E Kissinger ordinò: bombe su Cuba

by redazione | 22 Dicembre 2014 9:12

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È il 24 marzo del 1976 e il Washington Special Action Group tiene la sua prima riunione alla Casa Bianca. Solo il presidente Gerald Ford e il nuovo direttore della Cia George Bush padre, che verrà eletto presidente nel 1988, sanno della sua esistenza. Lo ha appena formato in assoluta segretezza il segretario di Stato Henry Kissinger. Partecipano ai lavori il ministro della difesa Donald Rumsfeld, che ricoprirà di nuovo la carica dal 2001 al 2006 sotto Bush figlio, e il capo di stato maggiore delle forze armate, il generale John Brown. Kissinger ordina al Gruppo di preparare un piano di guerra limitata contro Cuba in caso di emergenza: il bombardamento e la disseminazione di mine nei porti cubani, la distruzione di obbiettivi militari e paramilitari, un blocco navale totale. Memore della disfatta dei fuorusciti cubani e degli agenti della Cia allo sbarco nella Baia dei porci nel 1961, il segretario di Stato ammonisce Brown: «Se decidiamo di usare la forza, dobbiamo vincere. Non vogliamo mezze misure».
Un mese dopo, il Washington Special Action Group presenta il piano di guerra a Kissinger. Ma lo ammonisce che un attacco americano a Cuba potrebbe provocare un conflitto con l’Urss, «a differenza di quanto avvenne nella crisi nucleare del 1962». Consiglia pertanto al segretario di Stato di «preparare un conflitto più ampio solo se le circostanze ci imporranno di intervenire con la forza a Cuba». Il Washington Special Action Group non fa cenno a eventuali ricorsi ad armi nucleari. Suggerisce invece l’invio di un massiccio contingente di marines a Guantanamo, il rafforzamento delle difese di Portorico e il presidio aereo navale dei Caraibi.
A svelare la storia del Gruppo, su cui Kissinger, oggi nonagenario, ha rifiutato qualsiasi commento, è stato un Istituto di ricerca di Washington, il National Security Archive, che lo scorso ottobre è riuscito a desecretare i documenti al riguardo della Biblioteca presidenziale Gerald Ford. William Leogrande e Peter Kornbluh ne hanno tratto un libro, «Back channel to Cuba», che ha scosso il mondo politico e diplomatico. Quello della «distruzione» de l’Avana, un termine ripetutamente usato da Kissinger, era un capitolo sconosciuto della storia della Guerra fredda. Fortunatamente il piano d’emergenza dell’Action Group non fu attuato perché Kissinger e Ford decisero di congelarlo fino a dopo le elezioni presidenziali del novembre del 1976. Ford venne sconfitto dal democratico Jimmy Carter, che lo accantonò.
Ciò che più sorprende dei documenti desecretati è l’astio di Kissinger nei confronti di Castro, un «pipsqueak», una nullità o mezza calzetta, «che prima o poi bisogna schiacciare, bisogna umiliare». Il segretario di stato è furioso per l’intervento militare cubano in Angola nel dicembre 1975, non può accettare che Cuba sfidi così la Superpotenza americana. Solleva con Ford il problema della sua penetrazione in Africa in aiuto all’Urss a febbraio del 1976. La questione, dice, non è solo che Castro può entrare in Namibia o Rodesia, è anche che può scatenare una guerra razziale nel nostro emisfero: «Se le truppe cubane vincono, sarà la volta del Sud Africa». E a quel punto, l’America Latina e i Caraibi si troveranno in pericolo. «Non dobbiamo permettere ai cubani di diventare la punta di lancia della rivoluzione africana né di appellarsi alle minoranze discriminate … perché lo farebbero anche nel nostro paese. Non dobbiamo apparire deboli».
Secondo Leogrande e Kornbluh, l’animosità del segretario di stato verso il «lìder maximo» è dovuta al fallimento dei negoziati segreti tra Washington e l’Avana del 1975. Kissinger, premio Nobel della pace nel 1973, è universalmente considerato il principe della diplomazia grazie alla distensione con l’Urss, all’apertura alla Cina e al disimpegno in Vietnam. Ha offerto a Cuba di trattare, puntando a un altro grande successo. L’11 gennaio 1975 il suo braccio destro Larry Eagleburger ha discusso segretamente con una delegazione cubana all’aeroporto La Guardia di New York «in un’atmosfera molto amichevole». E il 9 luglio successivo, all’Hotel Pierre, sempre a New York, ha proposto un vertice tra il ministro degli Esteri cubano e Kissinger per una graduale normalizzazione. Il segretario di Stato si aspetta un «sì». Castro invece lo ha tradito, ha fatto da Cavallo di Troia sovietico in Angola. Uno schiaffo all’America e un insulto personale che Kissinger non gli perdonerà.
Ennio Caretto

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