Benvenuto, lo avrebbe mai detto? Cgil e Uil assieme, Cisl isolata.
Io sono stato fortunato perché da segretario ho vissuto solo scioperi generali unitari. Anche al tempo della divisione sulla scala mobile nel 1984 la Cgil decise per una manifestazione e non uno sciopero unitario: a quel tempo c’era una sorta di bon ton. Faccio fatica a capire perché lo sciopero di venerdì non sia unitario: le posizioni di Cgil, Cisl e Uil sul contratto dei dipendenti pubblici, sul Jobs act e soprattutto sull’atteggiamento del governo sono simili. Comunque mi ricordo che nel 1966 la Fim Cisl di Macario e Carniti fece sciopero da sola mentre noi e la Fiom eravamo pronti a firmare il contratto nazionale dei metalmeccanici. Nella vita sindacale a volte si verificano fatti eccezionali.
Questa volta al posto di Rumor c’è Renzi…
Nessuno mette in discussione la sua voglia di cambiare e di fare in fretta, ma vivaddio non è possibile che il governo metta le dita negli occhi al sindacato, non voglia confrontarsi e anzi invada i campi di pertinenza della contrattazione fra parti sociali come lo Statuto dei lavoratori. L’atteggiamento di Renzi è autolesionistico, mi sembra di sentire le grida manzoniane quando twitta i suoi annunci e spera di creare lavoro per decreto. Lui fa il rottamatore, ma noi già negli anni ’80 avevamo rottamato il pregiudizio che il sindacato fosse la causa di tutti i mali, fosse eversivo, distruggesse l’economia. Renzi dice di voler cambiare, ma in realtà ripropone uno stereotipo antico.
Ecco, Benvenuto, lei è stato parlamentare dell’Ulivo. Molti suoi ex colleghi — Epifani, Damiano, Valeria Fedeli — hanno votato il Jobs act contestato dai sindacati. Lei cosa avrebbe fatto?
Sull’articolo 18 Renzi ha dovuto mostrare lo scalpo alla Merkel. Ha cambiato idea ma dando ragione ai falchi e non tenendo in considerazione le idee della sinistra del Pd. Se fossi stato ancora parlamentare avrei fatto di tutto per non arrivare a questa fase, avrei fatto una battaglia maggiore, non mi sarei fatto mettere spalle al muro. Stimo le persone citate, ma credo abbiamo ottenuto poco: in questa discussione e nell’iter parlamentare hanno contato più le pressioni esterne che quelle interne al Pd.
Torniamo allo sciopero generale. Molti lo considerano uno strumento ormai spuntato, da secolo scorso e senza appeal per i giovani.
È una vecchia discussione a sinistra. È il sindacato che deve fare di tutto perché lo sciopero sia realmente generale. Per attirare i giovani bisogna trovare altri strumenti di mobilitazione. Noi ad esempio decidemmo di cambiare il Primo maggio quando capimmo che a piazza San Giovanni non venivano più e ci inventammo la formula del concerto. Servirebbe la capacità creativa, il fermento dell’autunno caldo del ’69 quando andammo nelle stazioni, nelle scuole e università. Ora il sindacato ha troppe rughe, va rifondato, deve ritrovare consenso, unificare, creare solidarietà.
Questo sciopero è portato avanti da una strana coppia: Camusso-Barbagallo. Cosa pensa del nuovo 67enne leader Uil?
Non bisogna cadere nella trappola anagrafica. Barbagallo lo conosco dai tempi della Flm, lo vedo bene perché è un autodidatta. Un operaio che ha studiato per riscatto: i migliori che ho incontrato nella mia carriera.
E lo sciopero di venerdì porterà risultati? Il governo Renzi sarà costretto ad aprire il confronto con il sindacato?
È stata fatta una buona preparazione e penso otterrà risultati. Ma il cammino del sindacato è molto in salita. Bisogna recuperare l’unità, far cambiare idea non solo al governo, ma ai partiti che si ispirano al lavoro: sono troppo insofferenti verso il sindacato. Siamo ad una gestione di vertice, aristocratica del potere. L’Italia è invece un paese complicato. Renzi se ne accorgerà presto.