A Dre­sda, il raduno dei falchi xenofobi

by redazione | 11 Gennaio 2015 18:56

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Dopo i tra­gici fatti di Parigi, in Ger­ma­nia gli occhi sono pun­tati su Dre­sda. Domani, per la dodi­ce­sima volta, nel capo­luogo della Sas­so­nia si terrà l’ormai con­sueta mani­fe­sta­zione dei «Patrioti euro­pei con­tro l’islamizzazione dell’Occidente» – Pegida, nella sigla tede­sca. Gli orga­niz­za­tori spe­rano ovvia­mente che l’emozione susci­tata dalle azioni degli isla­mi­sti fran­cesi porti acqua al loro mulino: il cor­teo – anzi: uffi­cial­mente la «pas­seg­giata (Spa­zier­gang)» – si carat­te­rizza, infatti, anche come momento di con­danna degli atten­tati e omag­gio alle vit­time. Il giorno della strage al Char­lie Hebdo i «Patrio­ten» non hanno perso l’occasione per dire imme­dia­ta­mente, attra­verso il loro pro­filo Face­book (con oltre 120 mila like, più di quelli di ogni par­tito tede­sco), «abbiamo ragione noi». A pochi minuti dal dif­fon­dersi delle prime noti­zie da Parigi si poteva leg­gere: «Vogliamo con­ti­nuare a chiu­dere i nostri occhi e non vedere tutto ciò?».

Dif­fi­cile negare che ci sia il rischio di una cre­scita dell’islamofobia e del raz­zi­smo in Ger­ma­nia. La con­giun­tura è pro­pi­zia, per­ché ora esi­ste Alter­na­tive für Deu­tschland (AfD): il par­tito anti-euro ultra­con­ser­va­tore, col­lo­cato alla destra della Cdu-Csu della can­cel­liera Angela Mer­kel, che sem­bra dispo­sto a fare pro­prie le parole d’ordine agi­tate dai fasci­stoidi di Pegida. Pro­prio mer­co­ledì scorso i ver­tici di AfD in Sas­so­nia (9,7% alle ultime regio­nali) ave­vano incon­trato i pro­mo­tori delle marce di Dre­sda: «fra di noi esi­stono punti in comune», era stata la con­clu­sione. E il vice-segretario di AfD, Ale­xan­der Gau­land, non si è fatto scru­poli nel dare ragione ai «Patrio­ten» affer­mando che l’attacco al Char­lie Hebdo rap­pre­senta una con­ferma delle loro tesi. Dichia­ra­zioni tal­mente espli­cite da spin­gere il lea­der della for­ma­zione euro­scet­tica, Bernd Lucke, un eco­no­mi­sta ex demo­cri­stiano dal pro­filo di «bor­ghese per­bene», a rac­co­man­dare ai suoi com­pa­gni di par­tito «avve­du­tezza» nelle esternazioni.

A lan­ciare senza giri di parole l’allarme-razzismo è Gre­gor Gysi, la figura più rap­pre­sen­ta­tiva della Linke, di cui è capo­gruppo par­la­men­tare. In un’intervista pub­bli­cata ieri dal quo­ti­diano ber­li­nese Tages­spie­gel, Gysi rico­no­sce che nella Ger­ma­nia orien­tale esi­stono «anti­chi retaggi di chiu­sura al mondo», risa­lenti all’epoca della Ddr, che pos­sono favo­rire il dif­fon­dersi della «paura del diverso». A trent’anni dalla caduta del Muro, però, la Cdu non è esente da respon­sa­bi­lità: «È dal 1990 che governa in Sas­so­nia, ed è evi­dente che non ha fatto abba­stanza per con­tra­stare il dif­fon­dersi di que­ste paure», attacca Gysi. Come agire ora? «Con i pro­mo­tori di Pegida, nazio­na­li­sti e raz­zi­sti, non si deve par­lare, ma con le per­sone che li seguono è neces­sa­rio farlo per recu­pe­rarli ai valori della demo­cra­zia», sostiene il cari­sma­tico capo­gruppo della Linke.

All’indirizzo del par­tito più a sini­stra del Paese giun­gono però attac­chi pesanti dalle file demo­cri­stiane. Se la can­cel­liera Mer­kel fa appelli all’unità delle forze poli­ti­che «per la difesa dei valori comuni», per il suo mini­stro dei tra­sporti Ale­xan­der Dobrindt, bava­rese della Csu, il vero pro­blema non è Pegida, ma la sini­stra: «Per il futuro della Ger­ma­nia conta molto di più che ci sia un comu­ni­sta come gover­na­tore della Turin­gia che non le mani­fe­sta­zioni di Dre­sda», sostiene in un’intervista rila­sciata al Münch­ner Mer­kur. E le per­sone che sfi­lano con i «Patrioti anti-islam» lo fanno per­ché «mossi da paure che vanno prese sul serio»: non solo «l’immigrazione incon­trol­lata», ma anche la «fal­si­fi­ca­zione del con­cetto di pro­prietà pri­vata» e le «visioni uni­la­te­rali della giu­sti­zia sociale». Morale della favola: secondo Dobrindt i par­titi demo­cri­stiani Cdu e Csu non dovreb­bero lasciare il fianco di destra troppo sco­perto, come invece a suo dire fareb­bero ora.

Nella piat­ta­forma di Pegida, in realtà, rife­ri­menti alla fal­si­fi­ca­zione della pro­prietà pri­vata o alle visioni uni­la­te­rali della giu­sti­zia sociale per ora non ci sono. I 19 punti che stanno alla base delle mobi­li­ta­zioni isla­mo­fobe sono quasi tutti dedi­cati all’immigrazione (il modello ideale è la Sviz­zera) e alla «difesa della cul­tura giudaico-cristiana occi­den­tale». Non manca un richiamo alla «difesa dell’autodeterminazione ses­suale», seguito da un altro alla lotta con­tro il «Gen­der Main­strea­ming», che rivela chia­ra­mente il qua­dro rea­zio­na­rio e tra­di­zio­na­li­sta nel quale i Patrio­ten di Dre­sda inse­ri­scono la difesa dei diritti delle donne.

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