Calo del petrolio e shale gas, solo una parentesi

by redazione | 9 Gennaio 2015 9:31

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La caduta del prezzo del greg­gio e il con­tem­po­ra­neo rifiuto degli arabi dell’Opec di ridurne l’offerta incide cer­ta­mente sulla com­pe­ti­zione nel mer­cato del petro­lio, del gas e del car­bone, ma pro­ba­bil­mente meno sul futuro ener­ge­tico in Europa e nel mondo, più che mai con­teso tra affer­ma­zione delle rin­no­va­bili e ripresa del nucleare. L’obiettivo più evi­dente del tra­collo sui mer­cati sem­bre­rebbe l’attacco alla Rus­sia di Putin, ma non va sot­to­va­lu­tata l’intenzione di met­tere fuori gioco la con­cor­renza di parte dello shale gas ame­ri­cano – o almeno della pro­du­zione dai sedi­menti meno remu­ne­ra­tivi – così da farne emer­gere senza più l’alibi del prezzo tutti i rischi ambien­tali e la bolla spe­cu­la­tiva che si porta alle spalle. È que­stione di cui da noi si parla pochis­simo, ma che mette in ansia i grandi finan­zia­tori delle fos­sili non con­ven­zio­nali. Se la par­tita del petro­lio – con il para­dosso di una offerta supe­riore alla domanda – nono­stante il supe­ra­mento accer­tato del “picco di Hub­bert”- sfugge al con­trollo del car­tello dell’Opec e si gioca in un mer­cato senza pro­te­zioni, abbiamo la con­ferma che stia finendo un’epoca carat­te­riz­zata da un sistema for­te­mente cen­tra­liz­zato, con­trol­lato da un intrec­cio di mono­poli e stati pro­dut­tori, retto su com­bu­sti­bili ad alta den­sità calo­rica e age­vol­mente tra­spor­ta­bili dopo estrazione.

L’eccesso di offerta di petro­lio non è dovuto a pre­vi­sioni sba­gliate sul suo accer­tato esau­ri­mento, ma agli enormi inve­sti­menti pro­get­tati più di un quin­quen­nio fa, quando il prezzo del barile era di 110 dol­lari e si andava a per­fo­rare nei luo­ghi più impervi. Le stime di con­sumo poi, non hanno tenuto conto del boom delle rin­no­va­bili e del carat­tere strut­tu­rale della crisi: si pensi che solo nel 2014 la Iea (Inter­na­tio­nal Energy Agency) ha rivi­sto al ribasso le stime della domanda mon­diale ben sei volte!

Non fac­cia­moci quindi impres­sio­nare dai colpi di coda di un sistema che dovrà comun­que fare conti ine­so­ra­bili e non pro­cra­sti­na­bili con il riscal­da­mento glo­bale e la dif­fu­sione sem­pre più impre­ve­di­bile di con­flitti armati per il con­trollo dei gia­ci­menti. Her­mann Scheer nel 2005 soste­neva che la sfida ener­ge­tica del XXI secolo si sarebbe gio­cata tra atomo e sole, in un anti­cipo ridotto all’essenziale dello sce­na­rio entro cui la geo­po­li­tica deve far i conti con la sfida per la soprav­vi­venza della bio­sfera. È que­sto sce­na­rio che vor­rei attua­liz­zare, anche a fronte delle mano­vre, pur rile­vanti, sui prezzi del greg­gio.
La mia opi­nione è che non si stia affatto allon­ta­nando l’opportunità di sce­nari alter­na­tivi ai fos­sili e nem­meno che il crollo dei prezzi del com­bu­sti­bile possa pro­lun­gare oltre­modo il sistema attuale, in quanto la con­nes­sione tra clima e com­bu­stioni dei fos­sili com­porta danni non sti­ma­bili per la vita e costi eco­no­mici altis­simi per la ripa­ra­zione dell’ambiente, ancor­ché costan­te­mente occul­tati, ma sem­pre più avver­titi dall’esperienza comune.

Nei fatti e nelle sta­ti­sti­che degli ultimi dieci anni, si può con­sta­tare il pro­gresso con­ti­nuo di deci­sioni locali, non certo assunte ai ver­tici per il clima, per acce­le­rare il pas­sag­gio ad un sistema ener­ge­tico decen­trato, fon­dato sulle rin­no­va­bili e sulla ridu­zione dei con­sumi. A riprova, in un’interessante inter­vi­sta del 26 novem­bre scorso il nuovo pre­si­dente dell’Enel Fran­ce­sco Sta­race parla di reti intel­li­genti, cre­scita delle rin­no­va­bili e rias­setto orga­niz­za­tivo, con un approc­cio così inno­va­tivo e sen­sato per l’ente nazio­nale, da met­tere a disa­gio gli inter­lo­cu­tori del Sole 24 Ore.
Anche per i sacer­doti del sistema ener­ge­tico attuale (la Iea), entro il 2040 la for­ni­tura mon­diale di ener­gia sarebbe scom­pa­gi­nata e divisa in quat­tro parti quasi uguali: fonti a basso tenore di car­bo­nio (nucleare e rin­no­va­bili), petro­lio, gas natu­rale e car­bone. Le ener­gie rin­no­va­bili diven­te­reb­bero il numero uno al mondo come fonte di pro­du­zione di ener­gia elet­trica, supe­rando il car­bone, men­tre la cre­scita della domanda mon­diale di petro­lio ral­len­te­rebbe fino quasi a fer­marsi, con un calo rile­vante anche dello shale gas.

La discesa dei prezzi del com­bu­sti­bile è in defi­ni­tiva vista come fase di tran­si­zione, di durata impre­ci­sata, ma che influirà ancora per un breve periodo sulla for­ni­tura di calore e sulle solu­zioni alter­na­tive per la mobi­lità, anche se ormai il bino­mio petrolio+auto indi­vi­duale sem­bra in pro­gres­siva con­sun­zione. La “rivo­lu­zione shale” è parte anch’essa della tran­si­zione. Attual­mente for­ni­sce agli Usa un van­tag­gio com­pe­ti­tivo che si riflette nel rilan­cio della mani­fat­tura, ma che potrebbe nel medio periodo rive­larsi stra­te­gi­ca­mente non riso­lu­tivo, dato che i vin­coli cli­ma­tici e finan­ziari potreb­bero risul­tare per que­sta tec­no­lo­gia esi­ziali nel tempo.

Per con­te­stua­liz­zare la sfida atomo-sole, aggiungo che, men­tre la tec­no­lo­gia nucleare mostra limiti insor­mon­ta­bili, soprat­tutto per l’eredità delle sco­rie e per l’eventualità insop­pri­mi­bile di inci­denti cata­stro­fici, le fonti rin­no­va­bili decen­trate, pur limi­tate da una rela­tiva discon­ti­nuità, sono sfrut­ta­bili diret­ta­mente in pres­so­ché ogni angolo del mondo e stanno rag­giun­gendo la grid parity a ritmi fino ad un decen­nio fa impensabili.

La con­ti­nuità di chi vuole man­te­nere un sistema cen­tra­liz­zato è in realtà affi­data alle chance di un nucleare “di nuova gene­ra­zione”, sosti­tu­tivo dei fos­sili, che con­tra­sti, a infra­strut­ture in larga parte inva­riate, la dif­fu­sione capil­lare di impianti ali­men­tati da fonti natu­rali. Il nucleare rimane l’opzione che il sistema elet­trico delle grandi uti­li­ties si riserva anche oltre la metà del secolo. Il Dipar­ti­mento dell’Energia degli Stati Uniti ha emesso un pre­stito garan­zia per 12,5 miliardi di dol­lari per pro­getti di reat­tori inno­va­tivi. La US Energy Infor­ma­tion Admi­ni­stra­tion ha recen­te­mente rife­rito che quasi tutte le cen­trali nucleari degli Stati Uniti dovreb­bero otte­nere un pro­lun­ga­mento della vita oltre i 60 anni per ope­rare dopo il 2050. La Cina ha avviato il nuovo pro­gramma nucleare con la rea­liz­za­zione di 31 reat­tori e la presa in con­si­de­ra­zione di ulte­riori 110. La Rus­sia assi­cura impianti chiavi in mano e manu­ten­zione per i Paesi con ridotte risorse tecnologiche.

Le rin­no­va­bili però con­ti­nuano a cre­scere a ritmi sor­pren­denti, con il van­tag­gio di una parity grid ormai rag­giunta anche senza par­ti­co­lari incen­tivi. Nei primi tre tri­me­stri del 2014, la Cina ha speso 175 miliardi dol­lari in pro­getti di ener­gia pulita e il paese instal­lerà 14 GW di capa­cità solare nel solo 2014. Secondo il Natio­nal Renewa­ble Energy Labo­ra­tory (Nrel), il costo di pan­nelli solari su una tipica casa ame­ri­cana è sceso di circa il 70 per cento negli ultimi dieci anni e mezzo. In Europa la con­ve­nienza è ormai accer­tata e miglio­rerà con inve­sti­menti in reti intel­li­genti e accu­muli appro­priati.
Pur­troppo il governo ita­liano si pone in Europa in una posi­zione di retro­guar­dia, dato che pre­vede 45 miliardi per infra­strut­ture fos­sili (30 miliardi per rigas­si­fi­ca­tori + 15 miliardi per la quota ita­liana di gasdotti), senza una seria rifles­sione sui costi in alter­na­tiva di una infra­strut­tu­ra­zione rin­no­va­bile con stoc­caggi dif­fusi. E sarebbe inte­res­sante cono­scere chi spinge Fede­rica Moghe­rini, voluta da Renzi come mini­stro degli esteri della Ue, a pre­mere sul segre­ta­rio di Stato ame­ri­cano John Kerry per l’inserimento di un capi­tolo sull’energia (cioè car­bone, petro­lio e gas di sci­sto) nel Trat­tato tran­sa­tlan­tico sul com­mer­cio e gli inve­sti­menti (Ttip), nono­stante le moti­vate cri­ti­che degli ambien­ta­li­sti, pre­oc­cu­pati dell’abbassamento degli stan­dard ambien­tali dell’Ue. E, dopo le accuse agli affetti da Nimby e il pre­ten­zioso Sbloc­cai­ta­lia, solo un governo inef­fa­bile ha potuto pen­sare di tri­vel­lare fuori tempo mas­simo e di man­dare la poli­zia a cari­care mani­fe­stanti che pro­vano di essere non solo attenti all’ambiente ma ben com­pe­tenti in eco­no­mia e finanza!

Il futuro dell’energia è uscito ormai dai con­fini della geo­po­li­tica e della finanza tra­di­zio­nali e l’interesse della col­let­ti­vità si fa spa­zio, entrando in con­flitto con il com­puto eco­no­mico che si vor­rebbe imporre a qual­siasi costo.

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