La tortura male assoluto, va bandita per sempre

La tortura male assoluto, va bandita per sempre

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Pro­prio in quell’ultima audi­zione – ero al ter­mine del mio man­dato – avevo pun­tato l’attenzione sulle derive che sta­vano facendo sci­vo­lare la cul­tura giu­ri­dica e ancor più le opi­nioni cor­renti verso un’implicita accet­ta­zione di pos­si­bili pra­ti­che “forti”, in nome della tutela della sicu­rezza con­tro un nemico esterno, in grado di aggre­dire con il suo stesso esi­stere quella che si pre­sen­tava come realtà demo­cra­tica del nostro consesso.

Derive cul­tu­rali nel pen­siero di alcuni pena­li­sti for­mal­mente demo­cra­tici d’Oltreoceano che avan­za­vano la neces­sità di rego­la­men­tare tali pra­ti­che – quindi di accet­tarle come mezzi dispo­ni­bili – al fine di con­trol­lare che non debor­das­sero oltre un certo limite o che soste­ne­vano che alcuni divieti asso­luti, quale è quello rela­tivo alla tor­tura, non fos­sero ade­guati al nuovo con­te­sto di lotta al ter­ro­ri­smo internazionale.

Ma, anche derive pra­ti­che che erano apparse a tutti nelle molte imma­gini entrate nelle case all’ora di cena con noti­ziari che da un lato face­vano sì che nes­suno potesse più dire di non sapere dall’altro impli­ci­ta­mente crea­vano una pro­gres­siva assue­fa­zione all’orrore.

Infine, derive isti­tu­zio­nali che ave­vano por­tato il Pre­si­dente di quella che più volte viene defi­nita come “la più grande demo­cra­zia” a defi­nire il water­boar­ding una sem­plice tec­nica di inter­ro­ga­to­rio e non già una forma di tor­tura e ave­vano por­tato alcuni suoi con­si­glieri – memo­ra­bile un tale John Yoo che aveva dato, appunto, con­si­gli a un altret­tanto memo­ra­bile mini­stro della giu­sti­zia, Gon­za­les – a soste­nere che la forza del paese non sarebbe stata messa in crisi « da coloro che adot­tano una stra­te­gia del debole usando fori inter­na­zio­nali, pro­ce­di­menti giu­di­ziali e il ter­ro­ri­smo»: fori inter­na­zio­nali quindi quasi come una variante della stra­te­gia terrorista.

In quel con­te­sto dissi che l’Europa avrebbe potuto riaf­fer­mare il senso del suo essersi ritro­vata attorno a una Con­ven­zione per i diritti umani sin dai primi anni dopo le tra­ge­die del secolo scorso, solo ponendo con chia­rezza il pro­prio rifiuto di ciò che la posi­zione del pre­si­dente degli Stati Uniti aveva espresso in quel suo negare la sostanza delle pra­ti­che che in que­gli inter­ro­ga­tori e in quelle deten­zioni erano avve­nute e avvenivano.

E che per far que­sto l’Europa doveva tagliare con quelle forme di acquie­scenza, espresse dalla ripe­tuta chiu­sura dei pro­pri occhi su voli non ben iden­ti­fi­cati nei pro­pri cieli, con tra­sfe­ri­menti di per­sone verso luo­ghi oscuri d’interrogatorio, sull’assistenza a essi accor­data, quan­tun­que negata, sull’implicito appog­gio a quel pen­siero che poneva un’ipotetica ragione di stato al di sopra dei più ele­men­tari diritti di ogni per­sona: quello a non essere torturato.

Ma, poteva farlo solo inter­rom­pendo anche la catena d’impunità che spesso rende impos­si­bili all’interno dei sin­goli paesi l’accertamento effet­tivo e l’adeguata san­zione dei respon­sa­bili nei casi di mal­trat­ta­mento grave o tor­tura di una per­sona pri­vata della libertà: que­sto anche in paesi che for­mal­mente pre­ve­dono il reato di tor­tura nel loro ordi­na­mento, ben di più in quelli, quale il nostro, che con­ti­nuano a non prevederlo.

Fui ripreso al ter­mine della mia rela­zione dal rap­pre­sen­tante diplo­ma­tico degli Stati Uniti – pre­sente avendo tale paese lo sta­tus di osser­va­tore nel Con­si­glio d’Europa – per la mia accusa al pre­si­dente di una grande demo­cra­zia; accusa a suo dire non fon­data su fatti provati.

Ora il pre­si­dente Obama ha tro­vato il corag­gio, alla vigi­lia di una data sim­bo­lica, di riscat­tare quell’omertà accon­di­scen­dente che cir­con­dava il potere sta­tu­ni­tense in que­gli anni.

La tor­tura esce dalla sua con­no­ta­zione di indi­ci­bi­lità, di pra­tica incon­fes­sa­bile; diviene parola pro­nun­ciata che indica una pra­tica che si è rea­liz­zata e può rea­liz­zarsi di nuovo.

Nel frat­tempo, noi ancora ci tra­stul­liamo a discet­tare su come intro­durre da qual­che por­ti­cina di ser­vi­zio il reato di tor­tura nel nostro codice, nel modo più indo­lore pos­si­bile, non capendo quanto offen­siva sia indi­ret­ta­mente tale cau­tela per tutti coloro che all’interno delle forze dell’ordine svol­gono il pro­prio ruolo con cor­ret­tezza e coscienza dei pro­pri compiti.

* l’autore è l’ex pre­si­dente del Comi­tato con­tro la tor­tura del Con­si­glio d’Europa (Cpt)



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