Si tratta di Aristidis Baltas e gode di un prestigio assoluto: filosofo althusseriano, è considerato uno dei maggiori pensatori marxisti in Grecia, proviene dall’Istituto Nikos Poulantzas (di cui è presidente) ed è noto per i suoi studi su Wittngstein, Derrida, Spinoza, Benjamin. Ad affiancarlo, come sottosegretari, ci saranno un noto giornalista, Nikos Xiolakis, responsabile delle pagine culturali del quotidiano Kathimerini, e Tassos Kourakis, un docente della Facoltà di Medicina di Salonicco sempre in presente alle manifestazioni contro l’austerità e nelle lotte sociali (in particolare quella contro l’estrazione dell’oro nella penisola Calcidica).
Un segnale meno simbolico è invece arrivato dal primo consiglio dei ministri. Al termine Panaiotis Lafazanis, un matematico che abbandonò il Kke nel ’91 quando i «rinnovatori» persero la battaglia contro gli «ortodossi» e leader della corrente di sinistra di Syriza, Aristeria Platforma (Piattaforma di sinistra), che Tsipras messo alla testa del superministero alla Riorganizzazione produttiva, all’Ambiente e all’Energia, ha annunciato il blocco della privatizzazione del porto del Pireo. I portuali avranno anche un sottosegretario a loro molto vicino. Si tratta di Thodoris Dritsas: pireota doc, impiegato nella farmacia di famiglia, durante la dittatura militava in un gruppo denominato «Rivoluzione socialista» ed è tra i fondatori di Syriza. Di lui si ricordano le manganellate prese dalla polizia italiana al porto di Bari nel luglio 2001, quando la nave degli anti-G8 diretti a Genova fu respinta in Grecia.
Nel suo primo giorno di lavoro il ministro delle Finanze Yannis Varoufakis, economista di fama internazionale, ha incontrato davanti al ministero le donne delle pulizie che da un anno e mezzo chiedono di essere reintegrate, divenute un simbolo della lotta contro l’austerità. «Taglieremo le spese al ministero e le riassumeremo», ha promesso loro. Ma Varoufakis non rimarrà da solo ad affrontare i nodi principali che il governo dovrà sciogliere: la rinegoziazione del debito e la soluzione dei gravissimi problemi sociali causati dalla crisi.
Per questo Tsipras ha predisposto una vera e propria linea di fuoco.
A coordinarla ci sarà il vicepresidente del Consiglio Yannis Dragasakis, un altro personaggio di assoluto spessore. Economista, già ministro dell’Economia nel governo di unità nazionale del 1989, fino al ’91 esponente di spicco del Kke, che abbandonò quando perse la segreteria per appena quattro voti (57 a 53), Dragasakis è considerato l’ispiratore della politica economica di Syriza. Il terzo esponente della troika di Tsipras è Yorgos Stafakis. Il neotitolare dell’Economia proviene da una famiglia dell’alta borghesia, è un pupillo di Dragasakis dai tempi del Kke (all’epoca era nel Kne, i Giovani comunisti), ma nel tempo si è spostato su posizioni riformiste, suscitando anche mugugni per alcune esternazioni, come quando affermò che il «debito odioso» dei greci, vale a dire quello provocato dalla speculazione finanziaria, non supera il 5 per cento. Tsipras l’ha voluto al governo per le sue posizioni fermamente contrarie al ritorno alla dracma e perché è considerato un profondo conoscitore dell’economia reale.
Al terzetto di economisti il neopremier ha affiancato due sottosegretari che rispondono direttamente a lui: quello alle Relazioni economiche internazionali, affidato a Euclide Thakalotos, un rappresentante del partito degli «inglesi» (si è laureato a Oxford e ha insegnato a Cambridge, mentre Varoufakis si è formato nell’Università dell’Essex così come la Governatrice dell’Attica Rena Dourou, braccio destro di Tsipras, e il deputato di Corfù Fotini Vaki), e l’altro agli Affari europei, messo nelle mani di Nikos Kundos, un eurodeputato dell’ala comunista di Syriza, noto per il suo attivismo a Bruxelles (di lui si contano 300 interventi e un migliaio di interrogazioni, anche su argomenti molto scottanti come quello della svendita dell’aeroporto di Atene e sul caso Siemens).
Thakalotos, formatosi nei giovani laburisti inglesi, è invece un keynesiano puro. Ottimo conoscitore di Gramsci, sostenitore del commercio equo e solidale, è convinto che il debito della Grecia non sia sostenibile e che la ricetta per l’uscita dalla crisi abbia un solo nome: socialdemocrazia.
Il secondo pilastro del governo, dopo l’economia, è quello sociale. Alla testa troviamo Nikos Voutzis, a capo del secondo superministero (dopo l’Economia): agli Interni e alla riorganizzazione dell’amministrazione statale. Voutzis, proveniente dal Partito comunista dell’interno ed ex capo della segreteria politica di Syriza, sarà affiancato da un ministro ad hoc per la lotta alla corruzione, l’ex magistrato (dalla fama di duro) Panaiotis Nicoloudis, un indipendente voluto direttamente da Tsipras. Prima promessa: la chiusura delle carceri speciali. Contemporaneamente la sua viceministra con delega all’Immigrazione, Tasia Christodoulopoulou, si è impegnata a dare la cittadinanza a tutti i figli degli immigrati nati in Grecia.
Tralasciando le concessioni all’Anel (l’istrionico e discusso segretario Panos Kammenos alla Difesa, un sottosegretario con delega alla Macedonia e un’ex campionessa di salto in alto e 100 metri a ostacoli che la Cnn nel ’91 scelse tra le migliori dieci modelle al mondo alla quale è stata affidata la delega al Turismo), il terzo pilastro del governo Tsipras sarà il lavoro. Tra i primissimi provvedimenti ci saranno il ritorno alla contrattazione collettiva e l’aumento del salario minimo a 751 euro. Anche qui la squadra messa in campo è di tutto rispetto. Il nuovo ministro, Panos Skouletis, è stato per anni responsabile della comunicazione di Syriza. Sarà affiancato da Teano Fotiou (con delega alla Solidarietà sociale), una docente di Architettura al Politecnico attiva in Solidarity4all, la rete che gestisce gli ambulatori e le mense sociali, e da Mania Antonopoulou (con delega specifica per la lotta alla disoccupazione). Docente alla New York University e al Bard College, consigliere all’Onu sui temi dell’uguaglianza di genere, Antonopoulou è definita “la signora dei 300 mila posti di lavoro” per aver criticato duramente i fondi europei per la riqualificazione professionale (poiché, ha sostenuto, il problema in questo momento è l’assenza di offerta di lavoro), e per aver teorizzato, in uno studio per il Levy Institute, il ruolo dello Stato come datore di lavoro di ultima istanza per garantire la piena occupazione. Ora è chiamata a metterlo in pratica.