«Vai in Campidoglio alle tre» I rapporti della mafia di mezzo
by redazione | 3 Dicembre 2014 11:02
La mafia di Roma non spara, corrompe. Non intimidisce attraverso il controllo del territorio e gli attentati ma con il peso criminale di alcuni suoi esponenti, passati dal terrorismo nero alla malavita comune. Non ha bisogno di mettersi al servizio di politici e imprenditori, perché sono loro — politici e imprenditori — che si offrono per entrare negli affari e partecipare al banchetto degli appalti: raccolta e smaltimento dei rifiuti, accoglienza di profughi e rifugiati, verde pubblico, mense, piste ciclabili.
«I nostri esecutori»
Come spiega Massimo Carminati — ex sovversivo dell’estrema destra ed ex amico dei banditi della Magliana, presunto capo della presunta associazione a delinquere chiamata Mafia Capitale — «è la teoria del mondo di mezzo… Ci stanno i vivi sopra e i morti sotto, e noi stiamo nel mezzo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici: cazzo, com’è possibile che quello… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi… Capito, come idea? Il mondo di mezzo è quello dove tutto si incontra… si incontrano tutti là… Allora nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno… E tutto si mischia».
Una teoria riassunta nella chiacchiera da bar tra il boss e il suo amico, intercettata dai carabinieri del Ros, che secondo i pm è «la migliore descrizione dell’associazione criminale, del suo funzionamento e del suo ruolo di cerniera tra il mondo dell’illegalità e quello della (apparente) legalità». Accompagnata da un’altra riflessione dello stesso Carminati, che spiega filosofia e metodo dell’infiltrazione nel mondo delle imprese, dal quale derivano i guadagni: «Noi dobbiamo intervenire prima… Non si può più fare come una volta, che noi arriviamo e facciamo i recuperi. A noi non ci interessa più. Cioè, questi devono essere nostri esecutori… devono lavorare per noi». E ancora: «Deve essere un rapporto paritario. Dall’amicizia deve nascere un discorso che facciamo affari insieme… perché tanto… nella strada… glielo devi dire… comandiamo sempre noi… Non comanderà mai uno come te sulla strada… Nella strada tu c’avrai sempre bisogno di me».
Anche se ormai l’ideologia c’entra poco o niente, col mondo della destra romana certi rapporti sono cresciuti quasi naturalmente, e basta una frase di Salvatore Buzzi, l’imprenditore che tesse i «rapporti istituzionali» di Mafia Capitale, a spiegare l’influenza di Carminati sul mondo che per cinque anni ha governato il Campidoglio, fino al 2013. C’era la necessità di contattare il capo-segreteria del sindaco Alemanno, Antonio Lucarelli, e Buzzi racconta: «Chiamiamo Massimo e faccio “Guarda che qui c’ho difficoltà a farmi fa… i 300 mila euro”. Me fa: “Me richiami”… Me fa, dice: “Va in Campidoglio alle tre, che scende Lucarelli e viene a parlare con te”. Ho fatto: “A Massimo, nemmeno salgo io, quello scende giù!”. “Vai alle tre, tranquillo”. Ahò, alle tre meno cinque scende, dice: “Ho parlato con Massimo, tutto a posto, domani vai”. Ahò, tutto a posto veramente! C’hanno paura de lui, c’hanno paura».
Rapporti con Alemanno
Secondo l’accusa il rapporto con Alemanno «si è tradotto anche in contatti diretti e condotte funzionali di costui che hanno oggettivamente favorito il sodalizio. Vi erano dinamiche relazionali precise, che si intensificavano progressivamente, tra Alemanno e il suo entourage politico e amministrativo da un lato, e il gruppo criminale che ruotava intorno a Buzzi e Carminati dall’altro, che avevano ad oggetto specifici aspetti di gestione della cosa pubblica».
Poi la sinistra torna al governo della città, ma Mafia Capitale non si scoraggia. Quando Marino s’è appena insediato, prima della nomina degli assessori, Buzzi chiama Carminati e gli rivela di essere «in giro per i Dipartimenti a saluta’ le persone». E Carminati risponde: «Bisogna vendersi come le puttane, adesso… E allora mettiti la minigonna e vai a batte co’ questi, amico mio». Fuor di metafora, significa entrare nel tessuto della nuova maggioranza ed è quello che — nella ricostruzione dell’accusa — ha fatto Buzzi negli ambienti che sostengono la Giunta Marino. I nomi che compaiono nell’inchiesta vanno dal presidente del Consiglio comunale, Mirko Coratti, al segretario dell’assemblea capitolina, Franco Figurelli, fino al capo segreteria del nuovo sindaco, Mattia Stella, sebbene non indagato.
«Si campa di politica»
Ancora una volta è un’intercettazione a svelare i metodi del gruppo; sempre di Buzzi, che ad aprile 2013, in piena campagna elettorale, s’era messo in moto con tutti i partiti: «La cooperativa campa di politica. Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, cena, manifesti, lunedì c’ho una cena da 20 mila euro pensa… Questo è il momento che paghi di più perché stanno le elezioni comunali, poi per cinque anni… Mentre i miei poi non li paghi più, quell’altri li paghi sempre a percentuale su quello che te fanno. Questo è il momento che pago di più…». Subito dopo chiarisce: «Mò c’ho quattro cavalli che corrono… col Pd, poi con la Pdl ce ne ho tre, e con Marchini c’è… c’ho rapporti con Luca (Odevaine, già vicecapo di gabinetto con Veltroni sindaco ndr ) quindi va bene lo stesso… Lo sai a Luca quanto do? Cinquemila euro al mese… Un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti (presidente della Regione Lazio ndr ) 2.500 al mese… Mò pure le elezioni… Siamo messi bene perché Marino siamo coperti, Alemanno coperti e con Marchini c’ho… Luca che… piglia i soldi».
Tutto per continuare ad avere gli appalti che finanziano Mafia Capitale e i suoi compoenti. Perché i soldi pubblici sono la prima entrata, per ammissione di Buzzi: «Quest’anno abbiamo chiuso con 40 milioni di fatturato ma tutti i soldi li abbiamo fatti su zingari, emergenza alloggiativa e immigrati, gli altri settori finiscono a zero». E in un’altra conversazione confessa: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? La droga rende meno».