by redazione | 18 Dicembre 2014 8:55
In contemporanea, il presidente cubano Raúl Castro e lo statunitense, Barack Obama, hanno annunciato l’inizio di negoziati per la riapertura di sedi diplomatiche e in prospettiva, dopo più di cinquant’anni di conflitto, per la ripresa di relazioni diplomatiche piene e la fine dell’embargo unilateralmente decretato da Washington.
Sempre in contemporanea è stata annunciata la liberazione «per motivi umanitari» del “contrattista” statunitense di Usaid, il 65enne Alan Gross, condannanto a Cuba nel 2009 a 15 anni di prigione per «sovversione». Da parte loro, gli Usa mettono in libertà , Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Antonio Guerrero, condannati a larghe pene (tra i 20 anni e l’ergastolo) negli Usa per «spionaggio» e a Cuba definiti «eroi» e «combattenti dell’antiterrorismo». Due loro compagni, René González e Fernando González, sono attualmente in libertà a Cuba dopo aver scontato l’intera pena in carceri statunitensi.
Il senso storico di tali misure è stato sottolineato dai media americani – per la Cnn si tratta «del cambio più profondo della politica Usa nei confronti di Cuba dall’inizio dell’embargo» nel 1962 — sia da analisti a Cuba. Ma è soprattutto dalle parole dei due presidenti– che martedì hanno avuto una conversazione telefonica diretta — che si avverte l’inizio della fine di un’era nelle relazioni tra i due Paesi.
Obama ha ammesso che sia l’embargo, sia le varie iniziative «coperte» per provocare un cambio di governo a Cuba, sono fallite e che nell’isola il governo socialista ha iniziato una serie di riforme. Raúl, dal canto suo, ha affermato che da anni il fratello Fidel aveva chiesto agli Stati Uniti di usare la via del dialogo per risolvere i contenziosi e affrontare le differenze di vie politiche. Il presidente cubano ha ribadito la piena disponibilità a discutere di ogni tema, purché il dialogo avvenga su base di uguaglianza e nel rispetto della sovranità nazionale dell’isola. Ma ha pubblicamente ringraziato Obama, riconoscendone il merito di aver iniziato una rottura storica nella politica statunitense e soprattutto di sapersi svincolare dai condizionamenti della potente lobby anticastrista di Miami. Il più giovane dei Castro, ha ringraziato il Vaticano e lo stesso papa Francesco per l’opera di mediazione in favore del dialogo, riconoscendo così il peso della Chiesa anche nell’isola, e ha anche reso grazie ai buoni uffici prestati dal Canada.
Per Cuba è senza dubbio una vittoria. Cinque anni fa Fidel aveva preso un impegno personale nei confroni dei cubani. «Volveran», ritorneranno, aveva detto riferendosi ai «cinque eroi» incarcerati negli Usa. Oggi ha mantenuto la sua promessa. Ma ancora di più, Cuba ha dimostrato che un piccolo popolo può tenere testa a una grande potenza, anche se questo costa più di cinquant’anni di conflitto e un blocco economico che, come ha affermato Raúl, ha avuto «costi immensi» per l’isola e ha comportato enormi difficoltà per i suoi cittadini. Oggi i cubani possono stare a testa alta.
Alan Gross è stato trasportato ieri mattina da un aereo governativo alla base militare di St Andrew in Maryland. Accompagnato dal senatore Pat Leahy (più volte si era espresso contro l’embargo), dal deputato Christopher Van Hollen e dalla moglie Judith Gross. Il “contrattista” ha trascorso gli ultimi mesi «nell’ospedale militare Finlay all’Avana. Una serie di personalità americane, ultimo l’ex presidente Bill Clinton, avevano infatti affermato che il caso Gross costituiva «il principale ostacolo per giungere a un miglioramento delle relazioni tra Washington e l’Avana» e a «un indebolimento»o alla fine del blocco Usa. A giugno, dopo la morte della madre di Gross, il governo cubano aveva formalmente proposto di scambiare Gross con i tre dei «cinque eroi» tutt’ora incarcerati negli Usa. L’iniziativa cubana era stata apprezzata da una serie di politici americani e sostenuta dal New York Times.
In queste prese di posizione, ferocemente osteggiate dai gruppi anticastristi cubani di Miami e dalla loro rappresentanza politica ad altissimo livello, specie nelle file repubblicane, veniva riconosciuto che non solo era lecito scambiare i prigionieri, ma che questa decisione avrebbe potuto servire appunto per mettere fine a una politica Usa nei confronti di Cuba che in più di cinquant’anni non ha dato alcun risultato.
Inoltre veniva riconosciuto un fatto ampiamente provato: la politica di ingerenza e di governement changing attuata a Cuba dai servizi segreti americani avvalendosi di istituzioni formalmente umanitarie, come Usaid. Negli ultimi mesi sono rivelati i piani per mettere in piedi una sorta di Twitter cubano, soprannominato Zunzuneo, di inviare giovani latinoamericani nell’isola e infine di usare rapper cubani per creare un movimento,soprattutto giovanile, contro il governo cubano. Tutti tentativi «condotti con poca professionalità» e falliti.
Anche Gross, secondo fonti cubane, era inserito in questi piani e la sua missione “umanitaria”, assistere la piccola comunità ebraica cubana, mascherava invece l’ingresso – illegale — di materiale informatico capace di violare i controlli della sicurezza cubana. Una palese e illegale ingerenza nella poltica di uno Stato sovrano, sanzionata nel Codice penale di qualsiasi parte del mondo.
I «cinque eroi» cubani furono condannati per «spionaggio» per aver infiltrato la «dissidenza» cubano-americana di Miami – i cui leader sono in realtà ispiratori o autori di attentati terroristici in territorio cubano e contro un jet di linea cubano che costarono decine di vittime, tra le quali l’italiano Fabio di Celmo. I loro processi furono condotti in Florida senza che fosse garantita alcuna imparzialità e con alcuni giornalisti americani pagati «per creare un ambiente ostile» nei confronti dei cinque cubani.
La liberazione di Gross e – come annunciato da Raúl — di una cinquantina di prigionieri politici, tra i quali vari implicati – secondo fonti ufficiose — in atti di spionaggio e rivelazioni di segreti di Stato assieme al permesso alla Croce Rossa di accedere alle carceri dell’isola, rende possibile anche un altro evento storico: il prossimo incontro (in aprile a Panama) al vertice dell’Organizzazione degli Stati americani di Obama e Raúl Castro. Per cinquant’anni gli Usa hanno obbligato i latinoamericani a mettere al bando Cuba, ora dopo una forte pressione della quasi totalità dell’America latina, Raúl potrà tornare e farlo come protagonista, incontrando e discutendo con Obama.
«Il blocco economico statunitense deve cessare», ha affermato il presidente cubano nel suo discorso. Questo è l’obiettivo strategico, ma Raúl ha indicato anche i prossimi passi tattici, già peraltro in discussione, che Obama può compiere in quanto è in suo potere decidere sull’applicazione della «legge federale» (l’embargo) favorendo così una ripresa di rapporti diretta in alcuni settori vitali per Cuba: viaggi, telecomunicazioni, invio diretto di pacchi e di posta dagli Usa all’isola. Nel suo discorso, Obama ha dimostrato di essere intenzionato a procedere su questa linea.
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