Alexis, senza cravatta contro i poteri forti “Basta con gli oligarchi diamo dignità al popolo”

by redazione | 26 Gennaio 2015 8:41

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ATENE . Una cravatta per salvare la Grecia. In politica, a volte, bisogna saper far violenza a se stessi. E Alexis Tsipras, asso pigliatutto della notte elettorale di Atene, è pronto al sommo sacrificio. «Non l’ho mai messa, nemmeno per incontrare il Papa», scherzava la scorsa settimana con chi lo accusava di non averla mai indossata. Ora, per la salvezza di Atene, è pronto a tutto. «La speranza scrive la storia. È stata sconfitta la Grecia dell’élite e degli oligarchi. Ridiamo dignità al popolo», urla oggi dal palco del grande vincitore. I cambiamenti saranno tanti promette il leader di Syriza. Che dopo 20 anni in politica vissuti con l’ultimo bottone della camicia slacciato ha annunciato un altro grande passo. «Lo giuro — ha promesso solennemente — se la Troika mi taglia il debito, mi metterò la cravatta».
Senza cravatta, del resto, e con un bel girocollo bordeaux, è iniziato tutto: ottobre 1990, tv di stato greca Et1. Anna Panagioteria, la Bruno Vespa del Partenone, pianta gli occhi sull’imberbe 16enne seduto davanti a lei. «Cosa hai detto?». «Glielo ripeto: difenderemo i nostri diritti. E contro la folle riforma della scuola di Vassilis Kontogiannopoulos abbiamo il diritto di bigiare. Anche senza dirlo ai genitori». I tempi sono cambiati. La tv pubblica è stata chiusa, causa austerity. Alexis Tsipras non ha più il ciuffo alla Elvis Presley di allora. Il ragazzo del ‘90 però ha fatto parecchia strada. E archiviato il dossier Kontogiannopoulos — costretto a ritirare la sua legge, la Troika prenda nota — affronta da oggi il braccio di ferro, uno contro tutti, con i falchi del rigore che hanno messo in ginocchio la Grecia.
«Èl’uomo forte di cui il paese ha bisogno per trattare il taglio del debito», assicura Luciana Castellina, che lo conosce da anni. «È il primo leader della sinistra di una generazione che non ha paura del colpo di Stato ». Le date, in certi casi, sono simboli. Tsipras è nato quattro giorni dopo la fine della giunta dei Colonnelli. E ha percorso un gradino alla volta — con una determinazione che talvolta (dicono i detrattori) è sconfinato nel cinismo — il cursus honorum della carriera di partito. Dalle aule del liceo fino alla sfida con Angela Merkel. I militanti del Kke, il vecchio partito comunista greco, l’hanno notato per la prima volta nell’89 quando quindicenne arringava i compagni di liceo. «I greci quando discutono di politica urlano», ricorda Panos Papadopoulos, uno dei talent scout di allora. «Lui era calmo, articolato nell’argomentare le ragioni senza essere esibizionista». Affare fatto. Due anni dopo Tsipras è nel comitato dei 10 leader della rivolta al Politecnico (è laureato in ingegneria civile) dove conosce la moglie Betty Baziana, sposata in Comune. Due anime gemelle, al punto che lei non batte ciglio quando Alexis le propone di mettere come secondo nome al secondo figlio Ernesto, in onore del Che.
Tutti nascono incendiari. Il giovane Tsipras non fa eccezione. Nel 2001 si imbarca su un traghetto per Ancona, direzione G8 di Genova, in un viaggio pagato dall’Arci («allora i compagni di Atene erano senza soldi» ricorda Raffaella Bolini). Peccato il suo nome sia in bella evidenza in cima alla lista di 135 nomi segnalati come “facinorosi” dai servizi ellenici. Messaggio ricevuto. Allo sbarco Tsipras viene fermato a manganellate sul portellone della nave. E dopo un breve sit-in di protesta è rispedito a casa. Il vero salto di qualità della sua carriera politica scatta nel 2006. La sinistra greca si è già scissa enne-volte. E Alekos Alevanos, storico numero uno di Synapsismos, gioca la carta del 32enne Tsipras come sindaco di Atene. «È un modo per muovere la terra attorno alle nostre radici e farne crescere di nuove», spiega. Il neo-candidato batte i quartier con lo slogan «Ribaltiamo la città». E conquista il 10,5%, percentuale da sogno per un uomo della sinistra radicale.
La stella Tsipras inizia così a splendere. Lui si circonda di un gruppo di fedelissimi con cui inizia un lavoro certosino per mettere assieme le diverse anime della sua area politica. E nel 2009 — chi lo ritiene un raffinato e carismatico calcolatore non glielo ha mai perdonato — manda in onda il parricidio: c’è da nominare il numero uno di Syriza, il grande contenitore dove stanno confluendo le decine di partiti (Kke escluso) con falce e martello nel simbolo. Il grande favorito è Alevanos. Ma Alexis intuisce che è il suo momento. E ribaltando i pronostici grazie a un abile lavoro dietro le quinte riesce a prendere il controllo del partito.
Il resto è storia dei nostri giorni. In Grecia arriva la Troika. Syriza (4,9% di consensi nel 2009) fa da catalizzatore alla rabbia anti-austerity grazie all’energia del suo leader. Lui alza l’asticella degli obiettivi. Inizia a seguire corsi accelerati di inglese, toglie dall’anticamera del suo ufficio l’immagine un po’ sbiadita della Giornata della Gioventù cubana del 1997 sostituendola con un maxi quadro con due tori faccia a faccia («è il simbolo dello scontro in Europa di questi anni»). E i consensi salgono: sfiora la vittoria alle elezioni del 2012. E ora, oratoria di velluto in guanto di ferro, si prepara alla sfida finale. Contro la Merkel e la Troika sul fronte esterno. E contro le turbolenze endemiche di Syriza su quello interno. Ai suoi candidati ha fatto firmare un codice preciso: si dibatte in comitato centrale, ma in Parlamento si segue la linea della maggioranza. Chi non accetta deve mollare il seggio. «È solo un obbligo morale», minimizza l’anima più massimalista di Syriza. La storia insegna però che fermare il Caterpillar Tsipras non è facile. E i milioni di greci che l’hanno votato, dopo cinque anni lacrime e sangue, hanno solo un sogno: vederlo prima possibile con al collo una bella cravatta.
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