Jobs Act, prima del voto vengono i manganelli
Il Senato ha dato il via libera definitivo al Jobs Act con 166 si, 112 no e un astenuto ieri alle 19,43 . Cinque ore prima a pochi metri di distanza, oltre le linee di un esercito di centinaia di poliziotti, carabinieri e finanzieri, in via delle Botteghe Oscure, la violenza dei manganelli. Uno spettacolo gratuito e inspiegabile quello visto ieri nelle strade di Roma. Il volto più educato, ma ugualmente pregno di contenuti, il governo l’ha mostrato in aula quando il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha annunciato la fiducia per tagliare le gambe alla sinistra Dem e zittirla sulla riforma del lavoro. Dopo le 14 tra piazza Sant’Andrea della Valle e i binari del tram 8, davanti al teatro Argentina, ha mostrato quello più arbitrario.
Le forze dell’ordine schierate con decine di camionette e un centinaio di uomini hanno negato a trecento persone di tornare a Sant’Andrea della Valle, la piazza concordata con la Questura di Roma fino alle 18. Dopo averli tenuti in ostaggio per più di un’ora, davanti all’insistenza dei manifestanti di uscire dall’accerchiamento, è partita una carica. Due persone sono state fermate, poi rilasciate. Altre picchiate. Erano inermi. La testimonianza di numerosi video da ore in rete mostra la durezza delle scene. «Contenimento per impedire di tornare al Senato» lo definisce una nota della Questura capitolina che sostiene di avere sequestrato 30 petardi e 26 fumogeni. Oggetti evidentemente pericolosi al punto da cancellare la clamorosa sproporzione delle forze in campo. Lasciando defluire un corteo pacifico si sarebbero evitati anche i lanci di petardi e inutili tensioni. Al vaglio ci sono le immagini riprese dalle telecamere montate sulle uniformi degli agenti. Il corteo era partito verso mezzogiorno dal Colosseo con più di cinquecento persone.
«In tutta Europa si manifesta contro leggi che sono ipoteche sul futuro di milioni di persone — ha commentato Francesco Raparelli del laboratorio romano per lo sciopero sociale, uno dei fermati — A Roma no. è vietato manifestare liberamente». «Il nuovo questore di Roma ha esordito in maniera ignobile — ha detto il portavoce Cobas Piero Bernocchi — Non vorrei che quanto accaduto risulti sulla stampa come dipeso da un poliziotto nervoso. Chi ha deciso queste cariche? Renzi è come il padre del Buddha che nascondeva i fiori morti al figlio, non vuole vedere contestazioni e su questo ha messo il carico da undici anche Alfano». «Si è svelata la natura autoritaria del governo, che preferisce far manganellare studenti minorenni che stanno occupando le scuole contro La Buona Scuola e il Jobs Act invece di rispondere ai loro reali bisogni» sostiene Danilo Lampis (Uds). «Questa vicenda non finisce qui — la battaglia proseguirà contro i decreti attuativi della legge delega, per impedire che vengano cancellati diritti e tutele — sostiene il sindacato Usb — la battaglia proseguirà contro i decreti attuativi della legge delega, per impedire che vengano cancellati diritti e tutele».
Decreti che verranno approvati entro giugno. «Le opinioni espresse in parlamento saranno tenute in considerazione nella loro stesura» ha detto Poletti. Saranno cinque e riguardano gli ammortizzatori sociali, i servizi per il lavoro, la semplificazione, il riordino delle forme contrattuali e la conciliazione. Si cancellerà l’articolo 18 sul licenziamento per i neo-assunti che verranno sottoposti alla disciplina del «contratto a tutele crescenti». Le loro tutele saranno vincolate al periodo di lavoro svolto. Meno si lavora, meno soldi si ricevono. Una svolta nella recente, e tribolata, storia del diritto del lavoro sempre più ricalcato sulle esigenze delle imprese. In aula, durante la discussione, i senatori di Sel hanno protestato mostrando cartelli con la scritta: «Jobs Act: ritorno all’800». Per Poletti, invece, «non sono le regole a produrre posti di lavoro, ma siamo convinti che un buon contesto aumenti l’opportunità». Il contesto è quello dove la disoccupazione è arrivata al 13,2%, +286 mila in un anno, e quella giovanile è fuori controllo: 43,3%. Il premier Renzi si è invece complimentato su twitter: «Questa è #lavoltabuona. E noi andiamo avanti». Nella direzione vista ieri a Roma. Il senatore Pd Corradino Mineo non ha votato la fiducia. Lorenza Ricchiuti e Felice Casson (Pd) erano assenti.
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