Minacce, aggressioni e avvertimenti mafiosi l’ombra di Buzzi sui tumulti di Tor Sapienza

Minacce, aggressioni e avvertimenti mafiosi l’ombra di Buzzi sui tumulti di Tor Sapienza

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ROMA .Chi insufflò le prove di pogrom di Tor Sapienza? Chi doveva incassare i dividendi delle notti di fuoco, sassi e cocci di bottiglia di una borgata “rossa” che improvvisamente, a metà novembre, si era accesa al comando di saluti romani e ronde assetate di “negri” e “arabi”? Sono stati scomodati i sociologi per provare a dare un senso alla furia della banlieue di Roma. E invece, per raccontare quella storia bisogna cominciare da un’altra parte. Dagli appetiti mafiosi del Mondo di Mezzo . Dai Signori degli appalti del “terzo settore” Salvatore Buzzi e Sandro Coltellacci, oggi a Regina Coeli per mafia, dal loro interfaccia “nero” Massimo Carminati e dalla sua manovalanza del Mondo di Sotto . E da una coraggiosa donna salentina, Gabriella Errico, presidente della cooperativa sociale Un sorriso, che in quelle notti ha perso tutto. I 45 minori non accompagnati di cui aveva la custodia e la struttura che li ospitava, resa inagibile da un assedio violento. Seduta nel suo ufficio a Cinecittà, Gabriella respira profondo. «Sono madre di due bambini. Ho paura», dice. «Ho ancora paura». Ma non della furia di Tor Sapienza. Di quei due lì. Buzzi e Coltellacci. Del ricordo di quella telefonata arrivata durante il secondo giorno dell’assedio. «Mi chiamò Buzzi. Mi disse: “Resisti, Gabriella, mi raccomando”. Gli spiegai cosa stava succedendo. “Qui fuori è l’inferno. Sono fascisti, Salvatore. Gridano “Duce, Duce”. Mi rispose lasciandomi di sale: “Non ti preoccupare. Ora faccio un paio di telefonate e sistemo”».

“CE L’HO IN PANCIA”
Un paio di telefonate. E a chi? «Non capivo cosa c’entrasse Buzzi con i fascisti», dice Gabriella. Con i giorni, quel dubbio diventa un pensiero cattivo. La rivolta di Tor Sapienza è sedata, la cooperativa Un sorriso ha perso il centro e i suoi minori, trasferiti nella struttura della Domus Caritatis all’Infernetto. Gabriella viene avvicinata da un amico. «Mi disse che Buzzi andava dicendo che ora “mi aveva in pancia”. Sì, così diceva: “Ora, ho in pancia quella lì del Sorriso”. Mi infuriai. E per un attimo pensai che a Tor Sapienza solo la mia cooperativa era stata assediata. Come mai le strutture nell’orbita di Tiziano Zuccolo, grande amico di Buzzi, che pure ospitavano migranti adulti non erano state sfiorate dalla rivolta? Dissi al mio amico che Buzzi non aveva in pancia proprio un bel niente». E però, dopo poco, Buzzi si fa vivo. «Mi fissò un appuntamento per il 4 dicembre alle 11. Mi disse che era venuto il momento di sedersi intorno a un tavolo e discutere del “Condominio Misna”». Condominio Misna? «Era il suo modo di dire. Per riferirsi alla spartizione degli appalti, lui diceva “condominio”. O anche “cartello”. Voleva parlarmi di come intendeva dividere la torta dei “misna”, che sta per “minori stranieri non accompagnati”. Pensava evidentemente che, dopo Tor Sapienza, fossi finalmente pronta a cedere. Per fortuna, il 2 dicembre lo hanno arrestato».
“NON AVREMO PIETÀ”
Per Gabriella Errico, Tor Sapienza è l’epilogo di una storia che comincia nel 2005, anno in cui è sindaco Walter Veltroni. Di un incubo, dice ora, «che mi ha tolto il sonno per anni». E che si manifesta con i modi, le allusioni e le minacce di Sandro Coltellacci, la mano di Buzzi, presidente di Impegno e promozione, una delle coop del suo Sistema. Sono i giorni in cui Un sorriso è ancora un’associazione e ha sede in viale Castrense, in un palazzo di proprietà del Comune che ospita anche gli uffici del Servizio giardini. Ad insaputa di Gabriella Errico, Coltellacci ha convinto «con una cospicua liquidazione » l’allora presidente dell’associazione Un Sorriso, Saverio Iacobucci, a costituire una cooperativa che ha lo stesso nome dell’associazione, ma una diversa partita Iva e ad affidarne la presidenza a sua moglie, Simonetta Gatta. La mossa è necessaria a impadronirsi della sede dell’associazione (subentrando nella concessione dell’immobile da parte del Comune) e, progressivamente, delle sue attività. Ma la Errico si mette di traverso. Trasforma a sua volta l’associazione in cooperativa, si asserraglia in viale Castrense e avvia una serie di esposti. «Nel 2006 cominciarono le minacce — ricorda Gabriella — Coltellacci mi affrontò: “Ti faccio cambiare città. E sappi che non guardo in faccia a nessuno. Né alle donne, né ai bambini”». Il marito di Gabriella, Germano De Giovanni, prova a difenderla. Coltellacci lo manda all’ospedale San Camillo.
PROVOLINO E I NAR
Il Campidoglio passa di mano. Alemanno — è il 2008 — è il nuovo sindaco. Il calvario si fa ancora più spaventoso. La cooperativa di Gabriella, nonostante si sia rassegnata a lasciare la sede di viale Castrense, è fuori dal tavolo che conta. Da quello che Buzzi chiama “il cartello” e che — come documentano gli atti dell’inchiesta — si spartisce la ricca torta degli appalti per i “richiedenti asilo” (il cosiddetto progetto “Sprar”, 34 milioni di euro) e i servizi di sostegno ai senza dimora (pasti e alloggi in residence). «Nel cartello — spiega Gabriella — la parte del leone la facevano Buzzi e la sua 29Giugno. E se a lui toccava 100, al suo amico Tiziano Zuccolo, spettava 50. Mentre a tutti gli altri, le briciole». A Zuccolo (che nelle carte dell’inchiesta scopriamo in grande confidenza con Luca Odevaine) fanno infatti capo le cooperative bianche: La Cascina (Cl) e Domus Caritatis. E né Buzzi, né Zuccolo amano la concorrenza. Al punto che, quando qualcosa sfugge alle maglie del monopolio, è il Comune a mettere le cose a posto.
Accade quando Un sorriso vince il bando per la Casa dei papà, alloggi e sostegno per padri separati. E per questo Gabriella viene convocata dal Dipartimento per le politiche sociali, dove si trova di fronte un tipo che all’anagrafe si chiama Maurizio Lattarulo, ma che nel giro è meglio conosciuto come Provolino. Guarda caso, un ex Nar vicino alla Banda della Magliana (il suo nome, per dire, si guadagna 90 citazioni nella maxi ordinanza del giudice Otello Lupacchini) che la giunta Alemanno ha reinventato “consulente per le politiche sociali”. «Questo provolino mi disse che non dovevo permettermi», ricorda Gabriella. Ma lei non recede. E, per questo, paga il conto. Negli anni successivi, la gara per Sos (Unità mobile di sostegno sociale) in cui riesce a vincere un lotto, viene congelata perché Buzzi ne è rimasto fuori. Ma, soprattutto, Buzzi decide che Un Sorriso non debba più neanche provarci a partecipare alle gare.
L’UOMO SOTTO CASA
«Nel 2010 — prosegue Gabriella — Coltellacci venne arrestato per una storia di stupefacenti. E pensai che l’incubo fosse finito. Invece, neppure due anni dopo, lo rividi in giro. Lo avevano messo a scontare la pena ai domiciliari presso la sede della sua coop. E tutto ricominciò come prima ». Coltellacci torna infatti ad affrontarla: «Mi sono fatto la galera per colpa tua», ringhia. E la scorsa estate diventa quella della resa dei conti. È luglio, e Un sorriso si è azzardato a presentare una manifestazione di interesse per i servizi di guardiania e pulizia dei residence per i senza dimora. Buzzi chiama la Errico. «Mi disse: “Questa è roba nostra. Non devi metterti in mezzo”. Capii la musica. E lo rassicurai: “Va bene, ritiro la mia manifestazione di interesse”. Ma lui insistette e, qualche giorno dopo, mi disse che c’era una persona che doveva incontrarmi sotto casa mia. Si presentò un ragazzo giovane, i capelli lunghi, su una Fiat 500. Che mi ripeté quello che mi aveva detto Buzzi. Gli spiegai che avevo già preso un impegno a ritirarmi. E lui disse che aveva bisogno di vedermelo dire di persona. Risalii a casa sconvolta. E provai a ritirarmi. Ma un funzionario per bene del Comune mi disse che non se ne parlava neppure».
Arrivarono quindi l’autunno e le notti di Tor Sapienza.

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