Sugli ovuli non fecondati si possono fare brevetti

by redazione | 19 Dicembre 2014 11:31

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BRUXELLES Un ovulo umano non fecondato non è un uomo, non potrà esserlo mai, né potrà mai essere assimilato a un embrione, anche se ha iniziato a svilupparsi in laboratorio grazie alla partenogenesi, cioé a quelle tecniche chimiche ed elettriche che non prevedono il ricorso agli spermatozoi: questo ha sentenziato ieri la Corte di giustizia europea. E soprattutto ha decretato un’altra cosa: che quello stesso ovulo (o «partenote», come viene appunto chiamato nel caso di una partenogenesi), non avendo la potenzialità di uno sviluppo umano, può essere «in linea di principio “brevettato” da un’azienda», comprato, venduto, usato per sperimentazioni nella ricerca sulle malattie, insomma può diventare oggetto di sfruttamento scientifico, commerciale o industriale.
I giudici si sono mossi sul confine del mistero, lo stesso mistero che nel 2011 li aveva indotti a sentenziare nel senso esattamente opposto: a dichiarare cioè che la nozione di «embrione umano» comprende gli ovuli umani non fecondati spinti a dividersi e a svilupparsi attraverso la partenogenesi. E che questi stessi ovuli, perciò, devono essere protetti secondo la normativa europea che difende i prodotti di invenzioni biotecnologiche: niente brevetti, niente compravendite, niente ricerche sperimentali. Tre anni dopo, ecco il «contraccolpo», che sembra aprire un po’ di più la porta anche alle indagini sulle cellule staminali, alla ricerca chimico-farmaceutica sulla tossicità di certi prodotti nell’organismo umano (il partenote funge in sostanza da cavia), e forse ad altre ricerche più riservate nel campo dell’industria cosmetica, di cui si è sempre vociferato.
La sentenza di ieri tocca ancora una volta il nucleo primario della vita biologica, riguarda anche temi di etica, filosofia, religione, e già divide i ricercatori: tutti, «laici» e no, concordano sul fatto scontato che termini come ovulo non fecondato, partenogenesi, partenote, indicano che un certo organismo esiste biologicamente, ma quella sua esistenza non deriva dall’unione del principio femminile e maschile. I ricercatori che si riconoscono nell’etica cristiana protestano: «È abnorme brevettare qualcosa che deriva dalla manipolazione del corpo umano», dice Francesco D’Agostino, presidente emerito del Comitato nazionale per la Bioetica.
Già indecisa a tutto sui temi politico-economici, per forza di cose l’Europa lo è ancora di più su questi temi etici e scientifici. Quest’ultima sentenza, dice per esempio il genetista Giuseppe Novelli rettore dell’Università Tor Vergata di Roma, «teoricamente rischia di incrementare il commercio illegale di ovociti. Ora su quanto sentenziato dalla Corte europea di giustizia potrà pronunciarsi ogni Stato membro, che dovrà recepirne il pronunciamento». E a quel punto, «ogni nazione potrà definire le sue condizioni: il problema è giuridico, non scientifico, ed è stato sollevato nel 2011, con la prima sentenza che vietava la possibilità di brevettare le cellule staminali». Nel frattempo, spiega ancora il genetista, «un’azienda inglese che conduceva esperimenti sulla clonazione di cellule a scopo scientifico ha posto la questione: tecnicamente, infatti, un ovocita non fecondato non potrà mai diventare embrione e quindi sarebbe brevettabile. Il problema è stato posto all’Europa che ora si è espressa». Unico problema: «Si tratta di una sentenza generica».
Luigi Offeddu
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