Tu che sei par­tita Iva scioperi?

by redazione | 12 Dicembre 2014 8:27

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E tu che sei par­tita Iva oggi scio­peri? Per chi è un lavo­ra­tore auto­nomo, vive nella zona gri­gia tra la micro-impresa e le coo­pe­ra­tive, o alterna periodi di lavoro ad altri di non lavoro, la domanda non si pone. Nel lavoro auto­nomo, e nella pre­ca­rietà, que­sto è un diritto sco­no­sciuto. Si ade­ri­sce per motivi ideali, forse, ma per chi lo fa que­sto signi­fica lavo­rare il dop­pio domani. I motivi per pro­te­stare tut­ta­via ci sono. La cam­pa­gna «non siamo i ban­co­mat del governo», pro­mossa da Acta, Alta par­te­ci­pa­zione e Con­fas­so­cia­zioni con­tro l’aumento al 29,72% delle ali­quote pre­vi­den­ziali della gestione sepa­rata dell’Inps (arri­verà al 33,72% nel 2019) ha spo­po­lato in rete. Ha unito una fascia rap­pre­sen­ta­tiva di cowo­kers da Milano a Palermo, men­tre un «twee­tstorm» ha fatto bal­zare l’hashtag #sia­mo­rotti al primo posto nel twit­ter poli­tico italiano.

Il governo Renzi, quello 2.0 attento a start up e nuove tec­no­lo­gie, ha pre­pa­rato un trap­po­lone per free­lance e lavo­ra­tori della cono­scenza: in cot­tura nella legge di sta­bi­lità non c’è solo l’aumento dell’Inps, ere­dità della pes­sima riforma For­nero, ma anche quella dei regimi dei minimi che tri­pli­cherà le tasse per le par­tite Iva under 35. Per Salvo Bar­rano, pre­si­dente dell’associazione nazio­nale archeo­logi (Ana), una delle realtà più evo­lute nel pano­rama del quinto stato, «tutti hanno il dovere di ade­rire allo scio­pero, anche se non pos­sono farlo nella maniera tra­di­zio­nale di un lavo­ra­tore subor­di­nato. Signi­fica dare un segnale dalla parte delle per­sone, più che da quella dei lavo­ra­tori, visto che i sin­da­cati inten­dono solo quelli dipen­denti. In più la Cgil ha final­mente rece­pito alcune nostre istanze, i con­gedi paren­tali e inden­nità di malat­tia anche per gli auto­nomi, oltre al blocco dell’Inps che anche quest’anno rischia di cadere come un maci­gno sotto l’albero di natale».

«Scio­pero per gli auto­nomi resta una parola buffa – sostiene Bar­bara Imber­gamo, ricer­ca­trice free­lance a Firenze e socia di Acta – È la cosa più dif­fi­cile di tutte da orga­niz­zare tra noi. Le per­sone sono disa­bi­tuate a pen­sare che difen­dere i pro­pri diritti sia una cosa “cool”. Scio­pero per le par­tite Iva è da sfi­gati e non si fa. Se vedo però che nel Jobs Act non c’è nulla per noi e, anzi, si pensa di peg­gio­rare l’esistenza penso che biso­gna lan­ciare il cuore oltre l’ostacolo e tro­vare nuove forme di mobi­li­ta­zione oltre le nostre con­di­zioni pro­fes­sio­nali spe­ci­fi­che». Tra auto­nomi e Corso Ita­lia i rap­porti non sono stati sem­pre dei migliori. «Serve un cam­bia­mento cul­tu­rale pro­fondo — aggiunge Imber­gamo — Loro ci vor­reb­bero tutti lavo­ra­tori dipen­denti. Io ho dieci com­mit­tenti in un anno come farei a farmi assu­mere da tutti?» Tut­ta­via qual­cosa sta cam­biando nel sin­da­cato: «La Cgil ha espresso posi­zioni più chiare del solito. Ha anche accet­tato l’estensione del Wel­fare nella cam­pa­gna “X tutti”». Quanto al pro­blema dei pro­blemi — come fa a scio­pe­rare chi non può scio­pe­rare — la free­lance fio­ren­tina sostiene: «Per­so­nal­mente mi inte­res­sano le moda­lità dello scio­pero sociale del 14 novem­bre. L’obiettivo dovrebbe essere il red­dito minimo per tutti e un wel­fare inclu­sivo sulla base del red­dito e non del contratto».

Al cen­tro di que­sto lavoro, che spinge alcuni a par­lare di un «modello toscano», c’è la Con­sulta nazio­nale delle pro­fes­sioni Cgil che da anni cerca di favo­rire i rap­porti con mondi un tempo sco­no­sciuti per il sin­da­cato del lavoro dipen­dente e dei pen­sio­nati. A Firenze ha creato un dia­logo con le asso­cia­zioni delle par­tite Iva. Uno dei par­te­ci­panti è Leo­nardo Croatto, fun­zio­na­rio Flc-Cgil. Di sé rac­conta il lungo periodo in cui ha lavo­rato da free­lance: «Ho attra­ver­sato le tra­sfor­ma­zioni del lavoro, soprat­tutto cogni­tivo, oggi la metà di miei amici sono auto­nomi – afferma – Negli ultimi mesi sto osser­vando una tra­sfor­ma­zione nella Cgil su que­sti temi. Il sin­da­cato sba­glia quando si butta su un tema senza i dovuti pas­saggi con i lavo­ra­tori. Quando invece c’è la par­te­ci­pa­zione si può arri­vare ad una riven­di­ca­zione comune al di là delle forme contrattuali».

Come si costrui­sce una soli­da­rietà tra chi non ha il sin­da­cato e chi ce l’ha? «Una Rsu non può essere solo di quella che l’hanno eletta, ma dev’essere il punto di rife­ri­mento per chiun­que sta den­tro un’azienda in qual­siasi modo e con qual­siasi forma con­trat­tuale – risponde Croatto — Vale per gli appalti, per gli inte­ri­nali, non solo per i pre­cari in senso stretto. Se si vuole costruire un fronte ampio, i deboli devono essere tute­lati con mag­giore forza rispetto agli altri. Altri­menti si gioca ai dieci pic­coli indiani».

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