Non gli perdonano quella frase del 3 dicembre (erano i giorni caldi del caso Garner e delle proteste di piazza) quando disse che lui e la moglie (nera) Chirlane avevano messo in guardia il figlio Dante (“stai attento alla polizia quando giri per strada”). «Lui ha messo le basi per quanto successo sabato », dice nel più seguito talkshow domenicale della Abc Raymond Kelly, ex capo del Nypd negli anni (2002-2013) di maggiore successo contro la criminalità. Lo spalleggia l’ex Governatore (repubblicano) dello Stato George Pataki che accomuna il sindaco al ministro (nero e ormai in uscita) della Giustizia Eric Holder nel suo drastico commento: «Sono disgustato da questi atti barbarici, che purtroppo sono un esito prevedibile della retorica anti-polizia di Holder e de Blasio».
Il giorno dopo la città è sotto shock e i più furiosi, anche se la divisa gli vieta pubbliche dichiarazioni, sono gli agenti del Nypd. Lo scontro “razziale” dicono di non averlo mai cercato, non è colpa loro se le zone più a rischio nella mappa del crimine newyorchese combaciano spesso (un po’ troppo) con le aree dove vivono i neri. Del resto Wenjian Liu (32 anni) e Rafael Ramos (40) — bastano i nomi — fanno parte anch’essi delle minoranze non-bianche che nella Grande Mela sono ormai una maggioranza. Il primo sposato da poco, l’altro con un figlio tredicenne, partner in un lavoro pericoloso e pagato male, la cui unica colpa in quel maledetto sabato pomeriggio era di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. E che dire dell’omicida, giovane afro-americano (28 anni) che faceva parte di una gang chiamata Black Guerrilla Family — fondata mezzo secolo fa da due criminali nel famoso carcere di San Quentin (California) — gente che le polizie degli States conoscono bene, bulli da violenze di strada e dal grilletto facile. Ismaaiyl Brinsley aveva annunciato al mondo (via Instagram) i suoi propositi di vendetta poco prima di lasciare Baltimora (dove aveva preso a pistolettate la fidanzata) e giungere a Brooklyn per “mettere le ali ai porci” e ammazzarne un paio (“due dei loro contro uno dei nostri”).
Non ci voleva proprio questo doppio omicidio, non dopo le grandi manifestazioni di protesta per i neri morti durante l’arresto, come Eric Garner il padre di sei figli “soffocato” da un agente che il Grand Jury di Staten Island ha deciso che non andava processato. Per Bill de Blasio — primo democratico a diventare sindaco dopo vent’anni in una delle città più democratiche degli Usa — è un brutto colpo, lui che aveva promesso «un nuovo atteggiamento » della polizia e l’abolizione delle tattiche vessatorie usate contro le minoranze di neri e “latinos”. A difenderlo non bastano le parole di Obama dalle vacanze nelle Hawaii («due uomini coraggiosi questa sera non torneranno a casa dai propri cari e per atti come questo non ci sono possibili giustificazioni») che aveva invitato a respingere anche ogni violenza verbale, non bastano quelle dei familiari di Garner e di Michael Brown (il ragazzo ucciso da un poliziotto a Ferguson) che invitano «a respingere ogni forma di violenza contro la polizia», né tantomeno quelle che un commosso Bill Bratton (l’attuale capo della polizia di New York) ha pronunciato — avendo a fianco proprio il sindaco — poche ore dopo il duplice omicidio («è molto semplice, sono stati assassinati »). Mentre restano impresse le immagini dei poliziotti che lo contestano in silenzio nell’ospedale dove sono morti i loro colleghi e durante la stessa conferenza stampa.
Sabato sera c’è stato il rischio che un terzo poliziotto venisse ucciso a sangue freddo, nel Bronx, altra area a rischio di incendio razziale. Un agente del Nypd si è visto puntare addosso una 357 Magnum, ha sentito premere il grilletto e si è ritrovato vivo per miracolo dopo i cinque secondi più terrorizzanti della sua vita: la pistola non aveva più colpi in canna. Non è andata bene invece a un suo collega di Tampa Bay (Florida), ferito a morte in un agguato. L’anno orribile nei rapporti tra forze dell’ordine e cittadini non poteva finire peggio.