ROMA . Nel sangue di Parigi annega l’illusione che esista un angolo di Europa immune ai macellai del radicalismo islamico. E nelle ore complicate che seguono il massacro della redazione del Charlie Hebdo, nella prima identificazione dei componenti del commando stragista, accade che nella comunità degli apparati della sicurezza, torni a materializzarsi l’incubo dei foreign fighters agitato nelle decapitazioni rituali dell’Is e accreditato negli ultimi sei mesi dal lavoro dei Servizi segreti e dalle polizie di mezza Europa: «Porteremo la guerra nel cortile delle vostre case ».
Di più: accade che si assuma quale ragionevole certezza — come osserva una fonte qualificata della nostra Intelligence — che «i “ neri” torneranno a colpire». «Poco importa, poi, se rivendicando a sé il franchising del marchio di Al Qaeda o quello del Califfato di Al Baghdadi, o di Al Qaeda del Maghreb islamico». Anche se prevedere il dove, il come e il quando diventa esercizio ozioso, almeno in assenza di indicazioni concrete e specifiche della minaccia. Salvo non voler utilizzare come bussola quella che, già alla vigilia di ieri, collocava la Francia al vertice della piramide del rischio, subito sopra la Gran Bretagna e i Paesi scandinavi.
Del resto, se è vero che esiste uno «specifico francese» nella strage (a cominciare dalla scelta e dalla storia dell’obiettivo), è altrettanto vero che l’assalto di ieri parla a tutte le capitali europee per la “qualità” della minaccia che documenta. «Il commando — argomentano due diverse fonti della nostra Antiterrorismo — si è mosso dimostrando indubbie capacità paramilitari. Stavolta non hanno colpito nel mucchio. E dunque non è un caso che secondo le informazioni francesi dietro quei passamontagna neri si nascondessero cittadini francesi foreign fighters di rientro dal teatro di guerra Siriano-Iracheno, di cui per altro la Francia detiene il primato europeo. Insomma, per freddare un uomo a terra o per esplodere una raffica di 12 colpi sul parabrezza di un auto con un diametro della “rosa” non superiore a 25 centimetri, bisogna aver avuto in mano un kalashnikov per lungo tempo. Soprattutto, bisogna avere già ucciso ».
C’è dunque nella sua “militarizzazione”, nell’affinamento delle sue tecniche di morte, un oggettivo salto di qualità della minaccia “asimmetrica”, già di per sé esiziale con i suoi “lupi solitari” affamati di vendetta e capaci di auto-innescarsi. Ma c’è anche qualcosa di più. Il rischio che, in una spirale di vendetta incontrollabile, il sangue “cristiano” di Parigi chiami sangue “musulmano”. E non necessariamente in Francia, ma in altri angoli di Europa, dove è forte il radicamento delle destre nazionaliste e dei sentimenti anti-islamici. E’ la preoccupazione che si coglie nell’analisi di queste ore della nostra Intelligence. Non fosse altro per gli effetti che uno scenario di questo tipo produrrebbe. «Significherebbe consegnare in un colpo solo migliaia di musulmani tiepidi alla causa del radicalismo e accendere l’Europa di infiniti focolai di odio. Esattamente quel che cerca l’Is».
Anche per questo, per tutta la giornata di ieri, e almeno per quanto concerne la nostra dimensione “domestica”, sia Palazzo Chigi che il Viminale (dove il ministro dell’Interno ha riunito d’urgenza il Comitato di analisi strategica antiterrorismo), che lo stesso direttore del Dis, l’ambasciatore Giampiero Massolo, hanno fatto attenzione a restare in un sentiero stretto. Se infatti sono state annunciate (lo ha fatto Alfano) misure di protezione rafforzate soprattutto su potenziali obiettivi francesi nel nostro Paese (scuole, banche, linee aeree, aziende, istituti di cultura), è stato anche contestualmente ribadito che «la qualità della minaccia che riguarda l’Italia non è cambiata rispetto a due giorni fa». Che dunque il nostro essere «oggettivamente a rischio » – «il livello di allerta è elevatissimo », ha spiegato il ministro dell’Interno – non ha sin qui avuto alcun corollario in termini di «minaccia specifica». Il punto, insomma, resta quello della nostra oggettiva “esposizione” e dell’altrettanto oggettiva minaccia rappresentata appunto dai foreign fighters .
Un tema discusso ieri sera in consiglio dei Ministri subito dopo le indicazioni sul commando arrivate da Parigi. Con una consapevolezza, per dirla con le parole di una fonte qualificata di Palazzo Chigi: «Che contro questo tipo di terrorismo molecolare non c’è difesa possibile. A meno di non voler rinnegare la nostra natura di democrazie».