Disegno di sangue

Disegno di sangue

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Scri­ve­vamo di «cru­deltà cre­scenti» con­clu­dendo il 2014 e non vole­vamo certo essere con­fer­mati nel giu­di­zio, invece ecco che da Parigi si annun­cia un 2015 altret­tanto feroce e di sangue.

La strage ter­ro­ri­sta nella sede di Char­lie Hebdo, pro­prio durante la riu­nione di reda­zione, ci feri­sce. L’uccisione a san­gue freddo di un agente ferito, l’esecuzione di tanti gior­na­li­sti, del diret­tore Char­bon­nier (Charb) e di altri tre tra i più grandi vignet­ti­sti euro­pei, Cabu, Tignous e Wolin­ski ci lascia sgo­menti. Pen­sare che qual­cuno, nel nome di Mao­metto, abbia voluto ucci­dere lo “sgua­iato” George Wolin­ski, forse tra i più grandi sati­rici del mondo e che fa sicu­ra­mente parte della nostra for­ma­zione imma­gi­na­ria dal ‘68, ci fa sol­tanto pian­gere. E ci riduce quasi al silen­zio. Pur restando con­vinti che riu­sci­remo a testi­mo­niare que­sto avve­ni­mento che non ha eguali, non con il solo sen­ti­mento di sco­ra­mento che rischia di scon­fi­nare nella reto­rica, né con la tra­di­zio­nale fred­dezza che usiamo per spie­gare il feno­meno del ter­ro­ri­smo di matrice islamista-integralista.

No, sta­volta non esi­tiamo a defi­nire que­sto orrore come fasci­smo puro. Già lo Stato isla­mico al potere in Siria e in Iraq mani­fe­sta que­sta ten­denza cru­dele punendo fisi­ca­mente o ucci­dendo in modo bar­baro ogni diverso, ogni essere umano che per i pro­pri com­por­ta­menti per­so­nali con­trad­dice le regole di quelli che si sono auto­pro­cla­mati i nuovi testi­moni del pro­feta. È un insop­por­ta­bile attacco non solo alla libertà di stampa e ai diritti occi­den­tali — spesso vili­pesi anche dai nostri governi — ma tout court al diritto di vivere. Un cri­mine quello di Parigi che intanto sem­bra fatto appo­sta per ali­men­tare il pro­ta­go­ni­smo della destra nazio­na­li­sta del Front Natio­nal, il clima isla­mo­fo­bico già latente in tutta Europa e ormai più che evi­dente in Germania.

Siamo però altret­tanto con­vinti che non sarà una piog­gia di reto­rica a illu­mi­nare la scena del cri­mine che è stato com­messo ieri per le strade di Parigi. Per il quale chia­mano erro­nea­mente in causa «cel­lule dor­mienti» o «lupi soli­tari» risve­gliati in Fran­cia (e in Europa) dall’imam inte­gra­li­sta di turno che parla dal lon­tano Medio Oriente in guerra, come per altri atten­tati recenti in Fran­cia e in Gran Bre­ta­gna. Al con­tra­rio oltre che di un attacco pre­me­di­tato, si è trat­tato di un’azione “pro­fes­sio­nale” e fredda e “in per­fetto par­lare fran­cese”, per­ché non è facile spa­rare con armi auto­ma­ti­che e tan­to­meno è facile ucci­dere con lo stile dell’esecuzione mirata dando ordini nella lin­gua d’appartenenza. O è mano­va­lanza mala­vi­tosa oppure, più cre­di­bil­mente, ci tro­viamo di fronte a mili­ziani che tor­nano dal fronte, cioè al tour ope­ra­tor ter­ro­ri­sta della guerra in Siria e in Iraq. È stato Obama solo un mese fa a dichia­rare che tra le fila del Calif­fato mili­tano almeno 15mila occi­den­tali, tanti gli ame­ri­cani e altret­tanti quelli europei.

Se non si ha il corag­gio di fare luce su que­sta zona d’ombra di con­ni­venze cri­mi­nali, non se ne viene fuori. Quei mili­tanti isla­mi­sti occi­den­tali, nel rifiuto com­pleto dei valori occi­den­tali, sono andati com­bat­tere ingros­sando le fila dello Stato isla­mico, pro­prio nel periodo in cui molti paesi euro­pei del fronte degli «Amici della Siria» si accor­ge­vano che le armi, la logi­stica e l’addestramento da loro orga­niz­zati per desta­bi­liz­zare il regime di Assad, erano finiti indi­scri­mi­na­ta­mente a tutta l’opposizione armata siriana, vale a dire anche alle frange più radi­cali come Al Nusra affi­liata ad Al Qaeda.

Insomma, se non si viene a capo del disa­stro che ha visto la Fran­cia in prima fila, prima con­tro la Libia di Ghed­dafi (ora a Derna e a Ben­gasi — la stessa che vide nel 2006 la rivolta con­tro la pro­vo­ca­zione della t-shirt del mini­stro leghi­sta Cal­de­roli — c’è l’Emirato isla­mico e le due città sono il san­tua­rio politico-militare del Calif­fato); poi con l’intervento in Mali con­tro gli inte­gra­li­sti che si erano armati, come quelli siriani, gra­zie alla crisi libica; per con­ti­nuare a inter­ve­nire dal Ciad in Libia con­tro gli stessi isla­mi­sti che Parigi aveva aiu­tato ad andare al governo a Tri­poli; e ancora con­ti­nuare a soste­nere l’armamento e l’addestramento dei com­bat­tenti anti-Assad, e intanto fare trat­tati mili­tari con le petro­mo­nar­chie come l’Arabia sau­dita impe­gnata con­tro le pro­te­ste demo­cra­ti­che degli sciiti in Barhein e alla fine, dopo averlo inco­rag­giato, con­tro il dila­gare dell’Isis in Iraq.

Non è satira pur­troppo, è quello che è acca­duto in que­sti tre anni e mezzo. A quasi quat­tor­dici anni dall’11 set­tem­bre 2001, il ter­ro­ri­smo di ritorno è il meno che ci possa acca­dere se non si sbro­glia la matassa di que­sta schi­zo­fre­nia occidentale.



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