Liberi tutti, Obama e Raúl Castro a testa alta

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In con­tem­po­ra­nea, il pre­si­dente cubano Raúl Castro e lo sta­tu­ni­tense, Barack Obama, hanno annun­ciato l’inizio di nego­ziati per la ria­per­tura di sedi diplo­ma­ti­che e in pro­spet­tiva, dopo più di cinquant’anni di con­flitto, per la ripresa di rela­zioni diplo­ma­ti­che piene e la fine dell’embargo uni­la­te­ral­mente decre­tato da Washington.

Sem­pre in con­tem­po­ra­nea è stata annun­ciata la libe­ra­zione «per motivi uma­ni­tari» del “con­trat­ti­sta” sta­tu­ni­tense di Usaid, il 65enne Alan Gross, con­dan­nanto a Cuba nel 2009 a 15 anni di pri­gione per «sov­ver­sione». Da parte loro, gli Usa met­tono in libertà , Gerardo Her­nán­dez, Ramón Labañino, Anto­nio Guer­rero, con­dan­nati a lar­ghe pene (tra i 20 anni e l’ergastolo) negli Usa per «spio­nag­gio» e a Cuba defi­niti «eroi» e «com­bat­tenti dell’antiterrorismo». Due loro com­pa­gni, René Gon­zá­lez e Fer­nando Gon­zá­lez, sono attual­mente in libertà a Cuba dopo aver scon­tato l’intera pena in car­ceri statunitensi.

Il senso sto­rico di tali misure è stato sot­to­li­neato dai media ame­ri­cani – per la Cnn si tratta «del cam­bio più pro­fondo della poli­tica Usa nei con­fronti di Cuba dall’inizio dell’embargo» nel 1962 — sia da ana­li­sti a Cuba. Ma è soprat­tutto dalle parole dei due pre­si­denti– che mar­tedì hanno avuto una con­ver­sa­zione tele­fo­nica diretta — che si avverte l’inizio della fine di un’era nelle rela­zioni tra i due Paesi.

Obama ha ammesso che sia l’embargo, sia le varie ini­zia­tive «coperte» per pro­vo­care un cam­bio di governo a Cuba, sono fal­lite e che nell’isola il governo socia­li­sta ha ini­ziato una serie di riforme. Raúl, dal canto suo, ha affer­mato che da anni il fra­tello Fidel aveva chie­sto agli Stati Uniti di usare la via del dia­logo per risol­vere i con­ten­ziosi e affron­tare le dif­fe­renze di vie poli­ti­che. Il pre­si­dente cubano ha riba­dito la piena dispo­ni­bi­lità a discu­tere di ogni tema, pur­ché il dia­logo avvenga su base di ugua­glianza e nel rispetto della sovra­nità nazio­nale dell’isola. Ma ha pub­bli­ca­mente rin­gra­ziato Obama, rico­no­scen­done il merito di aver ini­ziato una rot­tura sto­rica nella poli­tica sta­tu­ni­tense e soprat­tutto di sapersi svin­co­lare dai con­di­zio­na­menti della potente lobby anti­ca­stri­sta di Miami. Il più gio­vane dei Castro, ha rin­gra­ziato il Vati­cano e lo stesso papa Fran­ce­sco per l’opera di media­zione in favore del dia­logo, rico­no­scendo così il peso della Chiesa anche nell’isola, e ha anche reso gra­zie ai buoni uffici pre­stati dal Canada.

Per Cuba è senza dub­bio una vit­to­ria. Cin­que anni fa Fidel aveva preso un impe­gno per­so­nale nei con­froni dei cubani. «Vol­ve­ran», ritor­ne­ranno, aveva detto rife­ren­dosi ai «cin­que eroi» incar­ce­rati negli Usa. Oggi ha man­te­nuto la sua pro­messa. Ma ancora di più, Cuba ha dimo­strato che un pic­colo popolo può tenere testa a una grande potenza, anche se que­sto costa più di cinquant’anni di con­flitto e un blocco eco­no­mico che, come ha affer­mato Raúl, ha avuto «costi immensi» per l’isola e ha com­por­tato enormi dif­fi­coltà per i suoi cit­ta­dini. Oggi i cubani pos­sono stare a testa alta.

Alan Gross è stato tra­spor­tato ieri mat­tina da un aereo gover­na­tivo alla base mili­tare di St Andrew in Mary­land. Accom­pa­gnato dal sena­tore Pat Leahy (più volte si era espresso con­tro l’embargo), dal depu­tato Chri­sto­pher Van Hol­len e dalla moglie Judith Gross. Il “con­trat­ti­sta” ha tra­scorso gli ultimi mesi «nell’ospedale mili­tare Fin­lay all’Avana. Una serie di per­so­na­lità ame­ri­cane, ultimo l’ex pre­si­dente Bill Clin­ton, ave­vano infatti affer­mato che il caso Gross costi­tuiva «il prin­ci­pale osta­colo per giun­gere a un miglio­ra­mento delle rela­zioni tra Washing­ton e l’Avana» e a «un indebolimento»o alla fine del blocco Usa. A giu­gno, dopo la morte della madre di Gross, il governo cubano aveva for­mal­mente pro­po­sto di scam­biare Gross con i tre dei «cin­que eroi» tutt’ora incar­ce­rati negli Usa. L’iniziativa cubana era stata apprez­zata da una serie di poli­tici ame­ri­cani e soste­nuta dal New York Times.

In que­ste prese di posi­zione, fero­ce­mente osteg­giate dai gruppi anti­ca­stri­sti cubani di Miami e dalla loro rap­pre­sen­tanza poli­tica ad altis­simo livello, spe­cie nelle file repub­bli­cane, veniva rico­no­sciuto che non solo era lecito scam­biare i pri­gio­nieri, ma che que­sta deci­sione avrebbe potuto ser­vire appunto per met­tere fine a una poli­tica Usa nei con­fronti di Cuba che in più di cinquant’anni non ha dato alcun risultato.

Inol­tre veniva rico­no­sciuto un fatto ampia­mente pro­vato: la poli­tica di inge­renza e di gover­ne­ment chan­ging attuata a Cuba dai ser­vizi segreti ame­ri­cani avva­len­dosi di isti­tu­zioni for­mal­mente uma­ni­ta­rie, come Usaid. Negli ultimi mesi sono rive­lati i piani per met­tere in piedi una sorta di Twit­ter cubano, sopran­no­mi­nato Zun­zu­neo, di inviare gio­vani lati­noa­me­ri­cani nell’isola e infine di usare rap­per cubani per creare un movimento,soprattutto gio­va­nile, con­tro il governo cubano. Tutti ten­ta­tivi «con­dotti con poca pro­fes­sio­na­lità» e falliti.

Anche Gross, secondo fonti cubane, era inse­rito in que­sti piani e la sua mis­sione “uma­ni­ta­ria”, assi­stere la pic­cola comu­nità ebraica cubana, masche­rava invece l’ingresso – ille­gale — di mate­riale infor­ma­tico capace di vio­lare i con­trolli della sicu­rezza cubana. Una palese e ille­gale inge­renza nella pol­tica di uno Stato sovrano, san­zio­nata nel Codice penale di qual­siasi parte del mondo.

I «cin­que eroi» cubani furono con­dan­nati per «spio­nag­gio» per aver infil­trato la «dis­si­denza» cubano-americana di Miami – i cui lea­der sono in realtà ispi­ra­tori o autori di atten­tati ter­ro­ri­stici in ter­ri­to­rio cubano e con­tro un jet di linea cubano che costa­rono decine di vit­time, tra le quali l’italiano Fabio di Celmo. I loro pro­cessi furono con­dotti in Flo­rida senza che fosse garan­tita alcuna impar­zia­lità e con alcuni gior­na­li­sti ame­ri­cani pagati «per creare un ambiente ostile» nei con­fronti dei cin­que cubani.

La libe­ra­zione di Gross e – come annun­ciato da Raúl — di una cin­quan­tina di pri­gio­nieri poli­tici, tra i quali vari impli­cati – secondo fonti uffi­ciose — in atti di spio­nag­gio e rive­la­zioni di segreti di Stato assieme al per­messo alla Croce Rossa di acce­dere alle car­ceri dell’isola, rende pos­si­bile anche un altro evento sto­rico: il pros­simo incon­tro (in aprile a Panama) al ver­tice dell’Organizzazione degli Stati ame­ri­cani di Obama e Raúl Castro. Per cinquant’anni gli Usa hanno obbli­gato i lati­noa­me­ri­cani a met­tere al bando Cuba, ora dopo una forte pres­sione della quasi tota­lità dell’America latina, Raúl potrà tor­nare e farlo come pro­ta­go­ni­sta, incon­trando e discu­tendo con Obama.

«Il blocco eco­no­mico sta­tu­ni­tense deve ces­sare», ha affer­mato il pre­si­dente cubano nel suo discorso. Que­sto è l’obiettivo stra­te­gico, ma Raúl ha indi­cato anche i pros­simi passi tat­tici, già peral­tro in discus­sione, che Obama può com­piere in quanto è in suo potere deci­dere sull’applicazione della «legge fede­rale» (l’embargo) favo­rendo così una ripresa di rap­porti diretta in alcuni set­tori vitali per Cuba: viaggi, tele­co­mu­ni­ca­zioni, invio diretto di pac­chi e di posta dagli Usa all’isola. Nel suo discorso, Obama ha dimo­strato di essere inten­zio­nato a pro­ce­dere su que­sta linea.



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