L’Alto commissariato Onu e Sant’Egidio: «C’è il rischio che le vittime aumentino»

L’Alto commissariato Onu e Sant’Egidio: «C’è il rischio che le vittime aumentino»

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Triton non va. «Era meglio Mare Nostrum». Così come non funziona la risposta a chi — almeno centomila quest’anno — ha chiesto rifugio ai Paesi dell’Unione Europea. «L’accoglienza va fatta prima che i profughi si imbarchino». Soprattutto se è vero che l’anno prossimo il flusso dei disperati — dalla Siria, ma anche dall’Iraq e dall’Africa subsahariana — aumenterà. È questo il pensiero di agenzie e associazioni che si occupano di profughi e migranti al termine di un anno vissuto pericolosamente. In un pezzo di mondo — il Mar Mediterraneo — che non è soltanto la frontiera dell’Europa, ma anche «la più pericolosa al mondo», come sintetizza la Comunità di Sant’Egidio.
«Nel 2014 hanno attraversato il Mediterraneo 208 mila persone: di queste 170 mila sono approdate in Italia», calcola Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati. «Numeri che confermano che alcune crisi internazionali si sono aggravate. Siamo ormai al quinto anno della crisi siriana e l’ascesa dello Stato islamico costringe sempre più persone a salire in barca e tentare di arrivare in Europa. Non partono solo i siriani, ma da qualche mese anche gli iracheni».
L’anno prossimo, secondo l’Unhcr, la situazione non dovrebbe migliorare. «Temiamo che il flusso aumenti, soprattutto dalla Siria», spiega Sami. «Ci sono 9 milioni di persone in fuga e gli Stati che li accolgono — Libano, Giordania, Turchia — sono quasi al limite».
«Ma da qualche settimana anche la Libia è un problema che dobbiamo affrontare sul serio», aggiunge Daniela Pompei, responsabile per gli immigrati della Comunità di Sant’Egidio. Che ci tiene a ricordare: «La maggior parte delle 170 mila persone arrivate in Italia ha diritto a chiedere asilo: di queste, poi, qui ne sono rimaste 62 mila». «A Milano quest’anno ne sono transitati 50 mila — calcola Carlotta Sami —: solo una quarantina ha chiesto asilo politico qui. Gli altri hanno preferito il Nord Europa».
C’è un punto, però, concordano tutti, su cui bisogna intervenire: le operazioni in mare. «C’è stata una polemica inutile secondo la quale la missione italiana Mare Nostrum incentivava l’arrivo dei migranti», ricorda la portavoce dell’Unhcr. «Ma i dati di novembre, in piena fase Triton, smentiscono questa diceria». All’Alto commissariato Onu Triton non piace. «I mezzi sono più piccoli, la missione si occupa del pattugliamento e non del salvataggio. Temiamo un maggior numero di vittime». «Mare Nostrum era stata pensata per salvare vite, Triton no», sintetizza Daniela Pompei. «Speriamo che l’Ue torni sui suoi passi e riporti in vita la nostra operazione. Per questo la Marina militare italiana fa benissimo ad andare oltre il limite delle 30 miglia».
Che fare quindi? L’Unhcr propone di «avviare un piano europeo che permetta a chi scappa dalla guerra di arrivare da noi in sicurezza». L’altra tappa è quella di prevedere «piani di carico e scarico» dei richiedenti asilo tra i Paesi europei, in modo da ridistribuirli: «Ci sono Stati che non ne accolgono nemmeno uno», dice Carlotta Sami.
«Ma prima va cambiata la legge comunitaria che regola le richieste dei profughi», precisa la responsabile per gli immigrati della Comunità di Sant’Egidio. «Chi mette piede a Lampedusa o in Sicilia mette piede in Europa, non solo in Italia. Pensiamo poi anche a un nuovo modo di ingresso nell’Unione Europea: le persone dovrebbero chiedere asilo già nei Paesi in cui transitano, come Marocco ed Etiopia».
Un modo, questo, che dovrebbe evitare la traversata in barcone e, soprattutto, «di finire nelle mani dei trafficanti di uomini».
Leonard Berberi


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