Un colpo al cuore dell’inte­gra­zione culturale

Un colpo al cuore dell’inte­gra­zione culturale

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«È uno choc enorme, come se fos­simo stati col­piti da un ura­gano. Que­sto non è un atten­tato, ma una vera strage. Ad agire sono stati dei pro­fes­sio­ni­sti armati e pre­pa­rati che sape­vano cosa face­vano e ave­vano un obiet­tivo pre­ciso. Non erano dei pazzi o degli squi­li­brati qua­lun­que che col­pi­scono a casac­cio in mezzo alla gente. Per la Fran­cia è un momento ter­ri­bile, a rischio è la nostra stessa democrazia».

Le parole di Domi­ni­que Manotti tra­di­scono tutta l’emozione del momento quando, nel primo pome­rig­gio, la rag­giun­giamo al tele­fono nella sua casa di Parigi. La scrit­trice, già mili­tante sin­da­cale e docente di Sto­ria eco­no­mica, è con­si­de­rata una delle mag­giori inter­preti del nuovo noir fran­cese e ha rac­con­tato in una decina di romanzi di grande suc­cesso, in pas­sato pub­bli­cati nel nostro paese da Tro­pea e dall’inizio di quest’anno da Sel­le­rio, la realtà delle peri­fe­rie urbane, le pagine più scure della sto­ria fran­cese, come il col­la­bo­ra­zio­ni­smo, e i legami peri­co­losi tra la poli­tica e il mondo degli affari..

Gli inqui­renti sem­brano pre­di­li­gere la «pista interna», vale a dire quella di jiha­di­sti locali piut­to­sto che pro­ve­nienti dal Medio­riente. Se que­sta ipo­tesi fosse con­fer­mata, cosa ci direbbe della società transalpina?

In realtà anche se si trat­tasse di cit­ta­dini fran­cesi è molto pro­ba­bile che ciò che sta acca­dendo da molti anni in Medio­riente, penso allo stallo della que­stione pale­sti­nese e agli inter­venti mili­tari occi­den­tali in quell’area, possa aver gio­cato un qual­che ruolo. Però, è chiaro come nella società fran­cese si viva da tempo una crisi nel pro­cesso di inte­gra­zione di molti gio­vani di ori­gini magh­re­bina e un’altrettanto dif­fi­cile nor­ma­liz­za­zione della pre­senza musul­mana nel paese. Non credo di fare un’affermazione nuova se dico che si respira da tempo un pro­fondo males­sere, spe­cie tra i gio­vani che vivono nelle ban­lieue. Ovvia­mente tutto ciò non spiega da solo per­ché un ragazzo possa tra­sfor­marsi in uno jiha­di­sta, tanto più che in molti dei casi ci si è tro­vati di fronte a gio­vani con­ver­titi all’Islam nati e cre­sciuti in pic­coli cen­tri di pro­vin­cia invece che nelle ban­lieue: ad esem­pio, qual­che mese fa si è sco­perto che uno dei gio­vani coin­volti nella deca­pi­ta­zione di un repor­ter ame­ri­cano in Siria veniva da un pae­sino della cam­pa­gna della Nor­man­dia. Si tratta quindi di un feno­meno com­plesso, che trae ali­mento da diverse cose, come l’emergere di una radi­ca­liz­za­zione reli­giosa tra i più gio­vani, assente fino a pochi anni fa.

Un altro ele­mento ricor­rente nella discus­sione pub­blica fran­cese è la cre­scita nelle ban­lieue di una «quinta colonna» isla­mi­sta. A dieci anni dalla più grande rivolta delle peri­fe­rie del paese, quella del 2005, le sem­bra uno sce­na­rio reale?

No. Intanto si deve essere molto pru­denti, visto che le inda­gini sono appena ini­ziate, ma è chiaro che i toni usati abi­tual­mente per descri­vere le nostre peri­fe­rie sono esa­ge­rati e con­tri­bui­scono sol­tanto ad ampli­fi­care le even­tuali minacce che però fino ad ora sono state cir­co­scritte a casi per­so­nali. Il punto è che negli ultimi dieci anni poco o nulla è stato fatto per dare rispo­ste al males­sere sociale che nel 2005 si era espresso attra­verso la rivolta. Non si tratta, benin­teso, di qual­cosa facile da fare, ma resta pur sem­pre il fatto che non c’è stata alcuna rispo­sta ai motivi di disa­gio di chi vive in que­sti quar­tieri che datano da molto prima che in Europa si comin­ciasse a par­lare di una minac­cia jiha­di­sta. Anche in que­sto caso non dico forse nulla che non sia già noto, ma da decenni la sini­stra ha perso il suo con­tatto con que­sti quar­tieri e con la popo­la­zione che ci abita. Un tempo, soprat­tutto gra­zie alle orga­niz­za­zioni sociali legate al Par­tito comu­ni­sta, la gente di ban­lieue par­te­ci­pava alla vita pub­blica: quelle realtà strut­tu­ra­vano lo spa­zio sociale dei quar­tieri. La loro scom­parsa ha creato un vuoto che ha favo­rito l’emarginazione degli abi­tanti. Da que­sto punto di vista, le peri­fe­rie sono oggi in stato d’abbandono e cia­scuno cerca la pro­pria via, com­presa la radi­ca­liz­za­zione attra­verso la reli­gione. Ma da que­sto a dire che in que­sti quar­tieri stia nascendo un «eser­cito jiha­di­sta», il passo è deci­sa­mente troppo lungo.

L’attacco a Char­lie Hebdo arriva anche in un momento par­ti­co­lare della sto­ria fran­cese, con Marine Le Pen data in testa nei son­daggi per le pre­si­den­ziali del 2017. L’estrema destra non potrà che trarre bene­fi­cio da que­sta tra­ge­dia che sem­bra avve­rare le sue più ter­ri­bili pro­fe­zie di guerra. Cosa acca­drà ora?

Dif­fi­cile dirlo, ma credo che chi ha com­piuto que­sta strage punti pro­prio alla radi­ca­liz­za­zione del con­flitto inter­cul­tu­rale in seno alla società fran­cese. Il primo obiet­tivo credo sia quello di ren­dere ancora più dif­fi­cile l’integrazione della comu­nità musul­mana, di favo­rirne al con­tra­rio l’emarginazione e la stig­ma­tiz­za­zione, in modo da ren­dere più facile la pre­di­ca­zione degli ele­menti radi­cali e la loro opera di pro­se­li­ti­smo. Per­ché mal­grado le cose stiano pro­ce­dendo con troppa len­tezza, qual­che segnale che que­sta inte­gra­zione fosse pos­si­bile c’è: alcuni dei più noti cinea­sti fran­cesi sono di ori­gine magh­re­bina. Da que­sto punto di vista, l’attacco a Char­lie Hebdo rap­pre­senta un auten­tico disastro.

Il dibat­tito pub­blico fran­cese, come dimo­stra anche il nuovo libro di Michel Houel­le­becq, in uscita oggi e di cui si è tanto discusso per­ché rac­conta pro­prio di un paese domi­nato dagli isla­mi­sti e dal Front Nationl, sem­bra subire l’ossessione dila­gante per il tema dell’identità.

È uno dei peri­coli che cor­riamo. Alcuni ana­li­sti sosten­gono che la reda­zione di Char­lie Hebdo sia stata attac­cata per­ché la rivi­sta aveva pub­bli­cato qual­che anno fa le famose cari­ca­ture di Mao­metto. Ma si deve ricor­dare come per loro, opi­nione che con­di­vido fino in fondo, sia odioso e intol­le­ra­bile ogni fondamentalismo: hanno pub­bli­cato vignette con­tro il Papa, con­tro i tra­di­zio­na­li­sti cat­to­lici e gli anti-abortisti, con­tro gli estre­mi­sti ebraici e via dicendo. Denun­ciare il rischio dell’estremismo insito in ogni reli­gione è un modo per riaf­fer­mare quei valori della demo­cra­zia che oggi in Europa sono minac­ciati anche dall’estrema destra.



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