Riforme, il blitz delle minoranze

by redazione | 11 Dicembre 2014 11:16

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ROMA Il governo inciampa sull’articolo 2 della riforma costituzionale, andando sotto sull’emendamento Lauricella della minoranza Pd che cancella i 5 senatori a vita e riapre i giochi sulla composizione del Senato, ma rilancia subito su una legge elettorale «pronta per l’uso»: il Mattarellum con i collegi uninominali e il 25% proporzionale, prevedendo anche un «election day» a maggio del 2015. Insomma Matteo Renzi sventola sotto il naso di chi vorrebbe fermare il «treno delle riforme» («Pensano di intimidirci ma non mi conoscono») la data in cui si potrebbe votare per 7 regioni, 1.000 comuni e, perché no, anche per le politiche col vecchio sistema dei collegi uninominali in attesa che il nascituro Italicum entri in vigore il primo gennaio 2016. 
Il messaggio sul voto anticipato indirizzato a minoranza dem, alleati di governo e FI ha dunque avuto un seguito con gli emendamenti presentati al Senato dai «renziani» Collina, Marcucci, Verducci e Mirabelli al testo dell’Italicum e alla legge di Stabilità in discussione in commissione. La prossima settimana, dunque, si voteranno la proposta di tornare al Mattarellum nel periodo transitorio (senza scorporo e con candidature alternate per genere) e forse anche quella che istituisce con la finanziaria l’«election day» nel 2015.
Il clima che si respira sulla legge elettorale — 10.500 emendamenti della Lega — ha subito aperto un varco fastidioso per il governo in commissione Affari costituzionali della Camera. Qui l’indicazione del ministro Maria Elena Boschi e del relatore Emanuele Fiano (parere contrario all’emendamento Lauricella e a quello di Stefano Quaranta di Sel) è stata bocciata da 22 deputati sui 43 presenti (astenuto Andrea Giorgis del Pd).
Sulla proposta di cancellare i 5 senatori a vita di nomina presidenziale, il governo non ha voluto sentire ragioni. Il ministro Boschi ha convocato un incontro informale in un corridoio della Camera (presenti D’Attorre,Pollastrini, Giorgis, Agostini, Fabbri, Bindi, Di Maio, Cuperlo, Lattuca) per chiedere alla minoranza del suo partito di «rispettare i patti» e di «rimandare la discussione sul tema all’aula». La discussione è andata avanti a lungo, al ministro (sostenuta da Ettore Rosato e da Fiano) è stato chiesto di accantonare l’emendamento. Invece il governo è andato dritto verso la votazione, che pensava di avere in pugno, ma non ha fatto i calcoli con gli imprevisti: Maurizio Bianconi di FI ha votato con la minoranza del Pd dopo aver insultato i suoi rappresentanti (mentre gli azzurri Centemero, Parisi, Ravetto e il presidente Sisto hanno votato no); il «giovane turco» Alessandro Naccarato e l’ex lettiano Marco Meloni hanno votato inaspettatamente contro la maggioranza. L’ex lettiano Francesco Sanna si è assentato al momento del voto: «Non per scelta politica, ero in ritardo». Così, con i voti di Sel, della Lega e del M5S, i favorevoli sono stati 22 e i contrari 20. Boschi non si è persa d’animo. Anzi, ha sfoggiato ottimismo: «Ci rivediamo in Aula, e lì che ci si conta, spetta all’Aula fornire il dato politico».
Per Giuseppe Lauricella, padre dell’emendamento, non c’è alcuna «volontà di frenare la riforma ma solo il dovere di migliorarla senza minarne le fondamenta». Il colpo è notevole perché riaprendo l’articolo 2, al Senato potrebbero tornare all’attacco gli specialisti del voto segreto.
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