Mafia a Roma, storia di due carriere irresistibili

by redazione | 6 Dicembre 2014 9:26

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Mafia nera, mac­ché rossa, fac­ciamo ros­so­bruna e non se ne parli più. Mafia senza con­tatti che la altre mafie, anzi no, col­le­gata alla Camorra nella per­sona di Car­mi­nati Mas­simo, però senza che i gua­glioni met­tes­sero bocca negli affari della capi­tale. Mafia che forag­gia i poli­tici da decenni. C’è chi è andato a sbir­ciare i con­tri­buti di Sal­va­tore Buzzi, sodale del noto super­cri­mi­nale, alla cam­pa­gna elet­to­rale di que­sto o quello risa­lendo sino a una quin­di­cina d’anni fa.
La vicenda di Mafia Capi­tale, soprat­tutto gra­zie a un sistema media­tico rara­mente così sciatto, è diven­tata così un cro­giuolo di veleni del tutto incom­pren­si­bile. Tale è desti­nata a restare, se non si parte dal fare chia­rezza sui pro­ta­go­ni­sti dell’affaire e sulle loro para­bole: la coo­pe­ra­tiva di Buzzi, la «29 Giu­gno», e «il Nero», Mas­simo Car­mi­nati.
La «29 giu­gno» nasce a metà anni ’80, nel clima di rina­scita demo­cra­tica che accom­pa­gnava nelle car­ceri la fine dell’emergenza. Sono gli anni di Nic­colò Amato diret­tore del Dap, del primo con­ve­gno sulle pene alter­na­tive orga­niz­zato all’interno del car­cere di Rebib­bia con la par­te­ci­pa­zione di nume­rosi espo­nenti poli­tici della sini­stra. La pro­po­sta di una coo­pe­ra­tiva mista di dete­nuti comuni, come Buzzi, e poli­tici, come la teso­riera Bugitti, ex Br, è un espe­ri­mento pilota di riso­cia­liz­za­zione, impen­sa­bile sino a poco prima. Spon­sor dell’operazione è Angiolo Mar­roni, asses­sore al Bilan­cio della pro­vin­cia di Roma, poi vice­pre­si­dente del con­si­glio regio­nale del Lazio, oggi garante dei dete­nuti nel Lazio: uno che a vederla in rosa ha dedi­cato la vita ai car­ce­rati e a guar­darla con gli occhiali scuri ci ha costruito sopra la car­riera poli­tica sua e del figlio Umberto, oggi depu­tato Pd, can­di­dato sin­daco di Roma nei sogni di Buzzi.

La coo­pe­ra­tiva decolla con l’attivissimo soste­gno di Mar­roni e gra­zie alla legge del 1991, che per­mette l’assegnazione diretta degli appalti, senza gara, alle coo­pe­ra­tive sociali. È una legge ragio­ne­vole: coo­pe­ra­tive di ex dete­nuti o di ex tos­si­co­di­pen­denti non potreb­bero altri­menti com­pe­tere con le aziende pri­vate. Ma è anche una legge con un ver­sante peri­co­loso, per­ché rischia forte di diven­tare, col tempo, uno dei vei­coli pri­vi­le­giati della clien­tela, spe­cial­mente quando que­sta, a fine mil­len­nio, esplode nelle realtà locali.
Buzzi, dete­nuto per omi­ci­dio (tru­cu­lento: 34 col­tel­late per una sto­ria di truffe), poi gra­ziato nel ’94, è un tipo ener­gico. La «29 Giu­gno» diventa pre­sto non solo un modello di riso­cia­liz­za­zione ma anche il fiore all’occhiello della coo­pe­ra­zione sociale. Buzzi vive ed è immerso fino al collo nel mondo del cen­tro­si­ni­stra romano. Lo cono­scono tutti, lo sti­mano tutti. A un certo punto però, parte nell’amministrazione Rutelli, parte in quella Vel­troni, la «29 Giu­gno” si allarga. Si fa con­sor­zio, si tra­sforma in una potenza a Roma e non solo a Roma. Buzzi diventa uno dei prin­ci­pali punti di rife­ri­mento della coo­pe­ra­zione sociale e della Lega delle coo­pe­ra­tive nella capi­tale. Dif­fi­cile non pen­sare che la sua ascesa sia anche una con­se­guenza dell’ondata di clien­te­li­smo che som­merge tutte le ammi­ni­stra­zioni e gli enti locali a par­tire da fine anni ’90.

Quando arriva al potere capi­to­lino, Ale­manno parte in quarta, deciso a far fuori la coo­pe­ra­tiva rossa, e deli­bera di con­se­guenza. Ci sono pro­te­ste, mani­fe­sta­zioni al Cam­pi­do­glio per mesi. Ma pro­ba­bil­mente Buzzi cerca anche una via pri­vata per ricon­ci­liarsi con i nuovi ege­moni, e la trova in Mas­simo Car­mi­nati. Anche su di lui, in que­sti giorni, si sono scritte parec­chie sce­menze. Neo­fa­sci­sta, sì, ma di tipo più supe­ro­mi­sta che altro. Il suo obiet­tivo nella vita era «tra­sgre­dire tutte le norme del codice penale», come rac­con­tava ai com­pa­gni di classe Fio­ra­vanti, Anselmi e Ali­brandi. Poco dopo quelli daranno vita ai Nar. Lui no: se ne tiene fuori, ma in buoni rap­porti. Mai stato nei Nar e nep­pure nella banda della Magliana (e mai ferito in uno scon­tro a fuoco con la poli­zia: gli spa­ra­rono a freddo men­tre, disar­mato, pas­sava il con­fine con la Sviz­zera clan­de­sti­na­mente. Pen­sando che fosse Fran­ce­sca Mam­bro non si peri­ta­rono di dare l’alt). «Il Nero» pia­ceva molto a uno dei prin­ci­pali boss della Magliana, Franco Giu­sep­pucci, «er Negro», che lo aiu­tava a far soldi inve­stendo a strozzo i pro­venti delle rapine e in cam­bio gli chie­deva qual­che favore, secondo i pen­titi piut­to­sto san­gui­noso. Ma nep­pure nella Magliana Car­mi­nati è mai stato orga­nico, come non sem­bra sia oggi nep­pure nella Camorra, con cui pure avrebbe fre­quenti rap­porti. È un soli­ta­rio: cono­sce, ha buoni rap­porti, ma si tiene sem­pre un passo fuori.

Un po’ gra­zie alle mani­fe­sta­zioni di pro­te­sta, un po’ gra­zie ai buoni uffici del nuovo amico, la «29 Giu­gno» torna in auge. Ale­manno rinun­cia all’offensiva, ritira la deli­bera. La famosa foto con Poletti è stata pro­ba­bil­mente presa pro­prio nel corso della «cena di ricon­ci­lia­zione». Il resto è scritto, anche se andrà veri­fi­cato, nell’ordinanza della pro­cura di Roma. Ma due cose vanno dette con chia­rezza. La prima è che Buzzi, fino a pochi giorni fa, era con­si­de­rato da tutti, nel cen­tro­si­ni­stra, un modello. Di qui i rap­porti di molti con lui. La seconda è che imma­gi­nare una città «sana», come dice Alfano, poi cor­rotta dall’arrivo del lupo man­naro Car­mi­nati, è una sem­pli­fi­ca­zione che pare fatta appo­sta per assol­vere un sistema che è stato per lustri fon­dato sulla clien­tela. Senza atten­dere Car­mi­nati di sorta.

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