Un vento nuovo

Un vento nuovo

Loading

Hanno spiaz­zato il governo, con uno scio­pero riu­scito e 54 mani­fe­sta­zioni pro­mosse in tutta Ita­lia dal tan­dem ine­dito Cgil-Uil, con la par­te­ci­pa­zione di tanti stu­denti e pre­cari. Così è stato chiaro a tutti che solo il pre­si­dio dei lavo­ra­tori difende la demo­cra­zia. Pro­prio nell’anniversario infau­sto del 12 dicem­bre ’69, la data che avviò la lunga scia di san­gue delle stragi di stato. Anche sta­volta ten­sioni e pro­vo­ca­zioni non sono man­cate, né scon­tri e fron­teg­gia­menti con la poli­zia, che quasi ovun­que hanno creato un clima inti­mi­da­to­rio con­tro un diritto: quello di scio­pe­rare e mani­fe­stare. Un clima anti­ci­pato dal dik­tat — rien­trato solo per la dura rispo­sta della Cgil — del governo di centrosinistra-centrodestra, con il mini­stro Lupi (pic­colo Scelba) che ha pen­sato bene di annun­ciare la pre­cet­ta­zione dei fer­ro­vieri. Pre­cet­ta­zione vuol dire che dal lavo­ra­tore che vuole scio­pe­rare si pre­sen­tano i cara­bi­nieri. E, bontà sua, dalla Tur­chia, il pre­si­dente del con­si­glio Mat­teo Renzi ha rico­no­sciuto che lo scio­pero è «un diritto costi­tu­zio­nale». Cose tur­che, dav­vero. Senza dimen­ti­care che alla vigi­lia dello scio­pero gene­rale, la mini­stra della difesa Pinotti, spon­sor il Pen­ta­gono, ha annun­ciato la svolta della crisi ita­liana: il «polo ita­liano degli F35 a Cameri per tutta l’Europa». Ecco il nuovo modello di svi­luppo per il Bel­paese: la guerra. Per­ché l’Italia alla fine com­prerà 90 F-35 spen­dendo 13 miliardi di euro. Men­tre taglia salari, scuola e sanità.

Forse il governo Renzi non ha capito che il vento è cam­biato. Dalla gran­diosa mani­fe­sta­zione della Cgil del 25 otto­bre è sul campo una nuova forza «milio­na­ria»: milioni di donne e uomini, non un par­tito ma un grande movi­mento, che dice «basta». Come ieri hanno ripe­tuto nei loro comizi Lan­dini, Camusso e Bar­ba­gallo. Un movi­mento che manda a dire ai gover­nanti, la cui distanza con i gover­nati è diven­tata abis­sale, che senza i lavo­ra­tori e con­tro i lavo­ra­tori non si governa, né si assu­mono i nodi della crisi. Ma que­sto governo forse ha capito troppo bene. E infatti con­si­dera le orga­niz­za­zioni padro­nali come il sog­getto pro­gres­sivo della «cre­scita» basata, dice il Jobs Act, su costi insop­por­ta­bili, l’aumento della pre­ca­rietà, della disoc­cu­pa­zione, della povertà e delle dise­gua­glianze. E ieri, 12 dicem­bre, que­sto nuovo sog­getto poli­tico di movi­mento ha scio­pe­rato ed è sceso in piazza a ricor­dare a tutti noi che la demo­cra­zia si difende e si rav­viva con l’esercizio dei diritti con­qui­stati. Per­ché la demo­cra­zia non sta nei com­pu­ter e nei mega­schermi della Leo­polda ma nell’abisso delle fab­bri­che chiuse, negli occhi dei gio­vani senza futuro, nel buio delle peri­fe­rie abban­do­nate a mani­poli di corrotti.



Related Articles

Via libera definitivo Ma Grilli si prepara a graziare le banche

Loading

Ha avuto un cammino molto tormentato ma il decreto liberalizzazioni è legge. Con 365 sì e 61 no (contrari solo Idv e Lega) la camera ha dato il via libera definitivo alle misure varate dal governo a fine gennaio. 

Diseguaglianze, una Coalizione contro la povertà

Loading

La Coa­li­zione Ita­liana per la lotta alla Povertà ha pro­mosso per il 9 set­tem­bre a Roma una gior­nata di discus­sione sul tema della Equità e della Soste­ni­bi­lità

L’ECONOMIA CRITICA IN PROGRAMMA

Loading

Che fine hanno fatto gli economisti di sinistra? Qualcosa del genere qualcuno si chiedeva sul manifesto di qualche secolo fa. Nonostante il grande sforzo profuso in questi anni sul web, in e-book (come «Oltre l’austerità ») e assemblee, il loro impatto sui programmi elettorali delle formazioni della sinistra appare assai lieve.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment