Cambiate cinque prigioni «Tra i nostri carcerieri c’erano anche donne»
by redazione | 17 Gennaio 2015 9:16
ROMA Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sapevano che i loro rapitori volevano un riscatto. Lo hanno raccontato durante il lungo interrogatorio di fronte ai magistrati di Roma e ai carabinieri del Ros. «Dopo essere state catturate abbiamo chiesto perché lo fate? E loro ci hanno risposto: per soldi».
Forse per questo, per quella percezione che sin da subito hanno avuto di non essere nelle mani dei terroristi dell’Isis, dicono di non avere mai temuto di essere uccise. Paura però ne hanno avuta tanta. Anche se ciò non sembra averle convinte, almeno per ora, a non tornare mai più in Siria. L’indagine si concentra sul gruppo che le ha tenute segregate e sul percorso fatto dalle due giovani prima di arrivare in Siria, ad Aleppo, per accertare chi le ha aiutate. Soprattutto per scoprire chi le ha tradite, visto che sono state catturate poche ore dopo aver varcato il confine turco.
La cattura
Il racconto dei cinque mesi e mezzo di prigionia è dettagliato, anche se entrambe spiegano di aver «perso la percezione del tempo». Prima di arrivare in Italia sono state sottoposte al «debriefing» dell’ intelligence che serve a ottenere informazioni sui gruppi fondamentalisti che le hanno gestite, sono sempre state sostenute da psicologi. Tra le due ragazze Vanessa appare la più sicura di sé. Racconta che la loro intenzione era «portare aiuti umanitari, il viaggio era stato organizzato attraverso un contatto su Facebook con una persona che avevamo conosciuto la prima volta che eravamo state in Siria». E proprio su questo si concentrano adesso le verifiche degli specialisti dell’Arma.
Ad Aleppo arrivano il 31 luglio scorso e vengono ospitate nella casa del capo del Consiglio rivoluzionario. Passano soltanto poche ore e poi scatta il blitz dei sequestratori. «Sono arrivate due macchine con alcuni uomini armati e siamo state portate via. Stavamo a testa bassa, cercavamo di non guardarli in faccia. Loro comunque avevano il volto coperto». Vanessa conosce qualche parola di arabo, ma «i rapitori parlavano poco, soltanto uno diceva qualche parola di inglese». Con loro non c’è il giornalista del Foglio Daniele Raineri che inizialmente si credeva fosse riuscito a sfuggire ai sequestratori.
I nascondigli
Le bendano e le portano in una casa, le mettono nella stessa stanza chiusa a chiave. Resteranno sempre insieme. «Non eravamo legate, ma non potevamo uscire. Ci portavano il cibo, a volte lo lasciavano sulla porta. I carcerieri erano uomini, ma c’erano anche alcune donne». Cambiano almeno cinque prigioni, «in macchina eravamo bendate, non sappiamo dove siamo state portate».
Avevano sempre un bagno a disposizione, negano di «aver subito violenze, non siamo state trattate male. Abbiamo avuto tanti momenti difficili, di grande sconforto». Dicono di non sapere chi fossero i rapitori «anche se abbiamo pensato che dietro potesse esserci Al Qaeda, non l’Isis». A portarle via, almeno secondo quanto emerso durante il negoziato, sono stati i militanti del «Free Syrian Army», ma almeno nell’ultima fase ha giocato un ruolo «politico» anche «Jabhat Al Nusra», fazione qaedista che si oppone all’Isis. Le ragazze dicono di non aver mai avuto notizie di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita sequestrato nel luglio del 2013.
Il video
Di lui non si hanno notizie da mesi. Per loro la svolta è arrivata quando i sequestratori hanno detto che dovevano girare un filmato. «Lì abbiamo capito che c’era una trattativa in corso. Sono stati i rapitori a ordinare quali parole dovevamo usare, hanno spiegato che dovevamo dire di essere in pericolo perché in questo modo la trattativa si poteva sbloccare».
Nulla invece sembrano sapere di quel foglietto mostrato durante il filmato con una data «17-12-14 wednesday», messaggio cifrato tra rapitori e mediatori italiani. Il video è stato messo su Youtube la notte del 31 dicembre.
Doveva essere l’ultimo passo prima della consegna, poi il negoziato ha subito uno stallo e i rapitori hanno inviato un secondo filmato su canali riservati. Il via libera allo scambio finale.
Il rilascio
La percezione che la prigionia potesse essere terminata dicono di averla avuta mercoledì, ma la conferma che il ritorno a casa era vicino sarebbe arrivata il giorno dopo, giovedì mattina, quando uno dei carcerieri ha annunciato: «Vi stiamo rilasciando». Dopo poco è iniziato il viaggio verso la libertà. Circa tre ore di macchina, di nuovo bendate e poi la consegna agli uomini dell ’intelligence italiana. All’1 di notte si sono imbarcate sul volo per Roma. Alle 4 hanno riabbracciato genitori e fratelli a Ciampino.