L’ex carabiniere e il reduce di Salò

L’ex carabiniere e il reduce di Salò

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Un ex cara­bi­niere e un reduce della Repub­blica di Salò: Ste­fano Manni e Ruti­lio Ser­monti. La dina­stia nera che parte dal Ven­ten­nio e arriva fino ad oggi, dopo aver attra­ver­sato gli anni oscuri delle stragi, immuni da ogni svolta, inos­si­da­bili al tempo e alla sto­ria. E armati, armati fino ai denti. Il brac­cio e la mente di «Avan­guar­dia Ordi­no­vi­sta», il gruppo neo­fa­sci­sta sgo­mi­nato nella mat­ti­nata di lunedì dal Ros e dalla Dda di L’Aquila.

Manni è nato ad Ascoli 48 anni fa, per oltre un decen­nio ha pre­stato ser­vi­zio nell’Arma dei Cara­bi­nieri, prima di venire con­ge­dato per infer­mità. Vanta una paren­tela con il ter­ro­ri­sta nero Gianni Nardi e vive a Mon­te­sil­vano, e da lì ha comin­ciato a tes­sere la tela dell’organizzazione che aveva in mente di met­tere a ferro e fuoco l’Italia con una raf­fica di atten­tati: «Quat­tro o cin­que colpi ben asse­stati – disse in una tele­fo­nata inter­cet­tata -, per far capire che fac­ciamo sul serio». Vel­leità e voca­zione al ter­rore: d’altra parte, per fare un atten­tato non occorre avere una mente par­ti­co­lar­mente bril­lante, basta essere abba­stanza esal­tati da pensarci.

A fomen­tare i pro­po­siti gol­pi­sti c’era Ser­monti, 93 anni, reduce della Repub­blica Sociale, tra i fon­da­tori dell’Msi — ripu­diato negli anni ’60 quando Almi­rante aveva comin­ciato ad avvi­ci­narsi troppo ai demo­cri­stiani –, poi Ordine Nuovo, infine un’esistenza da guru sper­duto nella pro­vin­cia asco­lana, oggetto di vene­ra­zione da parte dei came­rati di tutta l’Italia, sedi­cente arti­sta, inte­res­sato all’ambientalismo, stu­dioso di gene­tica e cri­tico del darwinismo.

Viveva a Colli del Tronto, lungo la val­lata (di sini­stra) del fiume Tronto. In que­sto pae­sino di tre­mila abi­tanti alle porte di Ascoli Piceno, era una spe­cie di cele­brità per alcuni e un vec­chio matto per tanti altri. I suoi incon­tri li orga­niz­zava in una piz­ze­ria della zona, i cui gestori erano ben con­tenti di poter ospi­tare lui e gli altri figli della lupa per eventi, incon­tri e con­certi orga­niz­zati sul modello dei vec­chi rave party: nes­sun indi­rizzo pre­ciso, solo un luogo d’incontro (di solito il casello dell’autostrada) da far girare per i blog e i forum di ultra­de­stra. Chi c’è stato rac­conta di sva­sti­che, croci cel­ti­che, saluti romani e deliri xeno­fobi al ritmo di «Oi! Oi! Oi!».

C’è poi anche una terza figura tutta asco­lana, piut­to­sto nota negli ambienti neo­fa­sci­sti: Cel­sio Ascenzi, classe 1940, morto lo scorso gen­naio: ex uffi­ciale delle forze armate, della Marina e dell’Aeronautica, si con­gedò «sde­gnato» con il grado di tenente colon­nello. Fon­da­tore e «mece­nate» della Fon­da­zione Hispano Latina (altro labo­ra­to­rio di neo­fa­sci­smo), fu stu­dioso di Evola e di tutta la cor­rente dell’idealismo magico. I came­rati lo ricor­dano come «uto­pi­sta del con­creto, sem­pli­ce­mente, auten­ti­ca­mente, lim­pi­da­mente, irre­mo­vi­bil­mente fasci­sta». Al suo fune­rale arri­va­rono cen­ti­naia nostal­gici da tutta l’Italia.

Tutti erano stretti intorno alla Fon­da­zione Hispano – Latina e alla sua biblio­teca di Colli del Tronto. L’ex asses­sore pro­vin­ciale alla cul­tura Andrea Anto­nini – già noto alle cro­na­che per essersi fatto foto­gra­fare allo sta­dio, in curva, con una cel­tica enorme in bella mostra sulla sua sciar­petta da ultras — aveva addi­rit­tura inse­rito nel Polo Sip, il Sistema Inter­pro­vin­ciale Piceno, tra le ire dell’Anpi e degli anti­fa­sci­sti. Ad Ascoli, città nera fino al midollo, però la pole­mica non scop­pia: e non c’è da stu­pirsi se si pensa che, giu­sto un paio di anni fa, il sin­daco Guido Castelli arrivò a pro­porre di affig­gere un dipinto di Mus­so­lini a cavallo nell’atrio di una scuola.

Adesso, a dir degli inqui­renti, «Avan­guar­dia Ordi­no­vi­sta» sarebbe stata pronta a col­pire: ave­vano in mente una rapina ad un col­le­zio­ni­sta di armi per aumen­tare il pro­prio arse­nale. Non sape­vano, i gol­pi­sti pro­vetti, che i Ros erano con loro da oltre un anno, infil­trati nell’organizzazione, men­tre i tele­foni erano da tempo sotto controllo.

L’avventura è finita tre albe prima di Natale: quat­tor­dici arre­stati, tren­tuno inda­gati. Ci cre­de­vano dav­vero, loro: Ser­monti era arri­vato addi­rit­tura a scri­vere una spe­cie di nuova carta costi­tu­zio­nale e gli altri erano tutti esal­tati dalla pro­spet­tiva di ripor­tare l’ordine del Ven­ten­nio nel paese allo sbando a colpi di fucile. Nostal­gia e pallottole.

Le armi sequestrate dai Ros all'organizzazione «Avanguardia Ordinovista»,Le armi seque­strate dai Ros all’organizzazione «Avan­guar­dia Ordinovista»



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