ROMA Le donne lavoratrici che hanno almeno 35 anni di contributi e 57 anni di età e che volessero andare in pensione, ma con l’assegno calcolato interamente con il metodo contributivo, potranno continuare a presentare la domanda all’Inps. In questo senso dovrebbe esprimersi una circolare dell’istituto di previdenza che potrebbe essere firmata già oggi, riaprendo in sostanza i termini che altrimenti sarebbero scaduti ieri.
La questione è complessa, come spesso accade in materia pensionistica, ma vale la pena di raccontarla, anche perché è indicativa di come si stiano moltiplicando le spinte a introdurre elementi di flessibilità sui requisiti necessari per lasciare il lavoro. Alcune hanno già avuto successo, come per esempio l’emendamento alla legge di Stabilità proposto da Marialuisa Gnecchi, la pasionaria delle pensioni del Pd, e approvato alla Camera che ha cancellato le penalizzazioni previste dalla riforma Fornero per chi va in pensione anticipata prima dei 62 anni di età pur avendo raggiunto il requisito dei contributi (42 anni e mezzo gli uomini, 41 anni e mezzo le donne). Il taglio dell’assegno è stato cancellato per tutti coloro che matureranno i contributi entro il 31 dicembre 2017. Poi si vedrà. Riguarda poche persone, ma è un segnale appunto.
Come quello che dovrebbe essere dato oggi dall’Inps riaprendo i termini per la cosiddetta «opzione donna». Possibilità introdotta nel 2004 (governo Berlusconi) e che prevede, in via sperimentale «fino al 31 dicembre 2015», la possibilità per le lavoratrici dipendenti con 35 anni di versamenti di ritirarsi a 57 anni (58 per le lavoratrici autonome) ma con l’importo della pensione calcolato interamente col sistema contributivo (prendi quanto hai versato in tutta la vita lavorativa) anziché col retributivo (pensione pari al 70% dello stipendio con 35 anni di contributi). Di regola la donna che sceglie questa possibilità prende almeno il 15-20% in meno. Nei primi anni sono state poche centinaia le lavoratrici che hanno scelto l’opzione donna. Ma dopo la riforma Fornero, che ha cancellato le pensioni di anzianità e aumentato bruscamente l’età per la pensione di vecchiaia, il numero di domande all’Inps si è impennato, anche perché questa possibilità è spesso rimasta l’unica per non finire esodati (senza lavoro e senza pensione). Così nel 2013 sono state 8.846 le richieste e quest’anno, fino a settembre, ne sono già arrivate altre 8.652.
Secondo una precedente circolare dell’Inps, che aveva tenuto conto del fatto che sulla vecchia pensione di anzianità si applicava la cosiddetta finestra mobile, passava cioè un anno dalla maturazione dei requisiti alla decorrenza della pensione, il termine per le domande scadeva a fine 2014 (novembre, tenendo conto che bisogna presentarla un mese prima) anziché il 31 dicembre 2015. Contro questa interpretazione è stata promossa perfino una class action mentre in parlamento sono state approvate mozioni per vincolare l’Inps a rispettare la lettera della legge. Cosa che dovrebbe avvenire appunto con la nuova circolare. Alcuni deputati ci hanno già provato con un emendamento alla legge di Stabilità. Ma la Ragioneria generale ha subito fatto osservare che serviva una copertura per la nuova spesa.