«La mia città ora è divisa Ma nessuno vuole il caos neppure i neri discriminati»

by redazione | 22 Dicembre 2014 8:43

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L’agguato di sabato ai due poliziotti avviene in una città divisa, in un momento di fortissima tensione tra gli afroamericani e la polizia e anche tra il sindaco e gli agenti. «Anch’io sono diviso — dice al Corriere lo scrittore André Aciman, autore di «Chiamami col tuo nome» e «Harvard Square» (Guanda), nato nel 1951 ad Alessandria d’Egitto ma new-yorchese d’adozione dall’età di 19 anni — perché capisco le ragioni di entrambi».
Dopo che il Gran Giurì ha deciso di non incriminare gli agenti coinvolti sia nell’uccisione di due afroamericani, il diciottenne Michael Brown a Ferguson in Missouri, e Eric Garner, morto soffocato da un poliziotto proprio a New York, decine di migliaia di persone sono scese in piazza a prote-stare contro la violenza con lo slogan «Non riesco a res pirare».
«La polizia non può continuare a fare ciò che ha fatto — dice Aciman —. La marcia di Manhattan è stata gigantesca, non erano in 25 mila (come ha scritto il New York Times , ndr) ma molti di più, e li capisco, perché questi comportamenti estremamente brutali vanno condannati. Io non credo che l’America sia questo. Ma è anche vero che la polizia è una forza necessaria. Gli agenti ora si vedono trattati come se fossero tutti dei violenti. Ma quando arrivi a New York è ai poliziotti che chiedi informazioni, e sono sempre estremamente gentili. Questa è la mia esperienza. Ma so anche che la mia esperienza personale non è sufficiente a giudicare: non ho mai sperimentato cosa significhi per un nero avere a che fare con la polizia e ho visto video terrificanti in proposito».
Oggi che la metropoli è assai più sicura, con la violenza ai minimi storici, l’agguato dei due poliziotti risulta ancora più scioccante.
«Nessuno, nemmeno la gente di Ferguson o i familiari di Garner, vuole la violenza. L’attentatore che ha ucciso i due poliziotti era chiaramente un caso psichiatrico. E l’aggressione ad altri due agenti, picchiati da alcuni manifestanti sul Ponte di Brooklyn durante una protesta contro la polizia non sarebbe mai dovuta avvenire e io credo che non accadrà mai più».
I rapporti tra il municipio e il dipartimento di polizia di New York non sono mai stati così brutti per anni. Lei pensa che de Blasio sia stato troppo critico nei confronti della polizia?
«Gli abusi della polizia ovviamente vanno condannati. Però c’è la sensazione da parte della polizia che questo sindaco, più liberal del solito, non li appoggi. I suoi predecessori, Giuliani e Bloomberg, avevano dato un maggiore sostegno alla polizia, anche perché ne avevano bisogno, mentre questo sindaco sin dall’inizio ha avuto un atteggiamento più critico. È comprensibile che non li abbia ciecamente appoggiati, ma si sono sentiti trascurati ed eccessivamente criticati. Da quando i poliziotti sono stati aggrediti sul Ponte di Brooklyn, gli agenti hanno creato una petizione che chiede che il sindaco non partecipi ai loro funerali se dovessero restare uccisi sul lavoro».
La sfiducia si è inasprita ancor più quando, di recente, de Blasio ha raccontato di aver avvertito suo figlio Dante che deve «stare particolarmente attento» se incontra la polizia di notte.
«Quelle dichiarazioni non avrebbero mai dovuto essere rese pubbliche. È stato un grosso errore. La verità è che tutti noi diciamo ai nostri figli che non devono litigare con la polizia e non devono ribellarsi, l’ho fatto anch’io con i miei. Ma il fatto che suo figlio sia nero, ha trasformato quelle parole in un messaggio diverso».
Giuliani, cui viene riconosciuto il merito di aver reso New York sicura, oggi accusa Obama di aver fomentato l’odio contro la polizia.
«La politica di tolleranza zero nei confronti del crimine attuata da Giuliani cambiò le cose rispetto al lassismo che c’era sotto Dinkins. Se da quel punto di vista Giuliani è stato un sindaco forte, ormai non lo ascolto più: è solo un politico di destra lontano dalla mentalità dei newyorchesi. Obama ha condannato l’uccisione dei due poliziotti, e ha detto chiaramente che niente giustifica i saccheggi e le violenze».
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