Napolitano: “Antipolitica eversiva”

Napolitano: “Antipolitica eversiva”

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ROMA . Colpire senza alcun cedimento «le infiltrazioni criminali e la corruzione», come nelle clamorose vicende di Roma. Ma attenzione alla «patologia dell’antipolitica», che rischia di degenerare in forme di «violenza, che può destabilizzare, che può creare eversione, tutti fatti che non possiamo sottovalutare ». Giorgio Napolitano all’Accademia dei Lincei denuncia «i decadimenti morali della politica», in un lungo e commosso discorso, ma chiama anche le forze politiche a recuperare la capacità di misurarsi con i problemi reali, con le riforme, la volontà di recuperare moralità: «Serve una risposta urgente e una larga mobilitazione collettiva per demistificare e mettere in crisi le posizioni distruttive ed eversive dell’antipolitica». Insomma, il capo dello Stato, salutato da diversi applausi nel corso del suo intervento, mette in guardia contro le strumentalizzazioni dello scandalo di Roma, pur non sottovalutandone la gravità. Ma i partiti devono fare argine contro chi cavalca gli scandali. Bisogna dunque denunciare «faziosità, luoghi comuni, distorsioni, impegnandosi non solo nelle riforme ma anche per far riavvicinare i giovani alla politica». Un duro attacco, pur senza citarlo, Napolitano lo ha rivolto al Movimento 5 Stelle, che è arrivato a bloccare l’attività parlamentare. «Mai, come negli ultimi due anni — denuncia il capo dello Stato — si era arrivati nelle aule parlamentari a metodi e a atti concreti di intimidazione fisica, minaccia, di rifiuto di ogni regola e autorità». Per il presidente della Repubblica, si è trattato di «tentativi sistematici ed esercizi continui di stravolgimento e impedimento della vita politica e legislativa di ambedue le Camere». E per Napolitano colpire «impunemente, il funzionamento del Parlamento è tipico della patologia dell’antipolitica».
Ma nelle venti cartelle lette dal capo dello Stato — più volte frenato dalla commozione — emerge con forza anche lo scandalo di «Mafia Capitale». Napolitano spiega che «non deve mai apparire dubbia la volontà di prevenire e colpire infiltrazioni criminali e pratiche corruttive». Proprio per recuperare la moralità di chi fa politica che «poggia sull’azione profonda, non superficiale, a valori e fini alla cui affermazione concorre col pensiero e con l’azione». Se nella politica non c’è questo, tutto può franare «nel carrierismo, nella compravendita di favori, nel torbido affarismo e nella sistematica corruzione».
Napolitano lancia un forte allarme anche per il rischio di «focolai di violenza destabilizzante ». Per il capo dello Stato «magari al di fuori di ogni etichettatura di sinistra o di destra, gruppi politici o movimenti poco propensi a comportamenti pienamente pacifici alimentano virus pericolosi », che «circolano ancora in certi spezzoni di sinistra estremista o pseudorivoluzionaria, e concorrono ad alimentare la degenerazione del ricorso alla violenza». Anche a questo rischio le forze politiche devono porre rimedio.
Urgentemente. Ha concluso Napolitano che, nel salutare probabilmente per l’ultima volta da capo dello Stato l’uditorio dell’Accademia dei Lincei, ha voluto ringraziare per l’accoglienza ricevuta in tutti questi anni. Una frase che, vinto dalla commozione, non è riuscito a terminare.


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