Atto uno, esterno, rivolto ai giornalisti: «Se Renzi si presenta con il Jobs Act e con le cose che sta dicendo alle elezioni a marzo, noi non saremo candidati con Renzi». Atto secondo, interno, dopo sette ore di riunione di fronte alle centinaia di persone arrivate a Bologna per la convention «È Possibile»: «Io dal Pd non me ne vado con infamia da scissionista, ma c’è un limite, se si vota perché Renzi deve vincere con l’82%, se si vota a marzo con il programma del Jobs act e delle cose che dice, io non mi candido con quella roba lì». Pippo Civati fa un passo verso un nuovo partito, un passo più deciso di altre volte e lo fa a Bologna dove ieri ha chiamato a discutere e a firmare il Patto repubblicano praticamente tutti i pezzi della sinistra italiana. «Sono felicissimo di avere unito tutte le sigle – dice Civati nel suo intervento di chiusura –, al Pd interessa? Temo di no».
Attorno a Civati, per tutta la giornata, si sono alternati sul palco de Le Scuderie numerosi interventi. Hanno parlato lavoratori iscritti al sindacato, parlamentari del Pd come Walter Tocci (accolto da calorosi applausi), Sergio Lo Giudice, Lucrezia Ricchiuti che ha accusato il Pd romano di aver chiuso gli occhi quando stava all’opposizione con Alemanno, Corradino Mineo, il coordinatore nazionale di Sel Nicola Fratoianni (ma tanti erano i vendoliani presenti in sala),esponenti di Green Italia, Marco Revelli dell’esperienza della lista Tsipras. E poi scrittori come Christian Raimo, giornaliste come Marina Terragni, la fedelissima Elly Schlein adesso europarlamentare e la neo consigliere regionale in Emilia Romagna Silvia Prodi, nipote di Romano. Lo stesso che Civati vedrebbe sempre bene al Quirinale, nonostante il tradimento dei centouno: «Io dico sempre: o Prodi o un Prodi-equivalente, una figura che a livello internazionale possiamo spendere e che abbia anche un rapporto con la politica. Non abbiamo bisogno di figure che non c’entrano nulla con la politica, questo sarebbe un messaggio molto sbagliato».
C’era molta gente che ha partecipato alla convention civatiana. Il locale che l’ha ospitata, in piazza Verdi nel cuore della zona universitaria, può contenere tranquillamente 500 persone. E tante effettivamente sono sembrate quelle che hanno circolato per tutta la giornata. Sedie tutte occupate, tanti in piedi, molti i giovani. A Bologna si respirava aria di ricerca di sinistra, ancora di più dopo il risultato delle elezioni che hanno incoronato il renziano Stefano Bonaccini ma con il 37% di votanti che si sono recati alle urne. L’ha detto il delegato Filcams — Cgil emiliano che ha ammesso di essere ancora alle prese con l’elaborazione del lutto di «non essere andato a votare alle regionali». L’ha detto Silvia Prodi che racconta quello che ha capito a Roma il 25 ottobre, quando è andata alla manifestazione della Cgil contro il Jobs act: «Lì ho capito quanto è grande la discrasia tra la base e i vertici del partito». Ha rimarcato questa distanza lo stesso Civati che venerdì, nel giorno dello sciopero generale, era a Milano e ha raccontato di aver parlato con molti sindacalisti che gli hanno chiesto: «Ma per chi votiamo la prossima volta?».
Tra gli interventi più appassionati e applauditi quello di Raimo che ha elencato i deficit di cui soffre l’Italia in questo momento. Sul filo dell’ironia, Raimo ha detto che dalle intercettazioni dell’inchiesta «Mafia capitale» emerge una grande efficienza di Massimo Carminati «per le capacità manageriali che dimostra dalle intercettazioni io gli affiderei l’Italia, visto il deficit di competenze che c’è». E ancora, un altro deficit, per Raimo che non dimentica la lezione gramsciana, è quello della mancanza di fare egemonia culturale. Altro passaggio applaudito è stato quello di Claudio Riccio, il quasi trentenne attivista di Act! reduce dall’esperienza con la lista Tsipras, che ricorda alla politica la sua funzione, quella di coinvolgere: «La gente non vota perché la democrazia non funziona».
Nel suo intervento finale Civati ha lanciato anche l’idea di un forum europeo aperto alle varie esperienze della sinistra. Ironizzando sull’incontro dei leader socialisti europei che avvenne proprio a Bologna all’ultima festa dell’Unità ha detto: «A me non è che dispiaccia la camicia bianca, anche se la metto azzurra per ragioni di posizionamento nel Pd. Ma sotto la camicia bianca cosa c’era? Mi aspettavo che cominciasse un semestre europeo. Invece il semestre è finito e cosa è successo? Facciamo un forum europeo, invitiamo tutte le forme di sinistra che ci sono in vita: socialisti, Tsipras, Podemos».