Raid israeliani su Damasco Un segnale anche all’Iran
GERUSALEMME Israele continua a considerare l’Iran e i suoi due maggiori alleati, il regime di Bashar Assad in Siria e la milizia sciita libanese dell’Hezbollah, come nemici più pericolosi delle milizie estremiste sunnite legate allo Stato Islamico (Isis) in Siria e Iraq. È questo il significato della nuova serie di raid aerei israeliani che ieri in tardo pomeriggio hanno colpito la Siria. La televisione nazionale siriana e l’agenzia di stampa (Sana) denunciano almeno due zone bombardate: l’aeroporto internazionale di Damasco e la cittadina di Dimas, presso l’autostrada che dalla capitale conduce in Libano.
Non sono segnalate vittime (almeno per ora). Ma i comandi militari siriani ammettono danni. Secondo l’Osservatorio siriano per i Diritti umani, l’organizzazione basata in Gran Bretagna ma con una fitta rete di collaboratori in Siria, le esplosioni avrebbero devastato un grande capannone-deposito per la merce esportata ed importata vicino agli hangar degli aerei. Gli attivisti legati alla rivoluzione cruenta che da tre anni devasta il Paese segnalano che i raid sarebbero stati intensi e ripetuti, forse una quindicina, ed hanno postato in Rete numerose immagini con le scie bianche dei jet e i traccianti della contraerea alte nel cielo della capitale. «Questa aggressione conferma il diretto coinvolgimento israeliano nel sostenere il terrorismo che investe la Siria», reagiscono i militari a Damasco.
Israele, come quasi sempre in queste circostanze, non nega e non conferma. «Non commentiamo notizie diffuse da agenzie straniere», si limitano a ripetere i suoi portavoce. Pure, i commentatori locali e internazionali sottolineano che, dall’inizio delle rivolte contro la dittatura di Assad, l’aviazione militare israeliana ha ripetutamente attaccato il territorio siriano, concentrandosi specificamente sui convogli di armi destinati all’Hezbollah. Una strategia del pugno di ferro che venne intensificata sin dai tempi della guerra aperta durata oltre un mese contro Hezbollah nell’estate del 2006. Nel maggio 2013 vennero effettuati bombardamenti mirati contro convogli che trasportavano sistemi russi di armi terra-aria, missili iraniani modello Fateh-110 e un centro di ricerche militari. E blitz molto simili furono ripetuti con intensità solo cinque mesi fa. Lo stesso premier Benjamin Netanyahu ha del resto ribadito più volte che i suoi militari faranno di tutto per evitare il rafforzamento delle milizie sciite libanesi.
Nel contempo la diplomazia israeliana continua a lanciare messaggi di allarme al mondo occidentale finalizzati a sottolineare che la battaglia internazionale contro i jihadisti tagliagole di Isis non può far dimenticare la questione dell’atomica iraniana e i pericoli rappresentati dal regime siriano ed Hezbollah. Gli sviluppi violenti della guerra in Iraq e Siria fanno da sottofondo, con oltre 150 morti contati nelle ultime ore nella regione meridionale siriana di Der El Zour.
Lorenzo Cremonesi
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