan per defi­nire il loro rap­porto con il futuro governo, se dovesse essere gui­dato da Syriza: “Oppo­si­zione pro­pul­siva”. Gli anar­chici, o almeno una parte di loro, sono stan­chi della repres­sione poli­zie­sca. Anche per que­sto in tanti, qui, vogliono farla finita con il governo Sama­ras. Poi si vedrà. La Rete per i diritti sociali e poli­tici, che è l’acronimo di Dik­tio e ha rami­fi­ca­zioni in tutta la Gre­cia, assi­cura che “non cer­cherà di fer­mare Syriza, ma di spin­gerla”. E’ que­sto il senso dell’ “oppo­si­zione pro­pul­siva”, che Dede­gi­kas rias­sume con una meta­fora: “La sini­stra è come una bici­cletta, non può stare ferma, non può andare all’indietro ma solo in avanti”. L’altra sera, al comi­zio di Tsi­pras nella vicina Omo­nia, erano in piazza pure loro.

Tra i tanti spazi sociali e le sto­rie da rac­con­tare di un quar­tiere che, in Ita­lia, potrebbe tro­vare un suo simile solo nella romana San Lorenzo, Dik­tio è forse quello con la sto­ria più par­ti­co­lare. A rac­con­tarla è Dede­gi­kas: “Nel 1991 alcuni gruppi nati a difesa dei diritti civili hanno deciso di creare la Rete. Due anni dopo è nata qui den­tro anche la Rete per il soste­gno sociale a immi­grati e rifu­giati”, che par­te­cipa a un festi­val anti­raz­zi­sta che quest’anno ha fatto segnare 26 mila pre­senze. Poi sono arri­vati anche i movi­menti lgbt, ognuno ha un suo spa­zio all’interno della strut­tura e gesti­sce a turno il bar. Dik­tio oggi, pur non facen­done orga­ni­ca­mente parte e anzi riven­di­cando la sua totale indi­pen­denza, è una delle stam­pelle del “par­tito sociale” di Syriza.

L’altra è Solidarity4all, alla quale tutti i depu­tati della sini­stra radi­cale devol­vono il 30 per cento dello sti­pen­dio e che for­ni­sce i medi­ci­nali alle 180 tra mense popo­lari, far­ma­cie e ambu­la­tori sociali sorti un po’ ovun­que sull’onda della crisi umanitaria.

E’ uno strano ani­male, que­sta coa­li­zione della sini­stra radi­cale che rischia di pren­dere il potere in Gre­cia. Non è un par­tito di iscritti sep­pure affondi le sue radici nel tra­di­zio­nale Syna­spi­smos e non è nep­pure un movi­mento sociale come tanti altri. Non ha un’organizzazione strut­tu­rata come i rivali del Kke e, più che sui clas­sici qua­dri, può con­tare su una mili­tanza dif­fusa e poco orga­nica. “Per com­pren­dere Syriza, biso­gna capire che essa non è uni­forme, è un pro­cesso con­trad­dit­to­rio, ancora in costru­zione, che non sap­piamo dove por­terà”, spiega Dede­gi­kas, che ricorda: “Quando il Syna­spi­smos decise di avviare il pro­cesso di costi­tu­zione della coa­li­zione, non si poteva entrare a titolo per­so­nale ma solo come orga­niz­za­zioni. All’interno del Dik­tio, con alcuni che erano d’accordo con que­sto per­corso fon­dammo il Gruppo Rosa, ispi­rato a Rosa Luxem­bourg. Poi, due anni fa, quando al con­gresso si è deciso di fon­dare il par­tito unico, ci siamo sciolti e solo allora siamo entrati a titolo personale.

Alcuni gruppi si sono sciolti, altri non del tutto e si sono tra­sfor­mati in cor­renti orga­niz­zate”. Oggi sono pronti a festeg­giare se Syriza vin­cerà, da lunedì comin­ce­ranno a incal­zare Ale­xis Tsi­pras, che ha rice­vuto la fidu­cia del “quar­tiere rosso” di Exar­chia. Ma dovrà meritarsela.



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