Piano Junc­ker : dove sono i soldi?

Piano Junc­ker : dove sono i soldi?

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Dalle 7 di sta­mat­tina, l’edificio Justus Lip­sius a Bru­xel­les sarà accer­chiato dall’Alleanza 19–20, un movi­mento di pro­te­sta con­tro l’austerità impo­sta ai paesi euro­pei. All’interno, i capi di stato e di governo, riu­niti da ieri per la prima volta sotto la pre­si­denza del polacco Donald Tusk, girano attorno alla que­stione cru­ciale: dove sono i soldi per il piano Junc­ker che, a par­tire dai 5 miliardi messi dalla Bei e dai 16 miliardi della Ue (di cui la metà sono dirot­tati dai Fondi strut­tu­rali), dovreb­bero per magia di un “mol­ti­pli­ca­tore” cal­co­lato in modo molto gene­roso tra­sfor­marsi nei famosi 315 miliardi di inve­sti­menti per rilan­ciare l’economia della Ue? Junc­ker ha chie­sto “denaro sonante” agli stati e non solo “parole”. Ma l’intesa non c’è. La Ger­ma­nia vuole atti­rare “inve­sti­menti pri­vati”. L’Italia ha fretta di otte­nere nero su bianco l’assicurazione che i finan­zia­menti desti­nati al Feis (il Fondo euro­peo) non ven­gano cal­co­lati nei defi­cit pub­blici. La Fran­cia appog­gia l’idea, ma ritiene che “i tempi non siano maturi” per pren­dere una deci­sione defi­ni­tiva (Parigi pensa che anche i costi della difesa, con gli inter­venti in corso in Cen­tra­frica, Mali e Medio­riente, potreb­bero venire esclusi). La Gran Bre­ta­gna e i paesi del nord vogliono evi­tare che il piano Junc­ker diventi la scusa per aggi­rare il Fiscal Com­pact. A Bru­xel­les, c’è chi taglia corto: un Con­si­glio euro­peo non è una con­fe­renza di dona­tori. Per il momento, Polo­nia, Slo­ve­nia, Spa­gna, Fin­lan­dia sono d’accordo con l’Italia per con­cre­tiz­zare in fretta i con­tri­buti. Ma i tempi rischiano di essere lun­ghi per capire dove finirà il piano Junc­ker. A gen­naio dovreb­bero arri­vare le pro­po­ste legi­sla­tive della Com­mis­sione sul modus ope­randi del fondo. E solo a metà anno – cioè al pros­simo ver­tice di giu­gno – dovrebbe essere fatta un po’ di chia­rezza sui finan­zia­menti. La Ger­ma­nia non si muove. Angela Mer­kel riba­di­sce, con i bri­tan­nici, che “sono e restano le imprese a creare posti di lavoro”. E quindi, “la poli­tica euro­pea deve fon­darsi sul con­so­li­da­mento di bilan­cio” per­ché que­sto “è favo­re­vole agli inve­sti­menti”: in altri ter­mini, “il Fiscal Com­pact va pie­na­mente rispet­tato per­ché dà fidu­cia” agli inve­sti­tori pri­vati. Di qui l’irritazione che suscita la fretta di Mat­teo Renzi di otte­nere, alla chiu­sura del seme­stre di pre­si­denza ita­liana, un piano di inve­sti­menti cal­co­lati al di fuori del patto di sta­bi­lità. La Fran­cia evoca “un cam­bia­mento di soft­ware nella Ue”, ma pro­cede a rilento, per evi­tare boo­me­rang sgra­de­voli. C’è difatti la que­stione della ripar­ti­zione dei finan­zia­menti. “Per avere un effetto reale biso­gna che gli inve­sti­menti vadano ai paesi in crisi”, sostiene l’eurodeputata socia­li­sta Per­ven­che Berès. I paesi dell’est vogliono essere sicuri di rice­vere dei fondi. Il piano Junc­ker non sarà comun­que suf­fi­ciente per rilan­ciare l’economia Ue: a giu­gno ci sarà un pro­getto della Com­mis­sione per l’accelerazione di un mer­cato unico digi­tale nella Ue. Il pac­chetto ener­gia aspetta di con­cre­tiz­zarsi. E in ultimo la spe­ranza di Bru­xel­les è messa nei nego­ziati del Ttip con gli Usa. Sul tavolo del Con­si­glio euro­peo c’è anche la lotta all’evasione fiscale e le pro­messe di tra­spa­renza sull’ottimizzazione fiscale, i tax ruling di cui lo stesso Junc­ker è stato uno spe­cia­li­sta nella ven­tina d’anni durante i quali è stato primo mini­stro del Lus­sem­burgo. L’altro grande tema del Con­si­glio è l’Ucraina. Ancora prima dell’apertura del ver­tice, la Ue ha annun­ciato nuove san­zioni, non diret­ta­mente alla Rus­sia, ma ai ter­ri­tori “ille­gal­mente annessi”, cioè alla Cri­mea: blocco degli inve­sti­menti euro­pei, del turi­smo dell’acquisto di immo­bili. Ma il fronte non è unito. La crisi del rublo fa paura. Per Renzi, “la Rus­sia in dif­fi­coltà non serve a nes­suno”, Mrs.Pesc Fede­rica Moghe­rini chiede alla Rus­sia “di cam­biare atteg­gia­mento”. La Fran­cia, che è a favore di una dise­sca­la­tion, pro­pone con la Ger­ma­nia con un piano con­giunto, dopo le tele­fo­nate di mar­tedi’ con Poro­shenko e Putin: auspi­cano il rispetto del Pro­to­collo di Minsk e una ripresa delle discus­sioni “il prima pos­si­bile” per arri­vare a un ces­sate il fuoco “effet­tivo e dure­vole”, a uno scam­bio di pri­gio­nieri e a un miglio­ra­mento della situa­zione uma­ni­ta­ria nel ter­ri­tori dell’est dell’Ucraina. Ma Kiev chiede soldi alle Ue: un nuovo esborso oltre l’1,6 miliardi già stanziati.



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