La strana coppia Cgil-Uil sarà un successo se lo scio­pero generale riunirà il lavoro

by redazione | 11 Dicembre 2014 9:41

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Il governo Rumor cadde per uno scio­pero gene­rale, erano i primi anni set­tanta». A più di quarant’anni di distanza per la prima volta nella sto­ria lo scio­pero gene­rale domani lo ter­ranno Cgil e Uil. Chi meglio di Gior­gio Ben­ve­nuto, segre­ta­rio gene­rale della Uilm dal 1969 al ’75 e poi della Uil dal ’76 al ’92, può valu­tare la situa­zione?

Ben­ve­nuto, lo avrebbe mai detto? Cgil e Uil assieme, Cisl iso­lata.
Io sono stato for­tu­nato per­ché da segre­ta­rio ho vis­suto solo scio­peri gene­rali uni­tari. Anche al tempo della divi­sione sulla scala mobile nel 1984 la Cgil decise per una mani­fe­sta­zione e non uno scio­pero uni­ta­rio: a quel tempo c’era una sorta di bon ton. Fac­cio fatica a capire per­ché lo scio­pero di venerdì non sia uni­ta­rio: le posi­zioni di Cgil, Cisl e Uil sul con­tratto dei dipen­denti pub­blici, sul Jobs act e soprat­tutto sull’atteggiamento del governo sono simili. Comun­que mi ricordo che nel 1966 la Fim Cisl di Maca­rio e Car­niti fece scio­pero da sola men­tre noi e la Fiom era­vamo pronti a fir­mare il con­tratto nazio­nale dei metal­mec­ca­nici. Nella vita sin­da­cale a volte si veri­fi­cano fatti ecce­zio­nali.
Que­sta volta al posto di Rumor c’è Renzi…
Nes­suno mette in discus­sione la sua voglia di cam­biare e di fare in fretta, ma vivad­dio non è pos­si­bile che il governo metta le dita negli occhi al sin­da­cato, non voglia con­fron­tarsi e anzi invada i campi di per­ti­nenza della con­trat­ta­zione fra parti sociali come lo Sta­tuto dei lavo­ra­tori. L’atteggiamento di Renzi è auto­le­sio­ni­stico, mi sem­bra di sen­tire le grida man­zo­niane quando twitta i suoi annunci e spera di creare lavoro per decreto. Lui fa il rot­ta­ma­tore, ma noi già negli anni ’80 ave­vamo rot­ta­mato il pre­giu­di­zio che il sin­da­cato fosse la causa di tutti i mali, fosse ever­sivo, distrug­gesse l’economia. Renzi dice di voler cam­biare, ma in realtà ripro­pone uno ste­reo­tipo antico.
Ecco, Ben­ve­nuto, lei è stato par­la­men­tare dell’Ulivo. Molti suoi ex col­le­ghi — Epi­fani, Damiano, Vale­ria Fedeli — hanno votato il Jobs act con­te­stato dai sin­da­cati. Lei cosa avrebbe fatto?
Sull’articolo 18 Renzi ha dovuto mostrare lo scalpo alla Mer­kel. Ha cam­biato idea ma dando ragione ai fal­chi e non tenendo in con­si­de­ra­zione le idee della sini­stra del Pd. Se fossi stato ancora par­la­men­tare avrei fatto di tutto per non arri­vare a que­sta fase, avrei fatto una bat­ta­glia mag­giore, non mi sarei fatto met­tere spalle al muro. Stimo le per­sone citate, ma credo abbiamo otte­nuto poco: in que­sta discus­sione e nell’iter par­la­men­tare hanno con­tato più le pres­sioni esterne che quelle interne al Pd.
Tor­niamo allo scio­pero gene­rale. Molti lo con­si­de­rano uno stru­mento ormai spun­tato, da secolo scorso e senza appeal per i gio­vani.
È una vec­chia discus­sione a sini­stra. È il sin­da­cato che deve fare di tutto per­ché lo scio­pero sia real­mente gene­rale. Per atti­rare i gio­vani biso­gna tro­vare altri stru­menti di mobi­li­ta­zione. Noi ad esem­pio deci­demmo di cam­biare il Primo mag­gio quando capimmo che a piazza San Gio­vanni non veni­vano più e ci inven­tammo la for­mula del con­certo. Ser­vi­rebbe la capa­cità crea­tiva, il fer­mento dell’autunno caldo del ’69 quando andammo nelle sta­zioni, nelle scuole e uni­ver­sità. Ora il sin­da­cato ha troppe rughe, va rifon­dato, deve ritro­vare con­senso, uni­fi­care, creare soli­da­rietà.
Que­sto scio­pero è por­tato avanti da una strana cop­pia: Camusso-Barbagallo. Cosa pensa del nuovo 67enne lea­der Uil?
Non biso­gna cadere nella trap­pola ana­gra­fica. Bar­ba­gallo lo cono­sco dai tempi della Flm, lo vedo bene per­ché è un auto­di­datta. Un ope­raio che ha stu­diato per riscatto: i migliori che ho incon­trato nella mia car­riera.
E lo scio­pero di venerdì por­terà risul­tati? Il governo Renzi sarà costretto ad aprire il con­fronto con il sin­da­cato?
È stata fatta una buona pre­pa­ra­zione e penso otterrà risul­tati. Ma il cam­mino del sin­da­cato è molto in salita. Biso­gna recu­pe­rare l’unità, far cam­biare idea non solo al governo, ma ai par­titi che si ispi­rano al lavoro: sono troppo insof­fe­renti verso il sin­da­cato. Siamo ad una gestione di ver­tice, ari­sto­cra­tica del potere. L’Italia è invece un paese com­pli­cato. Renzi se ne accor­gerà presto.

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